XIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
6 luglio 2008

Matteo 11, 25-30
Riferimenti : Zaccaria 9,9-10 - Romani 8,9.11-13

Zaccaria 9,9-10
Il profeta Zaccaria si colloca probabilmente nel IV secolo a.C. e si rivolge ad un popolo scoraggiato e vinto. Con una certa verosimiglianza sono mescolati anche poveri delusi, fuggiti da popoli stranieri. Tutti sono sognatori di interventi divini che però non trovano riscontri nella realtà. Il popolo vive a Gerusalemme e sui territori limitrofi, ma non sente di avere particolare identità e significanza. Suddito di un regnante pagano che viene dal mondo ellenista, dopo la conquista di Alessandro Magno, non si ritrova più nelle profezie poiché non ha più un re e non è sorto all’orizzonte nessuno come un degno successore di Davide. Zaccaria invece parla di un re che viene. E’ già in campo e combatte i popoli nemici. Poi finalmente entra nella sua città santa. Ma non tornerà a capo di un esercito con una terribile cavalleria capace, di calpestare i nemici e così mostrarsi vincitore. “Entrerà umile cavalcando un asino”. E’ vero che gli ebrei avevano sognato una potente cavalleria, avevano immaginato tante alleanze tra potenti (che si concludevano con matrimoni) e avevano atteso tanto oro e danaro (Dt17,16): l’orizzonte della potenza del re si misurava sull’esercito, sulle mogli e sull’oro. Ma il tuo re sarà vincitore e combatterà la guerra per portare la pace. C’è una grandezza più alta della vittoria con le armi ed è spezzare le armi. Solo così il re della pace entrerà nella città santa e dominerà nella pace. Si parla di confini immaginari che sono però i confini del mondo allora conosciuto, mai raggiunti da Israele: dal mediterraneo al golfo Persico, dal fiume Eufrate fino ai confini del mondo.
Romani 8,9.11-13
San Paolo, ripensando alla risurrezione di Gesù ed al battesimo che ci unisce al Risorto, vuole riprendere le conseguenze morali che evidenziano un cuore nuovo, scelte mature e diverse da quelle correnti, progettualità che, nonostante la morte, provoca la fiducia di una vita “altra”. Chi permette un cambiamento radicale della persona e nuovi stili di vita è lo Spirito del Signore. “Lo Spirito abita in voi”. Ha trovato casa in ciascuno dei credenti come i Gesù e ci riporta allo stesso suo splendore. La risurrezione ha capovolto i criteri della vita, i sentimenti, le paure e quindi le scelte, le dinamiche, le speranze. Lo Spirito potrà provocare lo stesso miracolo di grazia che è avvenuto in Gesù. Lo sguardo verso la morte viene trasformato in fiducia, in attesa, in consapevolezza. Un popolo che rimette in discussione i parametri della morte, del potere, dell’ingordigia, trova la strada per vivere.

 

Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. 26 Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. 27 Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. 28 Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime
 

Matteo 11, 25-30
Matteo è giunto al racconto di un momento di difficoltà per il gruppo che segue Gesù poiché, proprio in Galilea, dove è sorto un grande entusiasmo per Lui e molti lo seguono. Il messaggio non accontenta più quelli che sperano in una rivoluzione che finalmente porti grandezza ad Israele. Molti discepoli hanno abbandonato Gesù (Gv 6,66) e perfino i suoi familiari ne sono diffidenti (Gv7,5). Solo un gruppetto di gente, assortita tra le classi povere e poco riconosciute della società giudaica, (Gv6,67-69) è rimasto con Lui: “Signore, dove andremo?”. Seguendo il disegno del vangelo di Matteo, al progetto di Gesù (“il discorso delle beatitudini capp. 5-7) sono seguiti i 10 miracoli della e. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». liberazione (capp. 8-9). Così, dopo aver ascoltato Gesù e aver visto i suoi gesti, il suo dire e il suo fare, i discepoli (i 12) sono il nuovo popolo di Dio inviato a rinnovare la terra. Sono loro gli operai della messe, i credenti adulti. Essi mietono ciò che Dio ha sviluppato. Il cap. 11° è il brano della crisi. Il racconto incomincia con le difficoltà di fede di Giovanni Battista incarcerato, che manda i suoi discepoli a chiedere: “Sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo aspettare un altro?” (Mt11,3). C’è quindi il pesante giudizio da parte di Gesù sulla sua generazione (Mt11,16-19) ed escono dalla sua bocca le minacce alle piccole città di Corazin e Betsaida: “Guai a voi” (Mt11,24). Ma, a questo punto, Gesù si rallegra e ringrazia il Padre: è il testo del Vangelo di oggi. E’ una preghiera, una benedizione che ogni ebreo, spontaneamente, innalza a Dio davanti a situazioni e fatti. Gesù benedice ed è una delle poche preghiere di Gesù che conosciamo: “Ti benedico, o Padre, perché sveli i tuoi segreti ai piccoli”. I semplici, i piccoli, i poveri non giocano con le parole e con i cavilli.Hanno bisogno di liberazione, di parole forti, di protezione


Strada ne deserto da Gerusalemme a Gerico,
ove Gesù ambientò la parabola del Buon Samaritano

 sicura, poiché sono coloro che cercano, sperano, soffrono e piangono. Il Padre raccoglie gli sbandati, il Figlio, Gesù, si ferma a mangiare con i peccatori (Mt11,19), con chiarezza ricorda che “i peccatori e le
prostitute vi precederanno nel regno” (Mt21,31). La rivelazione che Gesù offre è la conoscenza del Padre, cioè esperienza profonda e impensabile, unica, che Egli porta nel cuore e che è disposto a condividere con chi gli è amico.
I piccoli e i poveri ricevono dai sapienti e dai saggi di Israele una religiosità complessa e difficile. Dai sapienti d’Israele sono state moltiplicate regole e leggi a tal punto da rendere impossibile la pratica religiosa. I piccoli ed i poveri sono abbandonati a se stessi, costretti come schiavi in ceppi religiosi senza speranza e si sentono perciò necessariamente maledetti. Essi sanno di essere incapaci di servire Dio secondo le tantissime leggi per la vita stentata e faticosa
che svolgono. Gesù parla di una legge nuova (giogo), non tanto più facile e tranquilla, ma capace di giungere all’essenziale, senza disperdersi in prescrizioni inutili. E’ il giogo che Gesù stesso ha portato e quindi: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Egli sta dalla parte dei piccoli, dei rifiutati, dei poveri senza valore.Perciò quale Dio noi cerchiamo?