Beato chi non si lascia vincere dal
male
29 Gennaio 2005
Matteo 5,1-12
Riferimenti :
Sofonia 2,3; 3, 12-13; Salmo 145; 1 Corinzi 1, 26-31
In quel tempo: vedendo le folle, Gesù salì
sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
"Beati i poveri in spirito,
perchè di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti,
perchè saranno consolati.
Beati i miti,
perchè erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perchè saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perchè troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perchè vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perchè saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perchè di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni
sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perchè grande è la vostra ricompensa nei cieli".
Gesù non ha soltanto pronunciato le
beatitudini, ma le ha vissute. Prima di descrivere l'ideale cristiano, le
beatitudini descrivono la figura di Gesù, nei suoi comportamenti e nelle sue
scelte. Nella formulazione di ciascuna beatitudine è visibile una tensione fra
la prima e la seconda parte. La prima è caratterizzata da situazioni negative
(povertà, sofferenza, persecuzione), la seconda da situazioni positive (possesso
del Regno, consolazione, visione di Dio). Questo significa che le
beatitudini non sono la promessa di interventi miracolosi che hanno lo scopo di
cambiare le situazioni attuali. Le situazioni restano quello che sono. Le
beatitudini offrono piuttosto un significato nuovo, suggeriscono criteri diversi
di valutazione e di lettura. C'è una sfida da raccogliere nelle beatitudini. Se
mancasse, parleremmo di ideali, ma non di beatitudini. è la nota della gioia:
beati! Quale gioia? Fondata su quale radice? C'è infatti gioia e gioia. La gioia
delle beatitudini trova il suo fondamento nella certezza di un futuro felice, in
comunione con Dio e dono di Dio, e insieme nella gioiosa scoperta che già ora è
possibile pregustare un modo nuovo di vivere. Il mondo pone il fondamento della
propria gioia nel possesso dei beni, nel successo, o in altre cose simili. Tutti
fondamenti fragili. Il Vangelo invita a porre il fondamento della propria gioia
nell'amore di Dio, le cui promesse sono incrollabili e vittoriose, a dispetto di
tutte le situazioni di crisi in cui l'uomo può venire a trovarsi. La liturgia
mette in primo piano la beatitudine della povertà, come appare dal ritornello
del salmo responsoriale, dalla lettura di Sofonia e dallo stesso passo della
prima lettera ai Corinti, dove Paolo dice che Dio si serve di quelli che non
contano per confondere il mondo. "Beati i poveri" implica certamente un invito a
mettere al centro della propria attenzione i poveri. Il povero di spirito è
colui che si fida di Dio, attende da Dio, ripone la sua fiducia unicamente in
Dio. Come la intende Matteo la povertà di spirito non è riducibile a un astratto
e generico distacco dai beni. Al contrario, è un atteggiamento concreto e
pubblico, il cui contenuto è determinato dalle beatitudini successive: la
costruzione della pace, la fame di giustizia, la misericordia, la limpidezza
interiore. Tutti atteggiamenti concreti e attivi. Pur mettendo in primo piano
atteggiamenti interiori e spirituali, Matteo non dimentica di invitare a un
concreto e coraggioso impegno per la giustizia e la pace.
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