Accanto al Dio che si fa dono
27 Agosto 2005 Anno A
Matteo 16,21-27
Riferimenti : Geremia 20,7-9; Salmo 62; Romani 12,1-2
In quel tempo, Gesù
cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e
soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e
venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e
cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà
mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di
scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù
disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria
vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual
vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la
propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?
Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli,
e renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Il passo evangelico della
liturgia di domani è la diretta continuazione del brano di domenica scorsa. Sono
due parti di un medesimo episodio, che apparentemente presenta due aspetti
contrastanti: la fede di Pietro e la sua incomprensione del mistero della Croce;
l’autorità affidata a Pietro e il rimprovero rivoltogli da Gesù. Da una parte,
la debolezza di Pietro, e dall’altra, il suo essere roccia per la Chiesa. Con
questo si vuol dire che Pietro è tale per grazia, in virtù di un’elezione
divina, e non per le sue qualità naturali.
Ma nel passo di questa domenica c’è anche dell’altro: l’evangelista vuol farci
percorrere un cammino dalla fede in Gesù Messia alla fede nel Figlio dell’uomo
sofferente. C’è l’incredulità da parte della folle, ma c’è anche l’incredulità
da parte degli stessi discepoli: si può infatti accettare che Gesù sia Messia,
ma rifiutare che Egli debba soffrire. Si
può confessare che Gesù è Figlio di Dio, e tuttavia non accorgersi che Egli è un
Dio crocifisso. Prigioniero ancora della logica degli uomini, il discepolo tenta
di impedire che Gesù si conformi alla logica di Dio. E allora Gesù risponde al
discepolo con la stessa esclamazione che troviamo nei racconti delle tentazioni:
«Dietro di me, satana. Non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini». In
ambedue i casi – nella tentazione come qui nelle parole di Pietro – viene
proposta a Gesù una scelta messianica che rifiuta le vie di Dio per percorrere
le vie degli uomini.
È chiaro a questo punto che cosa significhi veramente seguire Gesù, l’imperativo
che ancora una volta egli ricorda ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire
dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Rinnegare se
stessi significa rinunciare alla propria idea di Dio, per accettare quella di
Gesù: non più un Dio glorioso e potente, ma un Dio che si svela nell’amore e nel
dono di sé. Ma potremmo anche dire che rinnegare se stessi significa cambiare la
logica della propria esistenza: non più una vita vissuta a vantaggio proprio, ma
una vita vissuta in dono. È questa fondamentalmente la logica della Croce, sia
per Gesù sia per i suoi discepoli
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