
Vivere è la fatica di «liberare» la bellezza
II DI QUARESIMA
17 febbraio 2008
Giovanni 4,5-42
Riferiementi : Deuteronomio 5, 1-2.6-21 - Romani 13,7-14
Deuteronomio 5, 1-2.6-21
Nel libro del Deuteronomio Mosè
proclama al suo popolo “le leggi e le norme” ricevute dal
Signore come clausole dell’Alleanza, stabilita sul monte Oreb. E
Israele, convocato da Mosè, è invitato ad ascoltare: è la
formula sempre presente quando viene proposto un messaggio
fondamentale di Dio: “Ascolta Israele”. La proclamazione avviene
in un’assemblea che ha il compito di sancire il patto. Questa
formulazione del Decalogo è simile all’altra del libro
dell’Esodo (20,2-17). Dio, il Liberatore, vuole aiutare il suo
popolo a conquistare e a mantenere la pace, la terra, la
stabilità. E infatti il Legislatore è quel Dio che “ti ha fatto
uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile”. Perciò
“fidati e ricorri alla legge quando troverai difficoltà”.
Compito del credente, infatti, è “imparare, custodire e mettere
in pratica la Parola”. * Imparare suppone la volontà e
l’intelligenza sufficienti per entrare nel mondo della legge,
dar credito, fidarsi, analizzare e ricordare. Imparare è più di
leggere e più di capire ma significa “far propria la legge,
sentirsi attenti”. * Custodire allarga il tono
dell’apprezzamento. Si custodisce ciò che è prezioso per valore
o per affetto. Non va perso nulla. Va tenuto in serbo, pronto e
conosciuto per tutto quello che può servire. * Mettere in
pratica è la prospettiva finale della Legge per cui il popolo
sperimenta il valore della Parola di Dio in concreto. A questo
livello si incominciano a vedere i frutti del dono dato da Dio e
normalmente rispettato. E’ la fedeltà custodita che manterrà
l’Alleanza reciprocamente proclamata. |
Romani 13,7-14
S. Paolo, scrivendo ai Romani attorno
al 57/58 d.C. dalla città di Corinto, sintetizza il significato
della legge morale presente nella Comunità cristiana. Egli tenta
di trovare un principio unificatore tra le tantissime leggi
ebraiche. Che fare altrimenti? Ridimensionare, dimenticare,
distruggere la legge? Paolo inizia con un richiamo ad un
principio di giustizia: rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto.
Ma dalla giustizia è necessario progredire e il rapporto di
rispetto e di responsabilità con gli altri deve, tra cristiani,
mantenersi e fondarsi su un amore reciproco. Con questa capacità
di rivedere e di organizzare ogni rapporto in termini di
comunione, S. Paolo invita ad uscire dal sonno, dalla notte,
dall’oscurità, dalle tentazioni e dalle opere delle tenebre per
essere pronti alle opere della luce, ad essere svegli, rivestiti
di Cristo e capaci di comportarsi “onestamente come in pieno
giorno”. |
Giunse
pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che
Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù
dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.
Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da
bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.
Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me,
che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni
con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è
colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti
avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per
attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei
tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne
bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di
quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà
mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua
che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di
quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere
acqua». Le disse: «Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose
la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene "non ho marito";
infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo
hai detto il vero». Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta.
I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme
il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il
momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi
adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la
salvezzviene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri
adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali
adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e
verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il
Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io,
che ti parlo». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che
stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?»,
o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e
disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho
fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
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Samaria: Il monte Garizim dal pozzo di Giacobbe.
Cosi lo videro Gesù e la donna samaritana durante il loro colloquio. |
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che
voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse
gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di
colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora
quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e
guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve
salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina
e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho
mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi
siete subentrati nel loro lavoro». Molti Samaritani di quella città credettero
in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che
ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con
loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua
parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi
crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente
il salvatore del mondo».
Nel Vangelo di Giovanni l’incontro con la Samaritana è collocato accanto
ad un pozzo come alcuni incontri nel V.T. che presentano due elementi
caratteristici: l’uomo è uno straniero e l’incontro conduce ad un matrimonio (Gen
24; 29; Es 2,16 ss.) 1. Il primo elemento è evidente con Gesù che è
giudeo rispetto alla samaritana. Si inizia così un dialogo con tre riferimenti:
il pozzo (vv 7-15), la situazione della donna (vv 16-18) che simboleggia quella
del suo popolo, e il monte per l’adorazione (vv 19-26). L’evangelista gioca
sulle parole (prima il pozzo è fonte, poi diventa pozzo d’acqua ferma e Gesù è
fonte di acqua viva-acqua corrente) per arrivare a chiedere: “Sei superiore a
Giacobbe?” Ma questo dono (si continua a parlare di dono), non solo la donna lo
deve domandare ma lo deve anche capire. 2. Si può anche immaginare il
richiamo al matrimonio. Giovanni Battista che battezza a Ennon, presso Salim
(racconto immediatamente prima di questo: Gv 3,23-30) si definisce in questo
testo “l’amico dello Sposo”. Il suo compito consisteva nel controllare il
corretto svolgimento delle cerimonie e che la fidanzata avesse fatto le
purificazioni rituali della legge. Così Giovanni, attraverso il battesimo, in un
luogo vicino al pozzo di Sicar, prepara il popolo a ricevere “lo Sposo”. 3.
Si parla qui di 5 mariti. Simbolicamente sono il richiamo delle false
divinità portate dai coloni giunti da cinque regioni diverse (2 Re17.24 ss.) per
ripopolare la Samaria dopo la sconfitta (721 a.C.). Questo testo può significare
la conversione della popolazione di Samaria come un “matrimonio” con il suo Dio.
4. Nella possibile conversione Gesù dice tre negazioni: “nè su questo
monte, nè a Gerusalemme... quel che non conoscete” per arrivare a tre
affermazioni e identificazioni: a) si adora il Padre, b) lo adorano i “veri
adoratori”, c) e ciò si attua “in Spirito e verità”. E il luogo del nuovo culto
sarà il tempio spirituale: Gesù. Egli è verità (Gv 14,6) ed ha lo Spirito (Gv
14,17). |