Pagina 2 - Il Tassello

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La carità tra accoglienza e ririfiuto
N
on mi capita spesso di guardare il cielo; sono sempre troppo di fretta o
semplicemente poco avvezzo alla poesia per alzare i miei occhi e cercare
sopra di me risposte, immaginare scenari o sospirare lidi perduti. Il cielo è
là sopra, lo so, ma resta lì.
Guardare troppo il cielo, poi, espone al ridicolo, porge la guancia allo schiaffo del
romanticismo che rende un po’ patetici. Non è molto indicato guardare il cielo, a
meno che non si sia una giovane ragazza innamorata, cosa che - evidentemente -
non sono.Gli uomini, anzi i maschi, non cedono spesso alla tentazione dello sguardo
verso l’alto; l’imbarazzo sarebbe accovacciato dietro l’angolo. Solo qualcuno, ogni
tanto, sfidando il fato, ci prova, ma si tratta di artisti o pensatori come Immanuel
Kant o, più popolarmente, come Domenico Modugno nel suo cielo dipinto di blu,
oppure, se vogliamo spaziare in campi più oscuri, come lo psichiatra Hermann
Rorschach che, osservando con i suoi figli le nuvole nel cielo, ebbe le famose e
geniali intuizioni psicanalitiche.
Oggi, spinto dalla originalità del tema del Tassello, mi sono chiesto se e perché
Gesù abbia guardato il cielo, se lo abbia citato o invocato in qualche sua espressione.
In effetti, il cielo non è assente nella narrazione della vita di Gesù, sia evocato
direttamente da Lui, sia proposto nel racconto evangelico. Ho scoperto che il
cielo di Gesù è molto ricco, anzi sembra essere un suo fedele compagno di viaggio,
dall’inizio alla fine.
Il pensiero mi corre all’ultima cena, dove Gesù alza gli occhi al cielo. In quelle ore
di crisi il maestro eleva il suo sguardo verso l’alto, come per cercare una ispirazione
dal Padre suo; ed il vangelo stesso conferma il gesto di Gesù nel momento in cui
inizia l’ultimo discorso, il suo testamento sacerdotale: “Quindi, alzati gli occhi al
cielo, disse: Padre, è giunta l’ora” (Gv 17). Così iniziò la sua ultima ora, ricordando il
cielo, quello stesso solcato dalla stella fino a Betlemme solo qualche decennio prima.
Dall’ultima cena in poi il cielo di Gesù diventa progressivamente più buio e tetro
sino al momento tragico della sua morte. Il cielo è presente nelle parole di Gesù,
quando, incalzato dai sommi sacerdoti nell’interrogatorio al sinedrio, lo ricorda come
luogo da cui venne il Figlio dell’uomo: “… anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il
Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo” (Mt 26,64).
Nell’ora della massima luce del giorno irrompe la tenebra: “Venuto mezzogiorno,
si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. … Gesù, dando un forte
grido, spirò” (Mc 15,33.37). Quello stesso cielo, poi, tornò di nuovo luminoso, anzi
ancor più splendente e bello nella resurrezione e salita all’alto nella Gloria del Padre.
Sulle orme di Kant, Modugno e Rorschach