 III DI QUARESIMA
24 febbraio 2008
Giovanni 8,31-59
Esodo 34, 4-10 - Galati 3,6-14
Esodo 34, 4-10
Nel libro dell’Esodo il Signore incoraggia
Mosè a ritornare sul monte per riformulare l’impegno
dell’Alleanza. Dopo il tradimento consumatosi nel suo popolo in
sua assenza, mentre era sul monte (era stato rappresentato come
un vitello d’oro il Dio che li aveva liberati dall’Egitto), Mosè
si sente sconfitto e prostrato. Ormai è tutto finito. Ma Jahvé
ordina a Mosè di fare due tavole di pietra simili a quelle
spezzate (32,19) e di portarle sul Sinai (Poi il Signore disse a
Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su
queste tavole le parole che
erano sulle tavole di prima, che hai spezzate» 34,1). Le prime
erano state fatte e scritte da Dio (32,16: “Le tavole erano
opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle
tavole”), queste sono solo scritte da Dio ma fatte dall’uomo.
Dio scende accanto a Mosè che invoca il Signore. E il Signore
allora si presenta, si svela nella pienezza del suo mistero e
della sua misericordia. Egli è giusto poiché sa riconoscere il
male e castigarlo ma è soprattutto amore e accoglienza poiché
sono questi i sentimenti che prevalgono in modo pieno nel suo
incontro con noi. Il rapporto tra amore e giustizia come
misericordia e castigo è di 1.000 a 3. Allora Mosè osa
intercedere e invocare l’impossibile. Egli impegna tutta la
propria fedeltà per chiedere che Dio abiti nel popolo. E’ il
segno della misericordia, è l’antidoto al male che, facilmente,
sconvolge (“è un popolo di dura cervice’), è la garanzia di una
salvezza. E Jahvé accetta mediante l’Alleanza con le sue
clausole di osservanza scritte sulla pietra e si fa Signore di
un popolo che diventa figlio (“prendici in eredità”). Perciò
Israele può fidarsi di Dio: “Come un bimbo svezzato in braccio a
sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia” (Sal 131,2) |
Galati 3,6-14
Nella lettera ai Galati, S. Paolo deve
rivendicare il valore della gratuità della salvezza mediante la
fede. Nei primi versetti (3,1-5) egli rimprovera, in modo duro,
i Galati che nella loro superficialità e incostanza hanno
dimostrato una mancanza di comprensione del Cristianesimo;
quindi sviluppa il tema centrale (testo di oggi): la
giustificazione deriva da un’iniziativa gratuita
di Dio. Da parte dell’uomo occorre una risposta positiva,
formulata attraverso la scelta e la coerenza della fede. Esempio
splendido è Abramo, giustificato mediante la fede e non mediante
le opere. S. Paolo utilizza, da buon maestro, la Scrittura e,
per dimostrare la sua tesi, ricorre ad Abramo stesso, modello
ideale del giudaismo con il testo di Gen 15,6: “Credette a Dio e
questi glielo contò come giustizia”. Qui “giustizia” significa:
azione giusta, gradita a Dio. Così la fede è l’elemento
costitutivo di Abramo come padre di tutti i credenti. Chi invece
si appoggia alle
opere ottiene l’effetto opposto: la legge esigerebbe
un’osservanza costante di tutte le prescrizioni (Deut 27,26): il
che è impossibile. Ma allora, per questa infedeltà, diventa
oggetto di maledizione.Paolo riprende, in questo tempo, alcune
fondamentali riflessioni sulla giustificazione che si ritrovano,
sviluppate, nella lettera ai Romani.
|
Giovanni 8,31-59
31 Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se
rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; 32 conoscerete
la verità e la verità vi farà liberi». 33 Gli risposero: «Noi siamo discendenza
di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire:
Diventerete liberi?». 34 Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico: chiunque
commette il peccato è schiavo del peccato. 35 Ora lo schiavo non resta per
sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; 36 se dunque il Figlio vi farà
liberi, sarete liberi davvero. 37 So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto
cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. 38 Io dico
quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete
ascoltato dal padre vostro!». 39 Gli risposero: «Il nostro padre è Abramo».
Rispose Gesù: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! 40 Ora invece
cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo
non l'ha fatto. 41 Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero: «Noi non
siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!». 42 Disse loro
Gesù: «Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e
vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43 Perché non
comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole,
44 voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre
vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità,
perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è
menzognero e padre della menzogna. 45 A me, invece, voi non credete, perché dico
la verità. 46 Chi di voi può convincermi di peccato? Se dico la verità, perché
non mi credete? 47 Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le
ascoltate, perché non siete da Dio». 48 Gli risposero i Giudei: «Non diciamo con
ragione noi che sei un Samaritano e hai un demonio?». 49 Rispose Gesù: «Io non
ho un demonio, ma onoro il Padre mio e voi mi disonorate. 50 Io non cerco la mia
gloria; vi è chi la cerca e giudica. 51 In verità, in verità vi dico: se uno
osserva la mia parola, non vedrà mai la morte». 52 Gli dissero i Giudei: «Ora
sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici:
"Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte". 53 Sei tu più grande del
nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di
essere?». 54 Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non
sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "È nostro
Dio!", 55 e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo
conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola. 56
Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e
se ne rallegrò». 57 Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e
hai visto Abramo?». 58 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: prima
che Abramo fosse, Io Sono». 59 Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di
lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio. S. Giovanni pone il tema
del confronto tra Gesù ed Abramo (che qui è ricordato 8 volte). Il discorso si
divide in tre parti, ma è rivolto “ai giudei che avevano creduto in lui”: -
8,31-41a: Gesù imposta il tema della libertà mediante la verità (del Figlio):
“la verità vi farà liberi”; egli discute sulla libertà dei giudei, che pur
dicendosi figli di Abramo, sono ancora schiavi benché si sentano liberi. -
8,41b-47 la riflessione è legata alla parola-aggancio: padre; Gesù ha per padre
Dio mentre i giudei hanno per padre satana. 8,48-59 il testo passa dalla vera
paternità dei giudei alla autentica paternità di Gesù. La controversia si svolge
in un crescendo drammatico che porta Gesù a proclamarsi: “Io Sono” (8,58) che
corrisponde al significato del nome di Dio, in ebraico, e porta i giudei a
giudicarlo, immediatamente, come bestemmiatore e quindi meritevole di morte (c’è
un tentativo di lapidazione: 8,59). Si contrappongono due realtà di figli (figliazioni):
- Da una parte la figliazione abramitica che non sorge dalla nascita, ma dalla
fede, dal “rimanere in Gesù”, dalla grazia; ha qualità gioiose ed esaltanti: la
libertà, la verità, la vita. - Dall’altra la figliazione satanica ha tragiche
qualità: l’orgoglio, la schiavitù, la menzogna e l’omicidio. Tutto il testo, che
incomincia con il dialogo “ai giudei che avevano creduto in Lui”, si risolve in
un disastro. Questa fede non matura se non nella fiducia e nella fedeltà a
Cristo. Non è sufficiente la simpatia superficiale.
|