Occhi nuovi per guardare al sepolcro
09 Aprile 2005 Anno A

Luca 24,13-35
Riferimenti : Atti 2,14a.22-33; Salmo 15; 1 Pietro 1,17-21

In quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. [...] Egli cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. [...] Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone».

Luca ha costruito il racconto dei due discepoli di Emmaus (24,13-35) attorno all’immagine del cammino. Dapprima un cammino che allontana da Gerusalemme, dagli avvenimenti della passione e dal ricordo di Gesù: potremmo dire un cammino dalla speranza alla delusione («speravamo…»), un cammino carico di tristezza («si fermarono col volto triste»). Ma poi - dopo l’incontro con lo Sconosciuto - un cammino di ritorno, dalla delusione alla speranza: «Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme».
L’inversione di marcia è dovuta alla nuova lettura degli eventi che lo sconosciuto ha loro suggerito. Gli eventi sono rimasti quelli di prima (la croce e il sepolcro vuoto), ma ora sono letti con occhi nuovi). Al racconto sottostà una domanda molto importante: come riconoscere il Signore che cammina con noi? Occorre una prima condizione: i due discepoli si allontanavano da Gerusalemme e dalla speranza, però stavano insieme e camminavano pensosi, discorrendo fra loro di ciò che era accaduto, di Gesù di Nazareth e della liberazione di Israele. È questa una sorta di condizione previa. La luce di Dio è per gli uomini che cercano, uomini pensosi e che fra loro discorrono dei veri problemi. A uomini frastornati, o rinchiusi in problemi marginali, anche la parola di Dio ha ben poco da dire.
Ma ritorniamo alla domanda importante: come e dove si può riconoscere il Signore che cammina con noi? Ai due discepoli di Emmaus gli occhi si aprirono quando, seduto a tavola in loro compagnia, Gesù ha compiuto quattro gesti (ha preso il pane, ha ringraziato, lo ha spezzato e lo ha distribuito), che riportano indietro, alla cena eucaristica, alla vita terrena di Gesù (una vita in dono con pane spezzato), alla croce che di quella vita è il compimento.
E riportano anche in avanti, alla vita della Chiesa, al tempo in cui i cristiani continueranno a «spezzare il pane». Spezzare il pane è dunque un gesto, in un certo senso riassuntivo, nel quale si concentrano, sovrapponendosi, le tre tappe dell’esistenza di Gesù: il Gesù terreno, il Risorto e il Signore ora presente nella comunità. Lo spezzare il pane, cioè la dedizione, è sempre la modalità riconoscibile della presenza del Signore: è la modalità del Crocifisso, del Risorto e del Signore glorioso presente nella Chiesa. È questo il tratto che fa riconoscere il Signore Gesù.