Pietro, la roccia
che sorregge la Chiesa
20 Agosto 2005 Anno A
Matteo 16,13-20
Riferimenti : Isaia 22,19-23;
Salmo 137; Romani 11,33-36;
In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione
di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il
Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri
Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?» Rispose
Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te,
Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma
il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra
sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei
cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo
Nell’episodio raccontato da Matteo (16,13-20) è Gesù stesso che
prende l’iniziativa di interrogare i discepoli intorno alla propria persona:
«Che cosa pensa la gente del Figlio dell’uomo? E voi, chi dite che io sia?». Per
rispondere alla domanda, la gente ricorre a note figure del passato: Giovanni
Battista, Elia, Geremia, un profeta. Con questo la gente coglie in qualche modo
la grandezza di Gesù, ma non ne coglie la profonda originalità.
Non si può esprimere il significato di Gesù ricorrendo a schemi interpretativi
già conosciuti. Pietro va oltre la folla, ed esprime con assoluta chiarezza la
messianità e la filiazione divina di Gesù. Matteo si premura di annotare che
questa fede non viene da «sangue e carne», ma dal Padre. È dono. È solo la luce
che viene da Dio che è in grado di far comprendere il mistero profondo di Gesù.
Sorprendentemente, però, anche la fede di Pietro non è ancora
completa, come appare chiaramente se si leggono alcune righe che seguono, ma che
la liturgia trascura. Verranno riprese nella prossima domenica.
Dire che Gesù è Figlio di Dio è ancora qualcosa di incompleto, addirittura
qualcosa che può dare adito ad equivoci. È la Croce che toglie ogni possibilità
di errore. È per questo che Gesù «ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che
egli era il Cristo».
Il passo che stiamo leggendo non è solo interessato alla figura di Gesù, ma
anche alla Chiesa. E ci dice anzitutto che la Chiesa appartiene a Cristo: «La
mia Chiesa». E ne sottolinea la perenne stabilità: la Chiesa è come una casa
costruita sulla roccia, anche se poggia apparentemente sulla fragilità degli
uomini: «Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa». Una stabilità
sicura, ma tormentata. Viene anche suggerito che all’interno della Chiesa si
troveranno sempre dei peccatori: per questo la comunità ha bisogno di «legare e
sciogliere»: continua il peccato e deve perciò continuare il perdono.
Il ruolo di Pietro nella Chiesa viene descritto ricorrendo a tre metafore: la
roccia, le chiavi, legare e sciogliere. Insieme queste tre metafore illustrano
molto bene la funzione di Pietro. È la roccia che tiene salda la casa. E ha una
piena autorità: «A lui sono affidate le chiavi». E può proibire e permettere,
separare e perdonare. Non si dimentichi tuttavia che l’autorità di Pietro è
vicaria. Pietro è l’immagine di un Altro, di Cristo, che è il vero Signore della
Chiesa. Ma, proprio perché immagine di Cristo, l’autorità di Pietro è piena e
indiscussa, persino sottratta alla sua personale santità.
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