È l’amore il metro della fede
22 Ottobre 2005 Anno A

Matteo 22,34-40
Riferimenti : Esodo 22,21-27; Salmo 17; 1 Tessalonicesi 1,5-10

In quel tempo, i farisei, udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Uno scriba chiede quale sia il più grande comandamento (al singolare), e Gesù risponde elencandone due. L’amore per Dio è il più grande e il primo: il primato di Dio è affermato senza esitazione. L’amore per l’uomo viene per secondo. Dicendo però che «il secondo è simile al primo», Gesù afferma che tra i due comandamenti c’è un legame molto stretto. Certo è diversa la misura: l’amore per Dio è «con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente». L’amore per l’uomo è «come se stessi». La totalità appartiene solo al Signore: Lui solo deve essere adorato. Ma l’appartenenza al Signore non può essere senza l’amore per l’uomo. E difatti Gesù dice: «Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti». Non si tratta di due comandamenti paralleli, semplicemente accostati. E neppure basta dire che il secondo si fonda sul primo. Molto di più: il secondo concretizza il primo. Il primato di Dio si concretizza e si visibilizza nel riconoscimento del primato dell’uomo.
Osservando il comportamento cristiano, non è difficile scorgere due fondamentali accentuazioni, che a volte sembrano divaricarsi: quella che accentua il primato di Dio (quindi la preghiera, il rapporto col Signore, la conversione interiore personale) e quella che, in nome di Dio, attira l’attenzione sull’uomo (quindi la giustizia, la lotta per un mondo più giusto, la presa di posizione di fronte a strutture ingiuste). Si direbbe più religiosa la prima e più politica la seconda. Ma tale giudizio è superficiale e sbrigativo.
Ma non vogliamo entrare nella questione. Ci basta qui mettere in luce due possibili rischi, uno per parte. Gesù ha detto di amare il prossimo come se stessi, e il Vangelo impegna certamente per la liberazione dell’uomo. Ma è pur vero che nella generosa lotta per l’uomo può nascondersi una dimenticanza del primato di Dio, che invece deve essere affermata con tutta chiarezza. L’uomo è fatto per Dio, ecco ciò che non va mai dimenticato, neppure là dove la povertà e l’ingiustizia sono grandi.
Ed ecco allora l’altra posizione: partire da Dio e parlare sempre di Dio. D’accordo. Ma di quale Dio? Anche qui l’equivoco è possibile. Certamente Dio va sempre messo al primo posto, ma deve trattarsi di un Dio che proclama che il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Dio è per l’uomo. La novità cristiana sta nel mantenere unite le due affermazioni.