Dio rispetta sempre la libertà dell'uomo
09 Luglio 2005 Anno A

Matteo 13,1-23
Riferimenti : Isaia 55,10-11; Salmo 64; Romani 8,18-23

Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; lì si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: "Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi, intenda". Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: "Perché parli loro in parabole?". Egli rispose: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarè tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono". (...)

Il primo personaggio che compare nella parabola è il seminatore. Ciò che colpisce è che egli getti il seme dappertutto, sul terreno buono e sul terreno cattivo. Non distingue fra terreno e terreno. Letta dal punto di vista del seminatore, la parabola appare rivolta agli annunciatori del vangelo. Non hanno il diritto di scegliere dove gettare il seme e dove no. L'annunciatore butta il seme senza risparmio e senza distinzione. Come sapere, al tempo della semina, quali terreni fruttificheranno e quali no? Nessuno deve anticipare il giudizio di Dio.
La figura del seminatore appare all'inizio e poi scompare: il vero protagonista è il seme che è in scena dall'inizio alla fine. La situazione supposta dalla parabola è quella in cui sembra (vedi l'insistenza su questo) che tutto vada perduto, che l'insuccesso del Regno e della Parola sia totale o eccessivo. E invece - afferma Gesù con la sua parabola - non è così. E' vero che ci sono gli insuccessi, e anche tanti, ma è certo che da qualche parte il successo c'è. Dunque una lezione di fiducia.
Nella spiegazione data da Gesù ai discepoli l'attenzione si concentra non più sul seme, ma sui differenti terreni. Il discorso non sembra più rivolto agli annunciatori del Vangelo, ma a quelli che l'ascoltano e l'accolgono. Si osservi come la spiegazione non si soffermi ugualmente su tutti i tipi di terreno. Sorvola sul primo e sul quarto, e invece si attarda molto più analiticamente sul secondo e sul terzo. Il motivo è chiaro. E' proprio su questi due terreni che vengono evidenziate le ragioni storiche e concrete per cui molti nella comunità venivano meno di fronte alle esigenze della Parola, che pure avevano accolto. Sono le stesse difficoltà di oggi: la paura di fronte alle persecuzioni e di fronte alla fatica che il Vangelo comporta, e soprattutto il fascino delle ricchezze e le preoccupazioni del mondo.
Tra la parabola e la sua spiegazione è  inserito il lungo dialogo fra Gesù e i discepoli. Il tema è costituito da una domanda precisa: la Parola di Dio non dovrebbe essere chiara per tutti? Come si spiega che la parola del Vangelo, che pretende essere di Dio, è in realtà rifiutata da molti? La risposta è davvero sorprendente: la Parola che il Vangelo offre, proprio perché di Dio, lascia all'uomo la libertà di aprirsi o di chiudersi. La Parola di Dio ha una sua debolezza, che in realtà è la sua grandezza: il rispetto della libertà dell'uomo. Proprio perché di Dio, la parola del Vangelo non costringe. Non riduce lo spazio della libertà, ma lo allarga.