PARROCCHIA
S. MARIA REGINA
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Anno 2009/2010
Numero 1  settembre 2009

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La Golosità

Che dire della gola? Innanzitutto va precisato che, nella teologia cattolica, la gola (o meglio: la golosità) è uno dei sette vizi capitali, consistente nello smodato desiderio di alimenti.

Ciò premesso, credo sia bene evidenziare che ogni eccesso è dannoso, anche in cose giuste e serie, come esortano del resto due vecchi proverbi:
“Il troppo stroppia” - “L’assai basta e il troppo guasta”.
Un giorno - mentre aspettavo il mio turno nella sala d’aspetto del mio medico - lessi su un manifesto, questo slogan riferito all’assunzione di farmaci: “Usare non significa abusare”, nel senso che i medicinali - se assunti in dosi eccessive - possono nuocere. Insomma tutto è questione di misura ed equilibrio, ed ecco ciò che scrissi un anno fa a proposito di questa caratteristica alquanto rara:
C’è una realtà che difficilmente può essere contestata: il movimento dei corpi celesti si basa sul perfetto e immutabile equilibrio di forze fra loro opposte (centrifuga e centripeta) e se tale equilibrio di forze non persistesse non esisterebbe l’universo e nemmeno la vita. Non va dimenticato inoltre che la mancanza di equilibrio negli esseri umani trasforma i loro pregi in qualità negative. Per chi ne volesse una dimostrazione ecco un elenco di quelle qualità positive che - oltre un certo limite - degenerano trasformandosi in difetti:

la precisione diventa pignoleria
la scrupolosità diventa pedanteria
la schiettezza diventa indiscrezione
la discrezione diventa titubanza
la passione diventa irrazionalità
la risolutezza diventa arroganza
la tenacia diventa caparbietà
la tolleranza diventa permissività
la fiducia diventa ingenuità
l’audacia diventa invadenza
la generosità diventa prodigalità
la parsimonia diventa avarizia
la fede (politica o religiosa) diventa fanatismo
l’autostima diventa superbia
la libertà diventa licenza
l’ottimismo diventa utopismo
la speranza diventa illusione

(Si potrebbe continuare con altri esempi, ma il senso della… misura, mi suggerisce di fermarmi qui)”.
 

Si suol dire che “l’occasione fa l’uomo ladro” per giustificare, in un certo senso, i nostri falli occasionali e certe tentazioni (fra cui anche quelle della gola). A proposito di tentazioni, Gesù ci ha insegnato come vincere il tentatore. Egli fu condotto dallo Spirito Santo nel deserto, affinché fosse il suo Spirito a condurlo là dove lo spirito maligno lo avrebbe trovato per tentarlo. Cito un passo del Vangelo (Matteo, capo IV):
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, finalmente ebbe fame. E accostandosi, il tentatore gli disse: - Se tu sei figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pani. Ma egli, rispondendo, disse: - Sta scritto: ”Non di solo pane vive l’uomo, ma d’ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Essendo le creature umane dotate di un’anima, esistono oltre le esigenze del corpo, anche quelle dello spirito e quando l’uomo non dà preminenza a tali esigenze, egli perde la sua umanità.
Non si può negare che la golosità sia un brutto vizio dannoso alla salute. Pur tuttavia è bene tener presente che, a questo mondo, tutto (ma proprio tutto) è relativo. A proposito del peggiore dei vizi (che non è di certo quello della gola), condivido perfettamente quanto scrisse Vittorio Buttafava:
"Gli uomini, secondo la morale, coltivano sette vizi capitali: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola e lussuria. Ma c’è una colpa che le riassume tutte: l’ipocrisia. È questo il vero grande spaventoso irrimediabile vizio del secolo. Chi è l’ipocrita? L’uomo che si finge umile ed è superbo, di buon animo ed è invidioso, paziente ed è gonfio di collera repressa, generoso ed è avaro, sobrio ed è avido, casto ed è lussurioso. Tutti i vizi, anche i più meschini, vivono in lui. Ma ad essi si aggiunge la malizia, cioè l’arte di nasconderli, di camuffarli con gli abiti della virtù. L’ipocrita è un vizioso che conosce le proprie colpe ma che - invece di combatterle - si preoccupa di non mostrarle agli altri. Non gli importa di migliorarsi; gli importa che gli altri non lo vedano com’è. Così, mentre è sempre possibile che un vizioso si ravveda, è impossibile che un ipocrita perda la sua maschera virtuosa, perché l’ama troppo!".
Il guaio è che gli uomini - pur essendo dotati di ragione - si comportano spesso irrazionalmente. Ed ecco come si spiega il confiteor, ossia la formula liturgica di confessione generica, che si recita nella Messa e nella confessione (sperando, ovviamente, nella misericordia divina).

Wildo

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