XXII DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
Il Crocifisso, seduttore innamorato
31 agosto 2008

Matteo 16, 21-27
Riferiemnti : Geremia 20, 7-9 : Salmo 62 : Romani 12, 1-2

O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua. Così nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria. Poiché la tua grazia vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode.

Così ti benedirò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani. Mi sazierò come a lauto convito, e con voci di gioia ti loderà la mia bocca. Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali.

 

A te si stringe l’anima mia E la forza della tua destra mi sostiene. Ma quelli che attentano alla mia vitascenderanno nel profondo della terra, saranno dati in potere alla spada,  diverranno preda di sciacalli. Il re gioirà in Dio, si glorierà chi giura per lui, perché ai mentitori verrà chiusa la bocca

 

Geremia 20, 7-9
Geremia vive a Gerusalemme in anni terribili, mentre si profila la catastrofe della deportazione a Babilonia (siamo alla fine del secolo VI a.C.). E il re è un incapace (Ioiakim), tutto preso a seguire i lavori di un suo sontuoso palazzo e non si preoccupa della rovina prossima del popolo; i sacerdoti vivono e propongono una religione fatta di cose, riti e cerimonie senza richiamare, soprattutto, la conversione del cuore. Dio manda Geremia, giovane inesperto, che inizialmente si rifiuta perché ha paura ed è incapace di parlare. Ma il Signore lo garantisce: "Non temerli e io ti proteggerò... non ti vinceranno perché io sono con te" (Ger 1,7-9.19). Geremia trova tutti contro: il re, l'esercito, i sacerdoti e persino il popolo. Viene arrestato, rischia la vita e resta totalmente solo. E il profeta non può scendere a patti poiché Dio, da lui, vuole assoluta disponibilità. A questo punto, Geremia, disperato, si ribella e accusa Dio stesso: "Mi hai raggirato (sedotto) e mi abbandoni". E’ il linguaggio della donna tradita, debole e rifiutata. Le stesse cose che Geremia deve urlare al popolo:"Violenza-oppressione", mentre diventa lo zimbello di tutti, sono ora urlate a Dio poiché nel profeta si scontrano, insieme, prepotenza e impotenza. Nella logica di Geremia sono prepotenti i nemici e Dio stesso. Lo hanno combattuto e dimenticato. Ora Geremia non sa che farne degli stessi messaggi di Dio poiché egli li trova inutili. A questo punto, però, proprio Geremia, che ha fatto tutto quello che Dio gli ha chiesto e che, perciò, non si è neppure sposato, scopre di essere diventato, lui stesso, la vera immagine del Dio abbandonato. Dio non abbandona il suo popolo come Geremia non sa abbandonare Dio perché nel Signore come nel cuore del profeta c'è lo stesso fuoco divorante: così il profeta che vorrebbe ritirarsi, non può. La sua parola continuerà a richiamare vita e fedeltà, è l'immagine dell'amore fedele di Dio.
Romani 12, 1-2
San Paolo comunica, nella seconda parte della sua lettera, come spesso avviene, proposte pratiche, esortative, morali dopo i grandi contenuti della fede. Questo testo, tuttavia, è fondamentale, perché, con chiarezza, va oltre i semplici suggerimenti morali. Esso esprime il nuovo rapporto dei credenti con Dio attraverso Gesù e parla di un nuovo culto, il "culto spirituale", in contrapposizione con il culto del Tempio di Gerusalemme. Il ricordo che, a volte, si colora di nostalgia, nei primi cristiani che spesso sono ebrei convertiti e in Paolo stesso, richiama il fastoso cerimoniale del tempio di Gerusalemme, ma Paolo dice: "Non c'è più un culto legato ad un territorio, a un tempio, alle cose. Esiste il nuovo tempio che è Gesù. In Lui, veramente, e solo in Lui, si compie l'offerta di amore per il Padre fino alla morte. Questa culto noi lo viviamo quotidianamente nel nostro corpo. E’ una vera liturgia quotidiana, che sostituisce il tempio e l’offerta degli animali: è "l'offerta del corpo", il culto nello Spirito”. E l'offerta del corpo, il luogo dell'incontro, della relazione con Dio, con gli altri e con il mondo, consiste nel non conformarsi a questo secolo, ma nel trasformarsi rinnovandoci nella fede in Gesù .I versetti sono un continuo richiamo al culto: offrire, sacrificio vivente, culto, santo, gradito a Dio, perfetto. Così noi celebriamo questo culto in comunione con Gesù che ha obbedito al Padre, obbedienti come Gesù (Eb 5,7-10; 7,25) e possiamo rendere culto a Dio, ogni giorno, solo entrando nel culto resogli dal Figlio. Giovanni parla di "adoratori in Spirito e verità". L'Eucarestia è questa offerta del Figlio, fatta una volta per sempre, per cui il sacramento ci ripropone, oggi, tra credenti, il dono unico di Gesù, coinvolgendoci come Lui ha fatto ("Fate questo in memoria di me"), e rimandandoci, ogni giorno, al “culto spirituale”. Bisogna ripensare almeno a due conclusioni: - le nostre chiese, per quanto belle, non sono la nuova edizione del Tempio sacerdotale di Gerusalemme. Sono utili, esprimono l'arte, gusto, lode a Dio ma per offrire il culto spirituale non sono necessarie. Sono necessari i credenti che scelgono l'amore di Gesù nella vita quotidiana, ricercano la forza di Gesù e cambiano, come possono, mentalità e atteggiamenti. - la Messa, se non è legata a questo culto spirituale della vita quotidiana di ciascuno, almeno come desiderio (la richiesta di perdono, ad esempio) non è per noi la Messa cristiana, non è il vero culto. Perciò non ha senso dire: “Sono andato a messa; sono a posto”.

Matteo 16, 21-27
In quel tempo, 21 Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. 22 Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». 24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26 Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? 27 Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Matteo 16, 21-27

L'attesa del Signore che viene a liberare è grande in Israele, e di liberazione c'è un gran bisogno: liberarsi dai Romani invasori, dalla guerra, dalla paura, dalla fame. dalla siccità. Il sogno sottile di ogni ebreo riemerge costantemente, nella vita pubblica e privata: e si rincorrono i miti: i giardini dell'Eden, la fertilità senza siccità e carestia, la ricchezza e l’abbondanza gratuite. Su queste speranze si appoggiano l'attesa e i sogni di gloria. Contagiano tutti, soprattutto i più poveri. Anche i discepoli di Gesù hanno le stesse speranze. D'altra parte, per ora, niente di ciò che fa Gesù li delude: sa spezzare il pane per molta gente, cammina sulle acque, ha potere sui demoni e sul mare, guarisce, solleva entusiasmi nelle folle. E quando Pietro chiarisce la fede di tutti su Gesù Messia, tutti si sentono rassicurati poiché Gesù ripete: "E’ vero: il Padre ha veramente rivelato che io sono il Messia". Ma Gesù, dopo aver detto di non dire a nessuno della sua messianicità, ha continuato dicendo: "Sono un Messia che va a Gerusalemme per soffrire molto, per venire ucciso e risorgere”. - “ Debbo soffrire molto da parte degli anziani, sacerdoti e scribi”: le grandi strutture ebraiche della vita sociale, religiosa e teologica-culturale: sanno interpretare con saggezza e competenza la legge. - “Sarò ucciso pubblicamente dopo essere stato rifiutato”. Torna alla memoria la fine di molti grandi profeti. - “Risorgerò”. Ma è una parola assurda, per i discepoli. Caso mai sottolinea ancor più l’uccisione. (Il termine greco, v. 21, richiama il passaggio da una posizione supina ad una posizione eretta oppure il risveglio. È un verbo sempre al passivo, nei Vangeli, per dire che Gesù è risuscitato "dalla potenza di Dio”. La reazione logica, legata alle proprie convinzioni e all'affetto per Gesù, rifiuta, dissente e vi si oppone. Pietro interpreta queste parole come il fallimento del sogno di Dio. E, visto che il Padre ha parlato per mezzo suo, ritiene di saper dire, ancora, cose giuste. E se il Padre ha reso Pietro una "roccia" per la fede dei suoi fratelli e sorelle, non lo protegge quando non sa ascoltare le parole di Gesù. Così Pietro, questa volta, diventa "pietra d'inciampo". Gesù reagisce drammaticamente. Egli, infatti, avverte che la tentazione di Satana sta filtrando nell'amicizia dei suoi e sta suggerendo di utilizzare la potenza di Figlio di Dio per essere grande, come nel deserto (Mt 4,1-11), non per amare nella mitezza fino alla morte. "Vai dietro di me, Satana" (traduzione più corretta). "Non farti maestro che insegna, mettendoti davanti, ma diventa discepolo che mi cammina dietro". E a tutti Gesù aggiunge: "Chi vuol essere discepolo (venirmi dietro), rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. - Rinneghi se stesso: “smetta di pensare a sé e ai propri interessi”. - Prenda la croce: "per un ebreo, che vede i condannati crocifissi, la croce richiama di dover affrontare, fino alla morte, la volontà del Padre nello stile del Vangelo, a costo di sentirsi giudicati delinquenti rivoluzionari. - Mi segua. “Condivida la mia scelta, la mia disarmata decisione di amare ogni uomo e donna”. Gesù offre 3 motivi per fare queste sue scelte: - chi offre la propria vita non la perde, ma la ritrova; - la vita è fragile, passa in fretta. Non vale la pena aggrapparsi a ciò che è inconsistente, rifiutando il Vangelo; - il Signore offre la gloria a chi si è misurato su di Lui.

Domenica scorsa Pietro confessava Gesù, oggi Gesù sconfessa Pietro ? e tutta la nostra logica ? presentandosi in modo «inaccettabile», come colui che deve molto soffrire. Gesù sa che non saranno mai i potenti a risolvere le lacrime del mondo o gli errori del singolo. Il male si risolve solo portandolo. Sulla croce. Che cos'è la Croce, se non l'affermazione alta che Dio ama altri, e me fra questi, più della propria vita? La Croce è l'abisso dove Dio diviene l'amante. È il segnale massimo lanciato da Dio all'uomo, il punto ultimo in cui tutto si incrocia: le vie del cielo, della terra e del cuore. E la croce che il discepolo deve prendere? Per capire che cosa intenda Gesù forse basta sostituire la parola «croce» con la parola «amore»: «Se qualcuno vuol venire con me, prenda su di sé tutto l'amore di cui è capace». La croce del discepolo non sono i disappunti quotidiani, le fatiche o le malattie: cose solo da sopportare. La croce vera, dice Gesù, è da «prendere», non da sopportare. Da scegliere, come riassunto di un destino e di un amore: «Scegli per te il giogo dell'amore. Non amare è solo un lento morire. Ricordati che il vero dramma dell'uomo non è perdere la vita, ma non incontrare nessuno che valga più della propria vita, non avere nessuno per cui valga la pena dare la vita». Tutti, io per primo, abbiamo paura del dolore, del sacrificio fino al dono di sé; ci sia concesso però di non aver paura di amare. Come fa Dio, il grande seduttore. Non guardare il dolore, guarda l'amore. Tra i nomi di Dio Geremia introduce quello di seduttore: mi hai sedotto Signore e io mi sono lasciato sedurre (I lettura). In Dio c'è desiderio, cuore di carne, passione, bellezza. Un Dio innamorato. Era impossibile resistergli, resistere alla passione di Dio per me. Eppure Geremia si sente solo e incompreso, e protesta la sua amarezza. Pietro è deluso nel suo entusiasmo, incompreso nel suo realismo. Dio che seduce e delude? Che conquista e poi lascia smarriti? Sì, perché chiama a pensare i suoi pensieri, a seguire i suoi passi, ad avere i suoi sentimenti, ti allontana dal vecchio cuore. E se all'orizzonte si staglia una croce, Pietro non ci sta, e io con lui, e mi sento un po' tradito. Allora ci soccorre Geremia: Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, mi sforzavo ma non potevo contenerlo... Senza questo fuoco, la passione di Dio per me, io sarei niente. Guadagnerei il mondo ma perderei me stesso.