V DOMENICA DI PASQUA
20 aprile 2008

Giovanni Gv 14,1-12
Riferimenti :  : Atti 6, 1-7 - Salmo 32 - 1Pietro 2,4-9

Atti 6, 1-7
Negli Atti degli Apostoli il capitolo 6 segna l’inizio della seconda parte, quella della rapida espansione del Vangelo in Israele fino ad Antiochia, mentre nei primi 5 capitoli è stata descritta la formazione e 1’attività della Comunità cristiana a Gerusalemme. L’istituzione dei “sette” rappresenta un punto fondamentale che favorirà l’iniziò della missione della Chiesa. C’è un conflitto tra gli “ellenisti” (giudeo-cristiani provenienti dall’impero e dimoranti a Gerusalemme: parlano greco e leggono la bibbia in greco) e gli “ebrei”(giude-ocristiani, originari della Palestina, che leggono la bibbia in ebraico). Gli Apostoli, infatti, sono chiamati ad una verifica per alcuni disagi denunciati e decidono
di sviluppare, diversificando, ruoli e compiti. L’elezione dei “sette”, tutti di origine greca (lo si vede dal nome), identifica la scelta coraggiosa di responsabilizzare la minoranza per le mense e per il lavoro pastorale nella comunità degli ellenisti. Tra i “sette” almeno due, Stefano e Filippo, svolgono anche un prezioso lavoro di predicazione aperto ai pagani e una riflessione biblica nuova: interpretare il Vecchio Testamento alla luce dei fatti e delle parole di Gesù. Il numero 7 può derivare dai sette popoli pagani abitanti in Canaan (Atti 13,12), oppure dai consigli e gruppi amministrativi greci e romani, oppure ancora, più semplicemente, può derivare dall’azione di coordinamento che viene fatto in sette giorni, ciascuno in un giorno, poiché sono tutte persone volontarie e quindi debbono provvedere al proprio lavoro nel resto della settimana. Fin dall’inizio emergono i tre ministeri essenziali della Chiesa: il servizio della parola, il servizio liturgico della preghiera e il servizio dell’assistenza ai poveri. Qui non viene usato il termine “diacono” anche se si usa la parola “diaconia” (servizio) e si parla della “imposizione delle mani”. Ma l’ufficio corrispondente al diaconato si definirà più tardi. E’ interessante notare che la Chiesa articola le sue funzioni, non solo ancorandosi al suo inizio ma anche cercando di dare risposte varie a secondo dei problemi che, a mano a mano, si affacciano nel proprio cammino storico. Essa si struttura, infatti, anche per le necessità concrete che emergono, al fine di vivere in comunione.
1Pietro 2,4-9
Nella lettera di Pietro si usa a piene mani l’immagine del costruire la casa. Ci si rifà al Salmo 118,22 per dire che, attraverso la sua morte e risurrezione, Gesù è pietra viva e fondamento della nuova costruzione (Is 28,16). Il cristiano, stretto a Cristo, è anch’esso pietra viva, strappato dalla morte e unito al Vivente. La costruzione accennata è il tempio; vi si esercita un sacerdozio e si offrono sacrifici spirituali. E qui “spirituali” significa non tanto “cose immateriali” ma opere guidate dallo Spirito, sulla linea della volontà di Dio come fece Gesù. Viene poi richiamato Isaia 43,20 e Esodo 19,6 per dire che la Chiesa continua gli attributi applicati al popolo Ebraico. Perciò c’è una Israele nuova, a cui fanno riferimento tutte le promesse che Dio aveva fatto all’antico popolo dell’Alleanza. E i cristiani, coloro che credono nella parola di Gesù, sono invitati a stringersi a Cristo, pietra viva. Se non ci si unisce a Lui, Gesù diventa “pietra d’inciampo”. Simeone, quando Giuseppe e Maria presentarono Gesù bambino di 40 giorni al tempio, disse: “Egli sarà un segno di contraddizione” (Lc 2,34).

Giovanni 10, 1-10
1 «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2 Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; 3 quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. 4 E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». 5 Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». 6 Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7 Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». 8 Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9 Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. 12 In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.
 


Interno del piano superiore del S. Cenacolo
In questa sala, abbellita dai Crociati, Gesù istitui l'Eucaristia e diede gli ultimi ricordi ai suoi Apostoli

Il Vangelo di Giovanni ripropone il testamento di Gesù come un “discorso di addio” ( genere letterario in uso nel mondo greco). Nell’ultima cena, dopo la narrazione della lavanda dei piedi e la predizione del tradimento di Giuda (13,1-30), l’evangelista svela la ricchezza dell’amore di Gesù nella cerchia ristretta dei dodici, raccomandando l’unità dei discepoli e il comando “nuovo” dell’amore fraterno. Ma insieme annuncia la sua partenza e, insieme, comunica insegnamenti e direttive, dimostrando loro una grande fiducia. Al brano introduttorio di ambientazione (13,31-38) seguono due discorsi di addio (14,1-31; capp.15-16) e la preghiera detta “sacerdotale” (cap.17). Il testo di oggi è la parte iniziale del primo discorso d’addio e si sviluppa su due punti fondamentali: 1) Gesù è la via, la guida per portare il nuovo popolo di Dio nella casa del Padre (14,2-6); 2) Gesù è la manifestazione totale del Padre (14,7-11). La partenza di Gesù porterà turbamento. Stanno per esplodere delle realtà dure e ostili: il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, la fuga e la morte. Gesù anticipa nel richiamo questi fatti, ricordando la fiducia e chiarendo che la fede in Dio si traduce nella fede in Lui. La fede diventa storia, non resta astratta. Altrimenti non è vera fede. E questa si allarga sul significato della vita, sul futuro, sui valori assoluti. Gesù chiarisce il suo ruolo di “via”, di guida, di garante, di servo sia qui, sulla terra (13,13-17) e sia nella dimora del Padre dove non sarà solo colui che troneggia ma anche colui che procurerà dei posti per i suoi. Il linguaggio fantasioso delle dimore, preso da racconti contemporanei apocalittici, indica la comunione con Lui. Gesù è “via” (mediazione per arrivare al Padre), è “verità” (conoscenza profonda del Padre), è “vita” (condivisione della pienezza di grazia e di amore che Egli già vive). Gesù aiuta allora a intravedere, nell’esperienza che offre, il mistero di Dio: il volto del Padre è il volto del Figlio come le parole del Padre sono le parole del Figlio. Così apre alla comunione con sé e con Dio senza passare per la abbagliante e terrificante manifestazione divina del Sinai.

Nella casa del Padre ci sono molte dimore. La prima immagine che il Vangelo disegna oggi è quella di una casa. C'è un luogo in principio a tutto, un luogo caldo, familiare, che mi appartiene, una casa " non un tempio " il cui segreto basta a confortare il cuore: «Non sia turbato il vostro cuore». Lì abita qualcuno che non sa immaginarsi senza di noi e ci vuole con sé. L'amore conosce molti doveri, ma il primo è quello di essere insieme con l'amato. «L'amore è passione di unirsi con l'amato» (Tommaso d'Aquino). Una passione in grado di attraversare l'eternità. È Dio stesso che dice ad ogni suo figlio: il mio cuore è a casa solo accanto al tuo. «Signore, come ci si arriva?» «Io sono la via». La Bibbia è piena di strade, di vie, di sentieri, piena di futuro e di speranza: davanti all'uomo non c'è una non-strada, ma un ventaglio di strade. Gesù specifica: la strada sono io. Non c'è allora un sentiero ma una persona da percorrere: seguire le sue orme, compiere i suoi gesti, preferire le persone che lui preferiva, opporsi a ciò cui lui si opponeva, rinnovare le sue scelte. La sua strada conduce a un modo nuovo di custodire al terra e il cuore. «Io sono la verità». Il cristianesimo non è una dottrina o un sistema di pensiero, ma una persona, e il suo muoversi libero, regale, amorevole fra le cose. La verità è ciò che arde. Le mani e i gesti di Gesù che ardono in una vita inseparabile dall'amore, che mette l'uomo prima del sabato, la persona prima della verità, che fa la verità con amore: la verità senza amore è una malattia della storia, una malattia della vita che ci fa tutti malati di intolleranza. «Io sono la vita». Io sono la sorgente, il viaggio e l'approdo della vita. Parole enormi, che nessuna spiegazione può esaurire o recintare. Parole davanti alle quali provo una vertigine: il mistero dell'uomo si spiega solo con il mistero di Dio. La mia vita si capisce solo con la vita di Cristo. Nella mia esistenza c'è una equazione: più Dio equivale a più io; se Dio non è, io non sono. Più Vangelo entra nella mia vita, più io vivo. Fino ad affermare come Paolo: per me vivere è Cristo. Vita è tutto ciò che possiamo mettere sotto questa nome: futuro, amore, casa, pane, festa, riposo, desiderio, pasqua. Per questo spirituale e reale coincidono, fede e vita, sacro e realtà hanno l'identica sorgente