
La bellezza di Dio,
tesoro della vita
XVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
27 luglio 2008
Matteo 13, 44-52
Riferimenti : 1 Re 3, 5.7-12; Salmo 118; Romani 8, 28-30;
Re
3,5. 7-12
Salomone sale giovanissimo al
trono dopo le tragedie della famiglia del re Davide (sono morti
tre figli del re negli intrighi di palazzo e c’è stato anche il
tentativo di detronizzare il padre da parte di alcuni di loro,
per es. Assalonne). Ormai, finalmente, il mondo attorno ai
confini è stato rappacificato, i nemici storici di Israele sono
ricondotti alla sudditanza e una gran parte del territorio vive
sotto una specie di alto protettorato per cui Israele ha
raggiunto il massimo del proprio sviluppo. Tuttavia Salomone si
sente fragile e teme per il suo compito che è quello di
governare con giustizia. Sono necessarie la sapienza e quindi la
conoscenza dell’animo umano, la sottomissione alla legge di Dio
rettamente interpretata, la coerenza, la pazienza di capire e la
prudenza nel decidere. Salomone esprime nel sonno il suo più
profondo desiderio: “Io sono solo un ragazzo… Concedi al tuo
servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male”. La richiesta
piace al Signore poiché, pur potendo scegliere qualunque cosa,
sceglie di rappresentare visibilmente Dio nella giustizia verso
il “tuo popolo” (questo è il compito del re in Israele:
“manifestare la giustizia di Dio ad un popolo che non è
proprietà del re ma del Signore”). In tal modo spera di dare
garanzie e di offrire fiducia al popolo. Il Signore gli darà, in
più, quello che non ha chiesto: ricchezza e gloria. Ma Salomone
non ha neppure domandato la cultura o la scienza che scandaglia
i misteri dell’universo. Egli prega per avere la capacità di
governare, perciò interpella Dio per una saggezza politica che è
rispetto e sostegno dei valori dell’uomo e di ogni suddito. |
Romani 8, 28-30
Un breve ma difficile testo ci
propone di meditare sulla scelta che il Signore ha fatto con
noi. La parola che ci disorienta è “predestinati”. Essa, negli
ultimi secoli, ha fatto infinitamente discutere, arrivando a
pensare che Dio decida chi debba esser salvato e chi no, chi
accogliere nel Regno e chi maledire, indipendentemente da quello
che ha fatto. Il testo, invece, va letto con la visione propria
di Dio che è quella di amare ogni persona, destinata, ciascuna,
ad essere figlio/a di Dio. Perciò “predestinati” significa che
tutti gli uomini e le donne sono chiamati alla vita e amati,
prima ancora che essi possano fare o scegliere. Di questi alcuni
avranno la fortuna di conoscere ed apprezzare il Vangelo come
Parola nuova e di sentirsi chiamati a viverlo “a immagine del
Figlio suo”. Egli ci aggrega al suo popolo visibilmente (ci fa
“assemblea- Chiesa”) nel battesimo e perciò tutti noi, segnati
da questa vocazione a figli, ci sentiamo incoraggiati ad
assomigliare a Gesù e, come Lui, a portare questa magnifica
notizia e questo altissimo riconoscimento: tutti sono amati,
tutti sono preziosi agli occhi di Dio. Questo itinerario ci
porterà ad una visibile pienezza di vita ed alla glorificazione.
L’Evangelo che custodiamo nel cuore, questo amore garantito di
Dio, promette che tutti, anche i non credenti, saranno salvi se
cammineranno nella fiducia e nel rispetto dei valori in cui
credono (1 Tim2,4). |
Matteo 13, 44-52
In
quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli «Il regno dei cieli è simile a un tesoro
nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e per la gioia
che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo. 45 «Il regno dei
cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle; 46 e, trovata
una perla di gran valore, se n'è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e
l'ha comperata. 47 «Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in
mare, ha raccolto ogni genere di pesci; 48 quando è piena, i pescatori la
traggono a riva, poi si mettono a sedere e raccolgono il buono in vasi, e
buttano via quello che non vale nulla. 49 Così avverrà alla fine dell'età
presente. Verranno gli angeli, e separeranno i malvagi dai giusti 50 e li
getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti. 51
Avete capito tutte queste cose?» Essi risposero: «Sì». 52 Allora disse loro:
«Per questo, ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a
un padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose
vecchie».
Matteo 13, 44-52
Questo brano di Vangelo di Matteo chiude il terzo discorso di Gesù, impostato
sul Regno e riletto attraverso le 7 parabole, prevalentemente di stile agricolo.
Leggiamo così le tre ultime parabole e ci sentiamo porre una domanda. Prima
parabola. Capitava, o si favoleggiava, di trovare tesori, nascosti sotto il
pavimento delle case o nei campi. E la cosa non stupisce se pensiamo che le
frequenti guerre e scorrerie, spesso, facevano emigrare lontano la popolazione
e, per salvare la propria ricchezza, chi possedeva danaro o cose di valore li
nascondeva, sperando di tornare. Così, casualmente, mentre lavora la terra, un
contadino scopre un tesoro e, immaginando che sia il segno di immense ricchezze,
nasconde di nuovo ciò che ha scoperto per comperare tutto il campo. Il regno di
Dio ha un grande valore e lo si scopre, spesso, per caso. Ma quando avviene, non
bisogna perdere tempo, restare dubbiosi o aspettare perplessi. Il Regno si è
affacciato alla tua vita. Agli altri le scelte possono sembrare pazze o almeno
strane. Ma va fatta una rivoluzione, bisogna cambiare orizzonti, rimettere in
discussione ciò che hai. Da adesso in poi l’unica ragione della tua vita, al
primo posto, è il Regno.
Seconda parabola. Se nella prima parabola si parla di una occasione
fortuita, la “parabola della perla” diventa invece il sogno di un commerciante
avveduto che vende tutto per comperare la perla. A quel tempo la perla
rappresentava il massimo della ricchezza, come ora si pensa ai diamanti.
Carattere comune alle due parabole è l’entusiasmo, la gioia di fare cose che
magari agli altri possono sembrare insensate, la spontaneità carica di attesa
trepidante e di novità. Terza parabola. Qui il racconto cambia totalmente
prospettiva. Probabilmente, con le reti a strascico vengono raccolti molti pesci
senza poterli selezionare all’inizio, ovviamente. La rete è la comunità dei
credenti che strappa dal maligno (il mare è il luogo della morte e del male per
gli ebrei). La pesca porta lontano dalla voragine e in piena luce, finalmente
l’umanità è salvata e non è più soggetta al maligno. Gesù pone una domanda
conclusiva su tutte le parabole e chiede la condivisione ai discepoli. Gli
rispondono di sì ed allora Gesù delinea il compito di ogni credente: “Bisogna
fare sintesi tra il patrimonio di valori che si sono maturati, la Parola di Dio
ricevuta, le proposte dei Profeti che si sono ereditate” (Gesù parla ad ebrei).
Tutto questo va confrontato con la presenza di Gesù nel mondo che svela sapienza
nuova, i progetti e i criteri impensati che sono stati rivelati e mostrati.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che
raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si
mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai
buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di
denti». Un contadino e un mercante trovano tesori. Lo trova uno che, in giorni
sempre uguali, occhi fissi solo al suo lavoro, per caso, si imbatte nella
sorpresa e nell'inaudito. Ben più del pane quotidiano. Lo trova uno che è
cercatore e navigante, per il quale è gioia la ricerca stessa: andare e ancora
andare, occhi che guardano oltre. Anche in giorni disillusi come i nostri, il
Vangelo osa annunciare tesori: l'esito della storia sarà felice, comunque
felice, nonostante tutto felice, perché nella nostra vita sono in gioco forze
più grandi di noi, perché il nostro segreto è oltre noi, perché nell'uomo è
posto un eccesso di desiderio e di attese, che niente fra le cose potrà
esaurire, ma solo qualcosa che viene da oltre, viene come dono immeritato. Come
un tesoro non si merita, ma si accoglie, allo stesso modo Dio non si merita, si
accoglie. Il protagonista vero della parabola non è il contadino, ma il tesoro:
parola così rara per dire Dio. Parola di favole, di innamorati, di romanzi; ma
anche parola di un Vangelo che riaccende tutte le speranze, rilancia tutti i
desideri. Protagonista vera della vita spirituale è la perla preziosa, capace di
convocare mercanti dagli angoli della terra, forza che da sempre ha fatto
partire discepoli del Nazareno verso i luoghi più sperduti del mondo. Tesoro e
perla sono nomi di Dio. Contadini, cercatori o discepoli, tutti avanziamo nella
vita non per decreto, ma per scoperta di tesori, perché «là dov'è il tuo tesoro,
là corre felice il tuo cuore». La vita umana non è statica, ma estatica: estasi,
movimento, esodo da sé, desiderio di unirsi all'oggetto d'amore. Se la gioia di
un innamoramento, di un «che bello!» a pieno cuore, non precede le rinunce,
queste non generano che tristezza, freddo, lontananza, consumazione del cuore.
La vita non è etica, ma estetica: avanza non per costrizione, ma per forza di
attrazione, per seduzione di tesori; per una passione che sgorga da una
bellezza, dall'aver trovato la bellezza di Cristo e del mondo come lui lo sogna:
Dio in me, pienezza d'umano, vita bella, estasi della storia, pace e forza,
sorpresa, incanto, orizzonte, caduta e risurrezione; altre vite dentro la mia
vita; un supplemento d'ali verso più libertà, più amore, più coscienza. Ma quel
dono deve diventare mia conquista. Allora lascio tutto, ma per avere tutto.
Vendo tutto, ma per guadagnare tutto. E il Vangelo porta una spirale di vita
crescente. (Letture: 1 Re 3, 5.7-12; Salmo 118; Romani 8, 28-30; Matteo 13,
44-52) |