
XI DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
15 giugno 2008
Matteo 9,36 - 10,8
Riferimenti : Esodo 19, 2-6a -Salmo 99 - Romani 5, 6-11
Esodo 19, 2-6a
Nel libro dell’Esodo il racconto ricorda che i
figli del popolo d’Israele sono accampati “davanti al monte”,
radunati come sotto la protezione di una madre. Hanno
abbandonato l’Egitto e si sono messi in marcia verso una meta
ignota: la terra promessa. Non l’hanno ancora vista e tuttavia
sanno che esiste ed è pronta ad accoglierli come il nuovo
popolo, poiché il Signore lo ha promesso. Hanno superato paure
infinite, inseguiti dall’esercito di Faraone, e sicuri di una
morte violenta. Mosè, tuttavia, con la forza di Dio li ha
portati in salvo. Ora sono a metà strada tra la schiavitù e la
nuova terra, e così il Signore chiede loro che cosa vogliono
fare. Li ha liberati, ma ora è necessario che la loro libertà
prenda una direzione e quindi faccia una scelta. “Avete visto
che vi ho salvato in modo impensabile. Vi ho sollevato su ali di
aquila. Ora sapete con chi avete a che fare. Diventerete i
primogeniti tra i popoli, sarete la mia eredità che perciò
scelgo e difendo contro tutti. Ma è necessario fare un patto con
voi: che cioè ascoltiate la Parola e sappiate custodire
l’Alleanza. - La Parola di Dio diventa la linea di condotta e la
legge su cui misurarsi.
- Il comportamento vi farà diversi dai popoli e quindi
stringerete l’Alleanza con me: sarete i miei sacerdoti che
veramente daranno culto a Dio con il loro stile di vita. Ci sarà
un rapporto unico”. |
Romani 5, 6-11
Nella lettera ai Romani San Paolo sviluppa il
versetto precedente al testo qui riportato (5,5) “La speranza
poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.
Perciò, dice Paolo, Dio, certamente, ci vuole bene, ma abbiamo
bisogno di capire che cosa significhi. Siamo stati liberati dal
male e continuiamo nella nostra fatica e nella nostra debolezza.
Sembra proprio che non sia capitato nulla dentro di noi. Eppure
il Signore ci ha garantito una novità di cuore. Si è forse
dimenticato? E’ rimasto deluso? Dio ci ha amato, poiché “quando
ancora eravamo peccatori, Cristo è morto per noi”. La verifica
perciò non sta nel miglioramento che possiamo controllare, ma
nella garanzia di un amore gratuito di Gesù, “quando ancora
eravamo peccatori”. Perciò, ancor più oggi, siamo salvati con la
sua vita e la sua offerta. Così possiamo, pur nella nostra
debolezza, gloriarci di Dio per Gesù che ci ha riconciliato e
quindi continuiamo ad essere accolti ed amati. Egli non si
stacca da noi. Solo noi
possiamo staccarci da Lui. La nostra garanzia è Gesù. E perciò
il senso della vita salvata, il valore di ciascuno, la
“misericordia” (ricordiamo il testo di Osea,
6,6: “Misericordia voglio e non sacrificio) la speranza nel
Signore come la fede di Abramo aprono orizzonti di fiducia. |
Matteo 9,36 - 10,8
9 ,36
Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come
pecore senza pastore. 37 Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma
gli operai sono pochi! 38 Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai
nella sua messe!». 10,1 Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere
di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e
d'infermità. 2 I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro,
e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovannisuo fratello, 3 Filippo e
Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, 4 Simone
il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì. 5 Questi dodici Gesù li inviò
dopo averli così istruiti: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città
dei Samaritani; 6 rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa
d'Israele. 7 E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. 8
Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Matteo 9,36 – 10,8
Il Vangelo di Matteo ci immette in un lungo discorso di Gesù (il secondo su
cinque), avente come tema la missione. Gesù ha compassione delle folle che lo
inseguono ovunque: folle stanche, sfinite, pecore senza pastore. La compassione
traduce la sofferenza delle viscere (nel testo greco) e lo si trova 5 volte nel
Vangelo di Matteo. E’ come dire che Gesù, vedendo le folle, sente un crampo allo
stomaco o qualcosa del genere. Così propone la preghiera al padrone della messe
ormai matura. Questa opera non si sviluppa se non con la forza di Dio. “Allora
disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate
dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!». Da sempre, nel
nostro immaginario cattolico, il collegamento con questo passo fa ripensare al
compito dei sacerdoti. Si dice che gli operai nella Comunità cristiana sono loro
e si prega per le vocazioni, angosciati che diminuiscano. Ma qui si parla di 12
inviati e il 12 richiama un popolo non una singola tribù, come quella
sacerdotale di Levi, per esempio. Il brano va letto con il coraggio di saper
individuare nell’operaio della messe il credente adulto, sia esso vescovo,
sacerdote o laico, inviato in un mondo, sofferente e maturo insieme, disponibile
per accogliere la Parola di vita. Nel frattempo, però, questa umanità è una
realtà senza vita, senza orizzonti, senza entusiasmo. La preghiera, allora, è
interpellare il Signore perché il cuore dei credenti si apra ancor di più e
inizi un nuovo rapporto con i vicini, nel mondo. Gesù, ai 12, consegna il potere
di lottare contro il male fisico e interiore per ricostituire una persona
pienamente libera. Nella cultura del tempo, ogni malattia richiamava il potere
di Satana e viceversa. La commozione di Gesù e il bisogno dell’umanità
sofferente lo fanno decidere ad una collaborazione impensata. Consegna ai 12 gli
stessi suoi poteri perché la liberazione, che Egli ha cominciato, continui nei
secoli. “Li istruisce e li manda”: l’attrezzatura è la consapevolezza del
messaggio nuovo di Gesù. E’ ciò che conta. I confini sono inizialmente la
conferma che il Signore è fedele alla sua Parola ed elegge Israele come i
profeti avevano garantito. Dopo la risurrezione i confini si allargheranno “fino
ai confini della terra”. Compito dei discepoli è predicare la Parola e compiere
i 4 frutti della Parola di Dio: guarire, risuscitare, sanare e liberare. A
conclusione non ci può essere che la gratuità poiché i poteri di Gesù non sono
proprietà del popolo, ma doni di Dio perché possano fruttificare come dono ad
altri. Solo la gratuità può costituire una catena che non si ferma e può
garantire un richiamo alla potenza di Dio. E’, in ogni tempo, il grande problema
della Chiesa. «Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione». Termine di una
carica infinita, bellissima. Gesù prova dolore per il dolore del mondo. Infatti:
«La messe è abbondante», ma non per la quantità di persone, ma perché germina
nel mondo un grande raccolto di stanchezze, di spighe gonfie di lacrime, una
messe di paure come di pecore che non hanno pastore. Nei campi è ormai tempo di
mietiture: il grano ha raggiunto il colore del pane. Così il patire dell'uomo ha
raggiunto l'altezza del cuore di Cristo. Ed ecco la risposta: un sentimento di
compassione, il ministero della pietà. Ed è questo suo stesso apostolato che
Gesù affida ai discepoli. Li fa operai di un lavoro che descrive con sei verbi:
predicate, guarite, risuscitate, sanate, liberate e donate. C'è il ministero
della predicazione apostolica, al primo posto, ma subito unito al ministero
della pietà divina, e in un rapporto sbilanciato, di uno a cinque. Il lavoro nel
campo del Signore si esprime in gesti concreti, in cinque opere che mostrano
come «il Regno dei cieli si fa vicino» a chi ha il cuore ferito, e in una sesta
opera che proclama la vicinanza di Dio. Il discepolo è chiamato a prendersi cura
della causa di Dio insieme alla causa dell'uomo, ad aver cura di greggi e di
messi, di dolori e di ali, di un mondo barbaro e magnifico. «Pregate il signore
della messe perché mandi operai nella sua messe». Noi interpretiamo subito
queste parole come un invito a pregare per le vocazioni sacerdotali. Ma l'invito
di Gesù dice molto di più: è offrirmi a Dio perché mandi me come operaio della
compassione, mandi me come lavoratore della pietà, mandi me con un cuore di
carne a mangiare pane di pianto con chi piange, a bere il calice di sofferenza
con chi soffre, a lottare contro il male. Mandi me, con mani che sanno
sorreggere e accarezzare, asciugare lacrime e trasmettere forza, e dire così
Dio. La messe è abbondante. Lo sguardo positivo del Signore sorprende ancora il
nostro pessimismo: «la messe è scarsa, le chiese semivuote». Lui vede altro:
molto grano che cresce e matura, vede che il seme è buono, il terreno e la
stagione e l'uomo sono buoni; la storia sale " positiva " verso un'estate
profumata di frutti. Dio guarda e vede che ogni cuore è una zolla di terra
ancora atta a dare vita ai suoi semi divini che in noi crescono, dolcemente e
tenacemente, come il grano che matura nel sole. |