XV DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
13 luglio 2008

Matteo 13, 1-23
Riferimenti : Isaia 55,10-11 : Salmo 64 :  Romani 8,18-23

Isaia 55,10-11
Il testo viene scritto, pare, in Babilonia, dove è cresciuta via via la nostalgia di tornare a Gerusalemme, fidandosi della Parola dei profeti. Sul desiderio e sull’attesa il tempo che passa smorza le speranze e fa crescere la delusione. Possibile che anche Dio prometta e poi non mantenga? Il profeta difende, allora, la Parola di Dio. Essa è come l’acqua e la neve che hanno forza in sé e scendono sulla terra e non ritornano in alto senza prima aver fecondato la terra che, perciò, germoglia e produce frutti, erba e grano. Il rapporto con la creazione, da parte di Dio, è facile: “Dio disse… e così avvenne” e tutto fu compiuto con 10 parole e quindi 10 comandi. Il rapporto con l’umanità è molto più complesso. La Parola di Dio non è mai impotente, sterile, insignificante; non è chiacchiera. Ma, dove scende, si misura con il terreno e con la nostra disponibilità e trova ostacoli e blocchi. E tuttavia non è mai inutile e non lascia nulla come prima. Alla fine “non tornerà senza effetto”. Il richiamo alle stagioni, ai ritmi, alle maturazioni ridefinisce la pazienza, l’attesa coraggiosa, la fedeltà. Dio non dimentica ma opera nel mondo e nella storia in modi sconosciuti, ma sempre rispettosi di libertà e responsabilità.
Romani 8,18-23
Nella lettera ai Romani S. Paolo medita sulla sofferenza che tocca tutta la realtà, ma sa misurare, nella sua fede, la grandezza della gloria futura che oltrepasserà il tempo presente. In questa sofferenza scaturita dal peccato dell’umanità si rimescola la tragedia di male e di morte di tutta la creazione, animata e inanimata, condannata alla “caducità”. E”caducità” può essere tradotta come “deterioramento, schiavitù, corruzione, decadimento”. Sono minacciati gli equilibri delle stagioni, la fertilità della terra, la pulizia dei mari, la sopravvivenza degli animali, la sanità dell’acqua e dell’aria, i ritmi della pioggia e del sole. Anche questa creazione attende di essere redenta, visto che è stata corrotta dal male dell’umanità, e teme di essere destinata alla distruzione. Eppure questa sofferenza non ha, come conclusione, la morte, ma la vita che passa attraverso le doglie del parto poiché Gesù ha riscattato dalla morte noi e quindi tutta la creazione. I cristiani perciò, mentre nella fiducia ricevono la forza di Dio e il Suo Spirito, utilizzano la ricchezza di grazia per rinnovare il mondo, per rigenerarlo, guarirlo dalla fragilità e dalla sterilità. Ogni intervento dell’umanità per custodire e migliorare il creato è grazia. Così tutti noi accompagniamo tutto il creato, che attende, per costituire “cieli nuovi e terra nuova” (Ap 21,1ss

Matteo 13, 1-23
1
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. 2 Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. 3 Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. 6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. 7 Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. 9 Chi ha orecchi intenda». 10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». 11 Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. 14 E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. 15 Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani. 16 Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. 17 In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono! 18 Voi dunque intendete la parabola del seminatore: 19 tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, 21 ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. 22 Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».

Matteo 13, 1-23

Matteo, nel terzo discorso di Gesù, riportato nel suo Vangelo, racconta 7 parabole poiché vuole svelare e approfondire la sua missione in rapporto alla instaurazione del Regno. Nell’utilizzare le parabole, Gesù si serve di un linguaggio semplice, accessibile a tutti, tolto dalla vita quotidiana , sviluppando, insieme, una verità complessa. Una domanda, tra tante, diventa sempre più frequente: “Perché il Regno di Dio trova sempre più ostacoli?” La parabola ha un suo particolare significato sulla bocca di Gesù poiché, rispecchiando culture condivise e, in particolare, usanze contadine, svela il mondo di Dio che è il suo mondo. La semina, in questo contesto, non viene fatta su un terreno arato in precedenza, come si fa normalmente, ma si svolge prima, quando ancora il campo è un insieme di sterpi, di spine, di viottoli praticati durante il periodo della mietitura precedente, di terreno sassoso. Poi si ara ed il terreno mostra la sua fertilità, anche se, nel frattempo, molto seme è andato perduto, tra la semina e la successiva sistemazione del terreno. Infatti poi vengono tolti i sassi, scompaiono i viottoli d’occasione, sono strappate le spine e quel campo, che si credeva incapace di far frutto, alla fine, produce molto. Nella piccola comunità ci sono delusioni, tutto appare inutile e, soprattutto, si ha la sensazione che la semente sia stata sciupata. Poi, quasi per miracolo il campo si arricchisce di abbondanza, molto, più del raccolto sperato. Gesù, infatti, non è avaro della sua presenza e della sua Parola. Gesù crede nella libertà e nel cammino di ciascuno. Gesù porta speranza. Nella spiegazione della parabola la Comunità cristiana si sente particolarmente interessata di una risposta morale. Mentre Gesù ha garantito una sovrabbondanza della sua Parola, la Comunità cristiana si sofferma piuttosto sul come accogliere questa Parola. L’analisi non è concentrata sui popoli che accettano o meno ma sul nostro mondo interiore. Così i quattro terreni esistono nel cuore di ciascuno: · un cuore chiuso, incapace di accogliere la novità di Dio, · un cuore incapace di fedeltà per cui l’entusiasmo si nsmorza quasi subito, · un cuore agitato nel voler rincorrere il successo e la ricchezza, · un cuore generoso che si apre al Signore. Ognuno di noi vive in situazioni diverse le diverse fasi dell’accoglienza e pone diversi ostacoli. Il Signore, tuttavia, non è lontano e può far fruttificare un campo difficile. Anzi Lui stesso trova difficoltà, come un seme gettato sulla terra e sembra naufragare, piccolo granello e fragile Parola. Ma Egli resiste e porta frutto: “Se il chicco di grano non cade in terra non muore, non porta frutto”(Gv 12,24).

Il seminatore uscì a seminare. Già solo questa frase vibra di gioia e di profezia, è colma di promesse e di mietiture, presagio di pane e di fame saziata. Ancora adesso Dio esce a seminare, e diffonde i suoi germi di vita a piene mani, e le strade del mondo e dell'anima esultano davanti a Dio, il fecondatore infaticabile delle nostre vite. Dio non è il mietitore che valuta e pesa il raccolto, ma è il seminatore: mano che dona, forza che sostiene, giorno che inizia, voce che risveglia. Ma quante volte io ho rallentato il corso del miracolo! Io che sono strada, io che sono campo di pietre e sassi, io che sono groviglio di spine, cuore calpestato, superficie di pietra, che coltivo spine e radici di veleno... Mi piace tanto questo Gesù che racconta in parabole: il seminatore uscì a seminare e il mondo è gravido di vita. La parabola fa parlare la vita. La vita non è vuota, non è assenza: c'è qualcosa di Dio nella vita. Se noi avessimo occhi per guardare la vita, se avessimo la profondità degli occhi di Gesù, anche noi in questa vita comporremmo parabole, racconteremmo di Dio con parabole e poesia, come faceva Gesù. Noi siamo chiamati ad essere contadini della Parola, a diffonderla, con l'ostinazione fiduciosa della parabola; con fiducia, perché la forza non è nel seminatore, ma nel seme; la forza non è in me, ma nella Parola. Che non tornerà a Dio senza aver portato frutto. Il seminatore uscì a seminare: oggi, questa mattina, adesso, esce ancora a seminare; ed è grande questo Dio seminatore, questo Dio contadino: è grande perché crede nella bontà e nella forza della Parola più ancora che nei frutti visibili. Crede nella Parola più ancora che nei risultati della Parola: è la Parola che è vera, non i suoi esiti. Egli mi chiama a un atto di fede purissima, a credere nella bontà del Vangelo più ancora che nei risultati visibili di quella parola, a credere che Dio trasforma la terra e le persone anche quando non ne vedo i frutti. Mi chiama ad amare la sua promessa più ancora della realizzazione della promessa, ad amare Dio più ancora delle promesse di Dio. Questo atto di fede gioiosa e forte, oggi, il Vangelo propone. Io non ho bisogno di raccolti, ho solo bisogno di grandi campi da seminare e di un cuore non derubato; ho bisogno di un Dio seminatore, che le mie aridità non stancano mai. E ancora le strade del mondo potranno esultare di vita. (Letture: Isaia 55,10-11; Salmo 64; Romani 8,18-23; Matteo 13,1-23; forma breve Matteo 13,1-9)