
Cristo, pienezza e futuro di ogni cosa
ASCENSIONE DEL SIGNORE
4 maggio 2008
Matteo 28, 16-20
Riferimenti : Atti 1, 1-11 Salmo 46- Efesini 1, 17-23
Atti
1, 1-11
Negli Atti degli Apostoli Luca
ricorda nei primissimi versetti (vv1, l-2) di aver già scritto
su Gesù nella sua opera precedente che è il suo Vangelo; qui
Luca ricorda che sta continuando a raccontare gli sviluppi della
risurrezione: le apparizioni del Risorto, le ultime istruzioni
agli apostoli e l’Ascensione al cielo. In tutto questo c’è un
messaggio profondo che spiega la continuità tra la missione di
Gesù e quella della Chiesa. I 40 giorni che passano dalla Pasqua
all’Ascensione rappresentano, secondo la simbologia dei numeri
in ebraico, come il tempo di un apprendistato per il
cambiamento, il tempo di preparazione come i 40 anni nel deserto
di Israele. E’ anche il tempo di una generazione. Il contenuto
di questo insegnamento riguarda il significato e la presa di
coscienza del Regno di Dio. Gesù ne parla mentre si mostra nella
risurrezione e mostra che in Lui Dio ha vinto la morte e l’ha
resa innocua. In un incontro di cena (festa, accoglienza,
comunione) Gesù invita a fermarsi a Gerusalemme per ricevere lo
Spirito Santo. Sarà come un battesimo, un bagno che immergerà
nello Spirito i discepoli, Ma essi continuano a sognare il regno
definitivo di Davide e lo chiedono come per avere una data.
Questa domanda, in fondo, rappresenta il fallimento della
comprensione di Gesù da parte dei discepoli. Ma Gesù si rifiuta
di accogliere la provocazione ma non si scoraggia. Sceglie
invece la strada del dono e del progetto. Non si tratta di stare
in un Regno ma di scavalcarne i confini per arrivare ad ogni
uomo in tutte le parti della terra. Così ogni uomo ha diritto,
sulla Parola di Gesù, di essere raggiunto dal messaggio di
salvezza. Poi Gesù è sottratto alla loro vista. “Salire al
cielo” ed “entrare nella nube” sono frasi già presenti
nell’Antico Testamento e indicano l’ingresso nella gloria di
Gesù risorto. Alla fine i due messaggeri (angeli) chiaramente
definiscono il tempo della storia: la lontananza di Gesù che si
fa presenza, l’operosità della chiesa, la storia sotto il segno
dell’attesa e del giudizio, il ritorno visibile di Gesù nella
gloria. |
Efesini 1, 17-23
S. Paolo, nella lettera agli
Efesini, dopo aver ringraziato il Padre per la fede e la carità,
presenti nei cristiani (vv 15-16), offre la sua preghiera per la
comunità credente. L’apostolo sta sviluppando il primato di Gesù
nel mondo e in questo brano particolare descrive il misterioso
piano di salvezza che unificherà giudei e pagani nell’unico
corpo di Cristo. In Lui, capo dell’universo e della Chiesa, Dio
ha dato un meraviglioso anticipo di quei beni celesti ai quali
tutti noi siamo chiamati a partecipare. Sorge allora spontanea
la preghiera che si apre sul presente e sul futuro,
sull’attuazione presente della vita cristiana e sulla gloria che
ci attende in vista della salvezza definitiva. L’apostolo invoca
prima di tutto il dono dello Spirito: questi condurrà alla
pienezza della vita di fede tramite il dono della sapienza e
della rivelazione. Questi doni consentono l’accesso all’intimità
con Dio. Lo sguardo poi si sposta alla realtà definitiva che può
essere conosciuta solo da una illuminazione dall’alto. Il
cristiano è chiamato ad avere pieno accesso al mistero di Dio
mediante Gesù. Questi si manifesta attraverso la Chiesa. In essa
si realizza la piena signoria di Colui che riempie tutte le
cose. |
Matteo 28, 16-20
16
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che
Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni
però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni
potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20
insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Matteo 28, 16-20
Il Vangelo di Matteo finisce con il testo della missione universale, chiave
di comprensione di tutto il libro. I discepoli hanno con Gesù un comportamento
nuovo: - alcuni “si prostrarono innanzi” esprimendo il riconoscimento della
dimensione divina - il dubbio di altri ricorda la difficoltà a sganciarsi
dall’esperienza precedente per accettare la risurrezione come l’intervento di
Dio nella storia. Si parla della Galilea: la regione in cui Gesù ha incominciato
la sua predicazione (4,23) e, secondo il profeta Isaia, la “Galilea delle genti”
doveva essere il luogo della nuova “luce della rivelazione”. E’ un luogo di
oscurità, dove si mescolano ebrei e pagani (le genti), un luogo di peccatori
dove non splende la legge. Eppure di qui incomincia il cammino della chiesa
verso le nazioni, dal mondo dei poveri e dei rifiutati, ma anche dal modo della
quotidianità e non dallo splendore o dal purismo. E’ difficile identificare il
monte, indicato da Gesù. Questo è il simbolo di particolare vicinanza con Dio.
Sul monte Gesù era stato tentato sulla regalità universale (4,8-10), sul monte
afferma di avere ricevuto i pieni poteri in cielo e in terra. Di fronte al
dubbio, Gesù interviene con la sua Parola per far maturare la fede: - dichiara
la sua autorità, origine del progetto missionario per tutti i popoli: “Andate
ovunque”; - comanda di “fare discepole” le nazioni. Non si tratta di
insegnamento ma di stabilire un rapporto nuovo tra maestri e discepoli in cerca
di una sapienza e una impostazione nuova della vita; - l’immersione nell’acqua
indica il cambiamento, la vita nuova, la pienezza che nasce dalla forza (“il
Nome”) di Dio Padre, Figlio e Spirito che aprono ad una esistenza diversa. -
Dopo il battesimo viene proposto l’insegnamento, in modo che ci sia una
testimonianza autentica sulla Parola e nello stile di Gesù. - A conclusione Gesù
garantisce la sua presenza. Nell’Antico Testamento Dio si manifestava attraverso
uomini da Lui scelti, attraverso la legge e attraverso il tempio. Ora questa
vicinanza è preannunciata, all’inizio, nel nome che si attribuisce a Gesù, in un
simbolismo carico di significati: Emanuele (Dio con noi - 1,23). Essa si attuerà
nella garanzia della presenza del Signore risorto.
È inutile inseguire quel volto, impossibile toccare quel corpo. È finito il
tempo degli incontri e dei nomi, quando egli diceva: «Pietro!», «Maria!»,
«Tommaso!» e sulle sue labbra i nomi parevano bruciare; finito il tempo del pane
e del pesce condivisi attorno allo stesso fuoco sulla riva del lago.
L'ascensione è la festa della sua presenza altrimenti: della sua presenza in
tutte le cose, in tutti gli uomini, in tutti i giorni. Gesù non è andato
lontano: è andato avanti e nel profondo. E chiama a pienezza gli uomini, il
tempo e le cose. Dice Paolo: «Cristo è il perfetto compimento di tutte le cose».
Cristo è la pienezza e il futuro di ogni cosa che esiste. Il mio cristianesimo è
la certezza forte e inebriante che in tutte le cose Cristo è presente, forza di
ascensione dell'intero creato, energia che alimenta la nostra esistenza e la
storia umana. Un aggettivo prorompe da Matteo e da Paolo: «tutto»: Andate in
tutto il mondo, a tutte le genti annunciate tutto ciò che vi ho detto, ogni
potere è mio, io sarò con voi tutti i giorni, tutto è sotto i suoi piedi. «Dal
giorno dell'ascensione abbiamo Dio in agguato all'angolo di ogni strada» (F.
Mauriac). C'è un sapore di totalità, un sapore di infinito, una pretesa di
assoluto, un superamento dei limiti di luogo, di materia, di tempo. Si apre la
dimensione del Cristo cosmico, non assenza ma più ardente presenza, sparpagliato
per tutta l'umanità, seminato in tutte le cose, fino a che alla fine dei giorni
sarà «tutto in tutti» (Col 3, 11). Non solo in me, in te o perfino nel cuore
distratto e in quello che si crede spento, ma Cristo è presente in tutte le
cose: nel rigore della pietra, nel canto segreto delle costellazioni, nella
forza di coesione degli atomi, per un nuovo cielo, per una nuova terra. Tutti i
giorni e tutte le cose sono ora messaggeri di Dio; tutti i giorni e tutte le
cose sono angeli e Vangeli. «E il divino traspare dal fondo di ogni essere» (Theilard
de Chardin). «Voi sarete miei testimoni», testimoni che dicono: noi dipendiamo
da una fonte che non viene meno; nella nostra vita è in gioco una forza più
grande di noi e che non si esaurisce mai. Il nostro compito è accogliere questo
flusso di vita che ci è consegnato. Accogliere e restituire " alle vene del
mondo, alle relazioni, al cuore limpido " tutto ciò che alimenta la vita e che
ha la sua sorgente oltre noi. |