Pagina 4 - Il Tassello

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Buongiorno Vita
Il “figlio di tante lacrime”
R
acconterò la storia di sant’Agostino e
di sua madre, Monica: il grande Dotto-
re della Chiesa ne parla nelle
Confes-
sioni
, la sua “autobiografia interiore”.
Monica era una donna “allevata nella mo-
destia e nella sobrietà”, sposa di Patrizio, un
uomo “singolarmente affettuoso, ma altret-
tanto facile all’ira”, cui Monica aveva impara-
to a non resistere nei momenti di collera; piut-
tosto, cercava di cogliere il momento adatto,
quando lui si era calmato, per domandargli
conto del proprio comportamento. Tollerava
anche i tradimenti del marito, tanto da non
avere mai un litigio con lui per questo moti-
vo; in compenso, a differenza di molte altre
donne, che avevano mariti più miti del suo,
nessuno ebbe il sospetto che Patrizio l’aves-
se mai picchiata, mentre
quelle “portavano segni di
percosse che ne sfigurava-
no addirittura l’aspetto”.
Prima di morire, ottenne
anche di vedere la conver-
sione del marito. Nella sua
casa, testimonia Agostino,
Monica “ebbe cura come se
di tutti fosse stata la madre
e ci servì come se di tutti
fosse stata la figlia”.
Nelle sue relazioni, Mo-
nica era una donna che
cercava sempre di mettere
pace dove c’erano persone
in discordia, evitava i pettegolezzi e i giudizi
acidi e sommari che è facile scambiarsi riguar-
do ad una persona assente: la istruiva il “mae-
stro interiore, nella scuola del cuore”.
Con un padre pagano e assente, la madre si
adoperava a fare di Dio il padre di Agostino,
e quest’ultimo riconosce che anche negli anni
della maggior lontananza dal Signore, egli non
taceva, ma parlava attraverso le parole di Mo-
nica, benché in quei momenti nessuna di esse
“scese di là nel mio cuore per tradursi in pra-
tica”.
Qualcosa da rimproverare alla madre Ago-
stino ce l’ha: dice che gli ha insegnato il pudo-
re, ma non l’ha indirizzato verso il matrimo-
nio, per impedirgli di coltivare amori leggeri e
instabili. Monica fece questo per timore che il
matrimonio ostacolasse i suoi
studi (“ove entrambi i miei
genitori ambivano troppo
che io progredissi”) e quindi
la sua carriera.
Ma vedendolo vivere
nell’idolatria e nella ricerca
egoistica di sé, Monica, col
“cuore sanguinante” offriva
notte e giorno a Dio “il sa-
crificio delle sue lacrime” e
della sua preghiera: è come
se la madre vivesse il trava-
glio di un nuovo parto nello
spirito, provando più dolore
di quanto ne avesse provato
ha spiattellato in faccia
: “Ti
faccio io una bella novena, e
dopo tre giorni sei già morto
Risposi:
“Ma almeno, mam-
ma, finisci la novena!”
Cosa avrà mai provato mia
madre quando, era l’8 dicem-
bre 1943, le portarono a casa
mia sorella Erminia con la
gamba maciullata? Era incin-
ta di sei mesi di Stefania.
Il 16 settembre 1965 com-
piva 60 anni, pochi mesi pri-
ma di morire, le recitai la bella
poesia di Pascoli:
“Mia madre
ha 60 anni / e più la guardo e
più mi sembra bella”
Che bel
sorriso mi fece!
E da morta meritò l’elogio
più bello di mio padre, che
mi chiamò davanti a lei e mi
disse:
“Guarda tua madre, è
stata l’unica mia donna”.
Me la sento ancora vicina
mia madre e mi rimprovera
quando faccio qualche stu-
pidata, sento ancora la sua
voce: “Varda, Pepino!”
Avrei tante altre cose da
dire di mia madre che posso-
no insegnare a tante mamme
di oggi, ma lo spazio del Tas-
sello non me lo permette. Im-
parate mamme!
Don Peppino