BATTESIMO DEL SIGNORE- anno A
13 Gennaio 2008

Matteo 3,13-17
Isaia 42,1-4.6-7 - Salmo 28 -Atti degli Apostoli 10,34-38

Isaia 42,1-4.6-7

Il testo del profeta Isaia è un messaggio di salvezza rivolto al popolo in esilio, angosciato per il proprio futuro e in una terribile situazione desolata. E’ il primo dei quattro carmi (piccoli poemi) del Servo di Jahvé ed ha caratteri particolari. Dio stesso, che pronuncia le parole di questo poemetto, presenta il suo servo al mondo mentre gli affida un mandato ed un compito da re. Chi è questo servo? Un profeta, un re, il popolo stesso? Lo scrittore pensa probabilmente al popolo di Dio che diventerà come un “servo di Dio”, che finalmente ubbidirà e porterà speranza. Così Dio sostiene, sceglie il suo servo, se ne compiace, pone il suo spirito su di lui, lo forma, lo stabilisce come alleanza del popolo e luce delle nazioni. Questo “servo” porterà il diritto ai popoli e lo proclamerà con fermezza, aprirà gli occhi ai ciechi e libererà i prigionieri dalle loro catene. E tutto questo avverrà senza arroganza, senza vendetta, senza gridare, senza distruggere. Sarà fedele fino alla fine, portando a tutti gli uomini la liberazione.

Atti degli Apostoli 10,34-38

Negli Atti degli Apostoli il discorso di Pietro diventa spiegazione e sintesi della vita e del valore di Gesù. Il centurione pagano Cornelio e la sua famiglia si sono convertiti alla fede in Cristo: è un segno imprevedibile delle scelte e delle prospettive che Dio apre sul mondo. Perciò Pietro, mentre sintetizza la fede in Gesù come contenuto essenziale del credere, sente che sta imparando egli stesso dai segni di novità e di conversione quanto il Signore compie: Imprevedibilmente il Signore apre a tutti gli uomini (universalità) l’ingresso al Regno in modo totalmente gratuito. “Chiunque lo teme e pratica la giustizia é accetto a Lui” (v.35). Così l’elemento primo di rapporto con Dio non è più l’appartenenza ad un popolo ma sono le disposizioni interiori, identificate con il “rispetto riverenziale”(chi teme) e la condotta rispettosa della volontà divina (“praticare la giustizia”). “Gesù è il Signore di tutti”: questa è la fede ed è necessaria la forza dello Spirito per accoglierla (1Cor. 12,3). Essa proclama che quell’uomo Gesù che molti hanno conosciuto in Palestina e che è passato beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, é stato elevato, dopo la morte, al di sopra dei cieli per la risurrezione; perciò ha la Signoria del mondo ed é Dio. Ma poiché é un Dio imprevedibile, i suoi debbono continuamente scoprire scelte e atteggiamenti nuovi ogni giorno. “In verità sto rendendomi conto...” dice Pietro. 

Nel Vangelo di Matteo Gesù è presentato come colui che conclude il tempo antico ed inizia il nuovo. Ma, per incominciare la sua missione, scende verso il giordano lasciando la Galilea. Matteo racconta l’incontro con Giovanni il Battista il quale sintetizza la sua missione purificatrice e anticipatrice del regno alle persone che accorrono: “Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco” (3,11).Di conseguenza Giovanni il Battista sente di non essere all’altezza e si schermisce: Colui che viene è messia e sposo d’Israele. Gesù gli chiede di accettare perché “adempiamo ogni giustizia”. Per Giovanni il compito è quello di battezzare, per Gesù quello di essere battezzato. Giustizia, nel senso biblico, significa obbedienza alla volontà del Padre. E per Gesù, che é senza peccato, il battesimo è solidarietà con quelli che sono nel peccato. Così il Padre manifesta un mezzo misterioso di salvezza che passa attraverso questo camminare con i peccatori e con questo accogliere il gesto della purificazione come tutti, con gli uomini per cui egli é “l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv. 1,29). “Lascia” significa acconsenti e lasciami libero. Tre segni: il Giordano, i cieli aperti e la colomba. Su Gesù Dio fa cose nuove e cambia il gesto di penitenza in realtà di trasformazione totale: con Gesù si inizia il battesimo cristiano. -Il Giordano ci riporta all’Esodo, l’uscita dal deserto per approdarvi alla terra promessa con Giosuè. -“Si aprirono i cieli”: Dio irrompe nel mondo, rispondendo alla preghiera a Dio che libera dall’esilio a Babilonia “Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti” (Is 63,19). -“Lo Spirito di Dio scese come colomba”: Lo Spirito della creazione (Gen1,2), ora, scende su Gesù per la nuova creazione, il nuovo popolo, la nuova presenza manifestata dalla “voce .del cielo”. -Gesù è riconosciuto dal Padre come “Mio figlio”. E’ “il Figlio di Dio prediletto” che compie la volontà del Padre e sarà “il servo di Dio (servo di Jhwh) nel quale il Padre si compiace”prima lettura Is42,1-4.6-7).

Gesù ricomincia dal Giordano, quasi portasse a compimento un esodo: l'esodo di Dio, il lungo viaggio di Dio in cerca della sua terra promessa che è l'uomo: terra arida e dura, terra di spine eppure promessa. Il Battesimo è fatto di acqua, di voce, di Spirito. L'acqua del fiume è come un solco di vita arato dentro il deserto arido, perenne frontiera alla terra promessa. Gesù si immerge nel fiume per me, non per sé; entra nell'acqua, dove l'uomo nasce ma non può vivere, dove Giovanni fa rinascere con la conversione, come una promessa di vita nuova: «con me vivrai solo inizi, uscirai dal deserto, entrerai nella buona terra». La terra promessa dell'uomo, la sua patria è Dio. Gesù uscì dall'acqua, lo Spirito scese come colomba, e venne una voce. In un solo versetto, come in una miniatura, il Vangelo delinea la Trinità: un Padre che è voce, un Figlio che è volto, uno Spirito che è legame. La voce del Padre parla due sole volte nel Vangelo, al Battesimo e alla Trasfigurazione, unisce il fiume d'acqua e il monte di luce, rivelando la sua identità e la missione di Cristo e dell'uomo. «Figlio» è la prima parola. E subito Dio si offre come Padre, come disarmato amore: Egli non è mai tanto se stesso come quando, amoroso, dà vita: «non cercatemi là dove sono, ma dove amo e sono amato» (Jacques Maritain). Figlio: termine carico di pathos, vertice del desiderio: di tutte le piste che puoi percorrere sulla terra, la più importante è quella che conduce all'essere umano. «Amato» è la seconda parola, sigillo della nostra identità. Il mio nome è «amato per sempre». «Sappiano, Padre, che li hai amati come hai amato me». Dio ama me come ha amato Gesù, con quella intensità, con la medesima emozione, con l'identica speranza. E con in più tutte le delusioni di cui io sono causa; io, amore e dolore di Dio. «Mio compiacimento» è la terza parola. Termine bellissimo che dice gioia, esultanza, offre l'immagine di un Dio che trova felicità. Ma quale gioia può venire al Padre, quale emozione gli può regalare questa canna sempre sul punto di rompersi, questo stoppino dalla fiamma smorta che io sono? Solo un amore immotivato spiega queste parole. Il cielo si è aperto su Cristo, si apre su noi, così come si aprono le braccia all'amico, all'amato, al povero, sotto l'urgenza dell'amore di Dio, sotto l'impazienza di Adamo, sotto l'assedio dei poveri, e nessuno lo richiuderà più.