Agire da cristiani, questione di stile
Anno A
06 Febbraio 2005

  Mt 5,13-16
Riferimenti : Is 58,7-10; Sal 111; 1 Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, nè si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perchè faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perchè vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli".

Il vangelo di questa domenica ci offre alcuni aspetti dell'esistenza cristiana molto importanti. Sono almeno quattro: la pubblicità, l'universalità, la concretezza, la trasparenza. Più che indicare il che cosa dell'agire cristiano, ne dicono lo stile. Ma per un cristiano lo stile è importante come il che cosa.
La prima nota è la pubblicità. Matteo sottolinea che la luce, per sua natura, è fatta per illuminare, per mostrarsi visibilmente e pubblicamente, non per nascondersi: "davanti agli uomini". Il pericolo che l'evangelista sembra denunciare non è che la luce si spenga, ma che si nasconda. Matteo teme l'anonimato. Pericolo gravissimo, perchè il Vangelo è un evento pubblico. Quale pubblicità? L'evangelista ci offre due suggerimenti: Gesù ha rifiutato ogni forma di pubblicità "secondo il mondo" (4,1-11). Il secondo è che nell'azione miracolosa di Gesù si scorge la figura discreta del Servo del Signore (Is 42,1-4). In altre parole, l'attività di Gesù - persino il compimento dei suoi miracoli - evita ogni forma di ostentazione e di impazienza. Il Vangelo è pubblico e va gridato sui tetti, ma non nel modo in cui il mondo annuncia le sue notizie.
La seconda annotazione "l'universalità": sale della terra e luce del mondo. Ma quale universalità? Non si può dimenticare che l'universalità di Gesù è stata qualitativa, non solo e subito distensiva. L'universalità di Gesù inizia dal basso, dagli ultimi: non per trascurare i primi, ma per dire che anche gli ultimi devono essere primi. Gli operai dell'ultima ora - come racconta la parabola (Mt 20,1-16) - hanno ricevuto la stessa paga dei primi.
La terza nota è la concretezza. Non parole nè teorie nè discussioni nè troppi documenti, ma opere. La comunità di Matteo aveva la tentazione delle parole (7,21-23) e persino dei miracoli, e l'evangelista la richiama fortemente alla concretezza delle opere, specialmente delle opere della carità (25,3 ss). L'importante, oggi, è ricordarsi che la carità evangelica si distingue per la "condivisione", non soltanto - nè soprattutto - per l'efficienza.
L'ultima nota è la trasparenza: questa nota suggerisce la forma più ampia del riconoscimento di Dio. I discepoli devono compiere "opere buone" che distraggano l'attenzione da chi le compie per indirizzare unicamente verso il Padre: "Vedono le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli". Così è stato Gesù nelle sue parole, nelle sue opere e nella sua persona: la trasparenza del Padre.