Vivere è scegliere la Parola
I DI QUARESIMA
10 febbraio 2008

Matteo 4,1-11
Riferimenti - Isaia 58,4b-10 - 2 Corinzi 5,18-21;6,1-2 - Genesi 2,7-9;3,1-7; Salmo 50; Romani 5,12-19

Isaia 58,4b-10

Il profeta Isaia sta parlando ai suoi connazionali ritornati dall’esilio. Li vede seriamente impegnati nel culto e nelle pratiche religiose: digiuni, feste, riposo del sabato, offerte a Dio, preghiere. Eppure sembra che Dio non si accorga e non senta questa religiosità crescente. All’orizzonte tutto è tenebra e sconfitta. Il profeta interviene per riflettere e verificare insieme il valore dei gesti religiosi. Egli dice: “Gli atti di culto e di pietà non valgono niente poiché sono fatti da persone che peccano contro la giustizia e l’amore. La giustizia e l’amore sono il vero digiuno (nell’intero brano il digiuno è ricordato 7 volte,) significativo non tanto per atteggiamenti esterni, ma per il rifiuto del male e per il dono generoso che viene fatto ad altri”. Le colpe che il profeta denuncia (già qualche versetto prima) sono varie: il passare il tempo del digiuno a macchinare per i propri affari, angariare e sfruttare gli operai, provocare litigi e risse (vv. 3-4); più sotto ricorda quali sono le opere malvagie della comunità: l’oppressione, l’atteggiamento accusatorio, il parlare volgare senza religiosità (v.9). Il Signore non accetta una mentalità così legata al culto: il vero digiuno sono la libertà e il rispetto del povero e dello schiavo (v.6 in cui si ripete 4 volte la stessa scelta), la condivisione del pane, della casa, l’aiuto per avere un vestito. Con queste risoluzioni e scelte sorgerà la luce del Signore e sarà esaudita la preghiera che apre finalmente i cieli.

2 Corinzi 5,18-21;6,1-2

Nella seconda lettera ai Corinzi, S. Paolo invita i nuovi cristiani alla riconciliazione che è costata la morte infamante di Gesù: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio”.  I Corinzi avevano un ricordo storico particolare poiché Cesare, nel 44 a.C., aveva ricostruito la città e aveva proclamato la “riconciliazione” che accoglieva, dalla Grecia e da tutte le terre conquistate dai Romani, gente dal passato compromesso, permettendo loro di beneficiare dell’amnistia. Qui Paolo applica l’immagine a Cristo. Dio, attraverso Gesù, proclama la pace ed ha affidato ai discepoli il compito di proclamarla attraverso la parola: così la Chiesa è “ministro e ambasciatore”. Perciò vi supplichiamo, dice Paolo ai Corinzi: “Lasciatevi riconciliare con Dio”

 

Matteo 4,1-11
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino .
pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto». Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.

 

 

Il monte della Quarantena, a 4 km da Gerico, ove Gesù si ritirò in preghiera e digiuno prima di iniziare la predicazione della buona novella

Il Vangelo di Matteo racconta le tre tentazioni che Gesù ha incontrato per tutta la sua vita pubblica, qui sintetizzate all’inizio della sua missione, dopo il suo battesimo nel Giordano per opera di Giovanni Battista, quando la voce del cielo lo chiama “Figlio Diletto in cui mi sono compiaciuto”. Le prime due tentazioni si collegano a questo appellativo per sollecitare in Gesù alcune pretese che potrebbe rivendicare di fronte a Dio. * Gesù viene sottomesso alla prova: qualcun altro lo conduce nel deserto (lo Spirito), mentre il tentatore, anch’esso esterno, è l’avversario di Dio. * Gesù usa una parola autorevole: la Scrittura; essa ci viene data, è parola viva, non limita, ma libera dalla schiavitù. E’ tratta dal libro del Deuteronomio, il testo della Legge di Mosè. Di fronte a questa non si discute; essa propone la volontà di Dio. * La prima tentazione nasce dal bisogno del pane, Gesù interviene mettendo al primo posto la Parola. * La seconda tentazione si imposta allora sulla Scrittura stessa e sul modo di interpretarla: “Come va usata la Scrittura? Come arma per verificare, provocare e avere ragione o come Parola a cui mi abbandono con fiducia nel Signore che mi sostiene? Gesù sceglie questa posizione di disponibilità. * La terza tentazione è sulle autorità: chi vale di più nel mondo? Il potere è di uno che si contrappone a Dio o il potere appartiene solo al Signore? Chi si contrappone a Dio domina, si vede ed ha capacità di delega; il Signore invece non si vede e vuole la fedeltà del credente; bisogna continuare a fidarsi di Dio, unico Signore. Le tentazioni, al di là del bisogno, della interpretazione biblica, della mentalità sempre presente che pretende da Dio miracoli, pongono il problema fondamentale alla libertà dell’uomo adulto. Chi è veramente il Signore, e quanto sono disposto ad allinearmi con Lui, riconoscendolo come Gesù, abbandonandomi con fiducia, anche se il potere e il male sembrano dominanti?

Ogni tentazione è sempre una scelta tra due amori: «Sempre sul ciglio dei due abissi / tu devi camminare e non sapere / quale seduzione se del Nulla / o del Tutto ti abbatterà» (David Maria Turoldo). Le tentazioni di Gesù riassumono i grandi inganni della nostra vita, e il primo è quello di sostituire Dio con delle cose: «dì che queste pietre diventino pane, questa è tutta la vita, non c'è altro!». Proclamare assolute le cose. Credere che tutto il nostro futuro è già presente in un po' di pane. Pietre o pane? Gesù esce da questa alternativa, dove l'uomo sopravvive soltanto ma non vive, dilatando la fame del corpo verso la fame del cuore: «Non di solo pane vive l'uomo». Anzi di solo pane l'uomo lentamente muore. Una offerta di più vita è la fede: il pane è un bene inequivocabile, è buono, ma più buona è la parola. Il pane fa vivere, ma più vita viene dalla Parola di Dio. Io non sono solo mendicante di pane, ma mendicante di cielo, di giustizia e di bellezza, di felicità e di amore per me e per gli altri. L'uomo vive di ciò che viene dalla bocca di Dio. Bellissima parola: l'uomo vive di Dio " per questo ne prova una segreta fame inappagata " e di ciò che viene dalla sua bocca. Dalla bocca di Dio è venuta la luce, con la prima parola della genesi; poi sono venuti il cosmo e tutte le creature; è venuto il bacio con cui il creatore ha alitato il suo alito di vita sull'informe polvere del suolo che era Adamo. Da allora, per ogni figlio d'Adamo, respirare è respirarLo. Dalla sua bocca è venuto il Verbo e il Vangelo. L'uomo vive di tutto ciò, vive di Dio e di creature. Riceve vita dal pane ma anche dall'abbraccio, dalla parola di Gesù e dai sogni di una creatura che gli cammina a fianco; l'uomo vive di profezia e di parole appena sussurrate. E posso dire, ognuno sa a chi può rivolgersi: di Dio e di te io vivo. Anche tu sei bocca di Dio, che respira il suo respiro. Tu, sillaba della Parola. Gesù ci mostra il metodo biblico per affrontare le tentazioni. Alla parola dell'inganno oppone la parola di Dio. Anch'io sono chiamato a scegliere: vivere è scegliere. La luce per le mie scelte la trovo nel Vangelo, fonte di uomini liberi. La forza per scegliere viene dalla forza dei miei ideali, nasce quando evangelizzo di nuovo me stesso, ridicendomi amori e valori; viene dalla forza con cui il Forte mi ha preso il cuore. Così mi oppongo a ciò che dà morte: con la Parola che fa vivere.