XIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
29 giugno 2008

Matteo 10, 37-42
Riferimenti : 2Re 4,8-11.14-16a - Romani 6, 3-4.8-11

2Re 4,8-11.14-16a
Nel secondo libro dei re viene ricordato il “ciclo di Eliseo” (2;1-13,21), discepolo di Elia che viene, a sua volta, ricordato nel 1° libro dei re nel “ciclo di Elia” (1 Re 17,1-2 Re 1.17). Sono due grandi profeti che svolgono un ruolo provvidenziale nel periodo di una realtà politica e religiosa distruttiva. Essi cercano di contrastare i progetti regali che portano facilmente all’infedeltà del popolo e al culto idolatrico. La presenza dei profeti mostra la particolare provvidenza di Dio che sa reggere e aiutare il suo popolo. Il brano della liturgia di oggi racconta l’episodio di Eliseo a somiglianza, in qualche modo, di Elia, che fu ospite della vedova di Zarepta di Sidone (1Re 17,7-24). Il Signore suscita un aiuto prezioso per i suoi inviati e nello stesso tempo colma di benedizione chi li aiuta. In questo caso si tratta di una famiglia benestante che sa a mettere a disposizione del profeta una cameretta con un mobilio essenziale e confortevole. La giustificazione del gesto, da parte degli ospitanti, viene formulata dalla moglie al marito così: “lo so che è un santo, uomo di Dio” (4,9). Il profeta vuole ricompensare e dà il dono di un figlio. Si rinnova l’esperienza di Abramo e Sara che ospitano il Signore e avranno una discendenza. Solo che qui è una donna
colei che vive il dono dell’ospitalità e riceve la vita.
Un mondo che offre amicizia e ospitalità vivrà la propria esistenza nella pace.
Romani 6, 3-4.8-11
Nella lettera ai Romani S. Paolo ha sviluppato il tema della giustificazione cristiana (cc 1-4). Ora ne descrive gli effetti nell’esperienza di credente. Egli vive una nuova esistenza, caratterizzata dal dono dello Spirito e della liberazione delle forze disgregatrici del male che sono il peccato e la morte. Gesù è il nuovo Adamo, il Signore della vita, valore oggettivo di salvezza; a Lui si riunisce ogni credente che vive la sua novità mediante il battesimo. Con il battesimo infatti ogni cristiano è sottratto alla sfera del peccato e della morte, proprio, come suggerisce il rito stesso, mentre egli è reso partecipe della morte stessa di Gesù. Essere battezzati significa “essere immersi” e (secondo l’immagine sottostante nelle parole di Paolo) “annegare, affogare”. Nel battesimo moriamo e anneghiamo con questa umanità di peccato, e risorgiamo nella esistenza redenta che non è ancora pienezza: abbiamo per ora solo le primizie vivendo in un dinamismo nuovo, proprio dello Spirito. Gesù è morto al peccato una volta per tutte. Manifesta la sua
solidarietà con noi cosicché è diventato “maledizione per noi” (Gal 3,13) e rifiuto: “Dio lo trattò da peccato in nostro favore” (2 Cor 5,21).

 

Matteo 10, 37-42
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “37 Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; 38 chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. 39 Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. 40 Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41 Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42 E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.

Matteo 10, 37-42
Il Vangelo di Matteo conclude il discorso missionario di Gesù riproposto nel capitolo 10, dando suggerimenti preziosi per i suoi inviati. I primi versetti (37-39) rivelano le esigenze fondamentali della scelta di Lui fino alla rinuncia dei legami familiari, fino alla rinuncia della vita fisica. Quattro sentenze che Gesù offre ai discepoli missionari mettono in guardia dai tradimenti e dalle illusioni, declinando passo passo la vita come responsabilità. I problemi e gli affetti sviluppano dipendenza e Gesù sa che, a volte, la scelta radicale di Lui comporta difficoltà. Al versetto 35 Matteo ricorda la drammatica situazione della crisi familiare quando qualche membro diventa cristiano e non viene capito dalle persone che vivono nella stessa casa: “Sono venuto a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre”. Prendere la croce” rimanda alla tragica processione che il mondo romano svolgeva quando un pericoloso ribelle dell’impero veniva condannato. Passava tra la gente, ingiuriato e rifiutato, senza scampo. Il credente è invitato ad una coerenza che può farlo giudicare e condannare come traditore e pericolo per l’impero. “Trovare la vita” significa cercarla e conservarla confidando nelle proprie forze. Questo porta alla distruzione. Gesù, invitando a cercare i valori più alti, conclude il messaggio, da vivere e da portare, per i suoi. Quindi comincia l’ultima parte in cui valorizza il missionario che va in una comunità per essere d’aiuto: si parla di profeti (predicatori itineranti), di apostoli, di giusti e di «piccoli» (fratelli bisognosi di assistenza). Gesù invia definendo tre livelli di presenza: dal discepolo a Gesù, da Gesù a Dio. Nell’inviato c’è tutta l’autorità di Gesù che fa da mediatore e sostiene. In due versetti viene ricordato 6 volte il termine “accogliere”: indica un numero non finito in sé né completo, per cui la casistica, nel corso della storia, può avere molte altre occasioni per essere disponibile. L’accoglienza si allarga ai missionari e ai bisognosi e così la dimensione missionaria si unisce alla dimensione della carità fraterna.