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Sulla festa...
Il ciclo della vita di Maria è presentato come in un unico abbraccio dall’avvolgente azione dello
Spirito Santo, che appare simile ad una spirale; essa circonda, senza tuttavia soffocare, le tre
scene, facendone un unico grande mistero: il mistero dell’Incarnazione del Verbo e la partecipa-
zione corredentrice di Maria alla Missione del Figlio.
L’idea che sostiene tutto è semplice ma altrettanto espressiva: ogni istante della vita della Beata
Vergine Maria fu un inno alla gioia dello Spirito di Dio, e la sua risposta fu sempre il sì gioioso e
pieno di infinita gratitudine.
Lo stile narrativo adottato non segue il registro astratto; infatti, pur non entrando nella preci-
sione della univocità figurativa, i tratti quasi fanciulleschi delle immagini, riportano alla sempli-
cità e alla immediatezza della devozione del popolo di Dio. È offerto il mistero della Vergine che
incontra il suo Signore, divenendone Madre e Discepola: parola immediata, diretta, e tuttavia
non esaustiva e non saturante il Mistero, che rimane debordante.
I colori dei tre riquadri rimarcano la temporalità delle scene: la chiarezza dell’alba per l’An-
nunciazione, il buio della notte punteggiato dalla luce delle stelle per la Nascita, e l’oro sfolgo-
rante della dimensione divina nella scena della Glorificazione della Vergine che schiaccia la testa
del serpente.
Anche per la seconda vetrata artistica, collocata sulla parete sinistra del presbiterio, i criteri
artistici sono identici a quelli già esplicitati: stile scevro di astrattezza, rimando di immediata
comprensione a scene evangeliche facilmente intuibili con una narrazione quasi figurativa.
È descritta la Pasqua di Gesù, dall’ingresso in Gerusalemme all’apparizione, vivo e risorto,
sul lago di Tiberiade ai suoi discepoli intenti alla pesca dopo la delusione della morte del loro
Maestro (Gv 21). Tra le due scene, nel mezzo, appare l’Ultima Cena.
Le tre cornici sono unite anche in questo caso dalla spirale avvolgente dello Spirito di Dio che
accompagna, nutre e sostiene l’opera del Redentore, facendone un’unica grande parabola, quel-
la della Redenzione voluta dal Padre e operata da Cristo in umile e libera obbedienza, così come
ci insegna il Vangelo di San Giovanni. La spirale dorata ha il suo centro esattamente sul corpo
e il sangue di Cristo, mentre gli altri due centri, quelli identificabili nei due cerchi della spirale
superiore e inferiore mostrano rispettivamente il Cristo che entra in Gerusalemme e il Risorto. È
prospettiva centripeta. Quindi tre centri: pane e vino, ingresso nella città santa e il risorto
Sono da notare alcuni particolari.
Il colore rosso, che unisce la scena dell’ingresso in Gerusalemme e la tavola dell’ultima cena, è
offerto dal calice del vino rovesciato. Cadendo il rubino vinoso inonda la strada della città santa
imporporando il lastricato e rendendolo la Via del Sangue di Cristo. In ogni caso è da notare
che il calice di destra rovesciato non è il terzo calice, quello che nella Haggadà di Pesach (Cena
pasquale ebraica) sappiamo essere stato il calice dell’Istituzione eucaristica, l’unico tra le mani
del Signore. Non vi è alcuna dispersione del sangue di Cristo, per il semplice fatto che quello
sulla destra non è il calice di Cristo.
Il campo semantico che adombra tutta l’ultima cena di Gesù richiama – anzi rende realmente
presente - il sacrificio cruento della croce, lo spargimento del sangue in un omicidio avvenuto
mediante un atto di pura violenza. Ma quello spargimento di sangue, che sappiamo essere pro-
feticamente anticipato nel sacrificio incruento della cena pasquale, non si confonde con il calice
rovesciato di Giuda. Questo ricorda piuttosto un tradimento morale, un netto rifiuto, quello che
ha insanguinato la via del Maestro.
Nel dono incruento del corpo e del sangue di Cristo nell’Ultima Cena si rende dunque già
presente ed efficace in una anticipazione profetica il valore redentivo di una morte cruenta. La
violenza subita dal Redentore è anticipata nel rito dell’Ultima Cena, e va ad indicare con rossa
chiarezza la via da seguire.