
SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO
18 maggio 2008
Giovanni 6, 51-58
Riferimenti : Deuteronomio 8,2-3.14-16a - Salmo 147 - 1Corinzi
10,16-17 -
Deuteronomio
8,2-3.14-16a
Il Deuteronomio ripensa,
dopo alcuni secoli, la prova dell'Esodo e il cammino nel
deserto. Proprio nel deserto il popolo d'Israele ha fatto
l'esperienza pi?significativa e pi?profonda della sua storia e
qui ha compiuto l'Alleanza con il Signore che lo ha liberato e
che poi, nel faticoso pellegrinare, si ?fatto sentire vicino.
Egli lo ha liberato dai pericoli e gli ha permesso di
sopravvivere nonostante le difficolt?"in un deserto orribile,
con serpenti di fuoco, scorpioni, in un terreno arido privo di
acqua" (8,15). La mano di Dio ?stata sempre presente, offrendo
cibo, pane ed acqua. Ma in questa traversata del deserto,
lontano da luoghi conosciuti ed abitati, il Signore si ?
fatto educatore. Ha isolato il suo popolo per spingerlo a porre
la sua fiducia in Lui. Le umiliazioni e le paure, la fame e la
sofferenza possono disorientare, ma possono portare ad una
conoscenza pi?profonda, possono aprire orizzonti di fiducia e
di conoscenza sconfinati, possono diventare un'occasione
provvidenziale per cogliere l'amore di Dio e la sua
essenzialit? Cos?l'autore aiuta a percepire questa particolare
attenzione di Dio che sa educare attraverso la fatica delta vita
e, tuttavia, non abbandona di fronte alla necessit?affinch?
sfamandolo e dissetandolo, questo popolo percepisca il valore
della presenza di Dio, la sua Parola, la sua misericordia,
libert?e forza. Preoccupiamoci perci?del corpo, ma senza
dimenticare la fame e la sete dello Spirito. |
1Corinzi 10,16-17
San Paolo, nella sua prima lettera al Corinzi, sta cercando di
distogliere i credenti dal mangiare le carni offerte agli idoli
(pare fossero cosi tutte le carni vendute al mercato). Coloro
che siedono ai banchetti idolatrici desiderano conseguire una
vicinanza con la divinit?che l'idolo rappresenta: non si tratta
solo di mangiare ma di attuare, mediante il cibo, un
orientamento, un incontro e una presenza del divino nel fedele.
Per il cristiano ?lo stesso. San Paolo richiama il valore del
pane e del vino che non sono pi?elementi indispensabilmente
legati alla nutrizione, ma acquistano significati e richiami
nuovi: il calice della benedizione ?caricato di riferimenti al
sangue versato da Ges?sulla croce, il pane rende visibile e
presente il corpo di Cristo morto per la salvezza e l'unit?di
tutto il popolo. L'unico pane spezzato, come l'Agnello pasquale
condiviso da molti, rende tutti un unico corpo: cos?il Corpo di
Cristo diventa il corpo della Chiesa; i Cristiani che
partecipano all'unico pane diventano Corpo dato in offerta. Pi?
avanti, San Paolo completa dicendo che l'unit?del corpo ?
operata dallo Spirito nel Battesimo e nell'Eucaristia: "E in
realt?noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per
formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti
ci siamo abbeverati a un solo Spirito? (1 Cor 12,13). |
Giovanni 6, 51-58
Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivr?in
eterno e il pane che io dar??la mia carne per la vita del mondo?. 52 Allora i
Giudei si misero a discutere tra di loro: ?Come pu?costui darci la sua carne da
mangiare??. 53 Ges?disse: ?In verit? in verit?vi dico: se non mangiate la
carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la
vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo
risusciter?nell'ultimo giorno. 55 Perch?la mia carne ?vero cibo e il mio
sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in
me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il
Padre, cos?anche colui che mangia di me vivr?per me. 58 Questo ?il pane
disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi
mangia questo pane vivr?in eterno?.
Giovanni 6, 51-58
S. Giovanni, nel cap. 6 del suo Vangelo, dopo aver raccontato come Ges?
abbia sfamato le persone spezzando pochi pani e pochi pesci (vv 1-15), sviluppa
una lunga riflessione in due part? Esse sono segnate dalla dichiarazione di
Ges? "Io sono il pane di vita ". - la prima parte ?una catechesi rivolta ai
Giudei in cui Ges??presentato come la realizzazione del segno della manna nel
deserto e l'inizio d ei
tempi ultimi messianici (vv 26-50). - La seconda parte sembra una catechesi ai
cristiani per spiegare il senso della celebrazione eucaristica come nuova
esperienza pasquale che realizza il segno della Pasqua dell'Esodo (vv 51 - 58).
- La manna ?stato il cibo che Dio ha dato come garanzia della sua attenzione al
suo popolo. Dopo averlo liberato dalla schiavit?non lo abbandona, ma pur con
tutte le difficolt?lo sostiene nell'aspro cammino verso la terra dei Padri.
Questi per?sono morti. - Il nuovo cibo realizza definitivamente la promessa: la
carne e il sangue del Figlio mandato da Dio sono il nuovo sostentamento. Vengono
cosi ricordati l'amore infinito di Dio, la fedelt?e l'ubbidienza di Ges?che
muore, la preoccupazione di un alimento che sostenti il cammino difficile della
vita, la possibilit?di essere in comunione con il Padre nel Figlio in una
prospettiva di vita piena ed eterna. Tutte e due queste parti incominciano con:
"lo sono il pane di vita (vv 35 e 51) e finiscono con "i padri mangiarono la
manna e morirono" (vv 49 e 58). Viene usata la formula "Io sono", da Giovanni
come in vari contesti. E? richiamo al Dio del Vecchio Testamento poich?Ges??
come Javh? il vero salvatore del suo popolo. Ci sono anche testi bellissimi che
si rifanno a profeti e a libri sapienziali( vale la pena leggere Amos 8,11-12 e
Siracide 15,1-4). Un richiamo fondamentale ci viene dato, perci? dalla frase:
"Ges? pane d?vita": - ci ricorda l'umilt?del pane e quindi le cose piccole e
insignificanti, - ci aiuta a ritrovare l'essenziale prima del superfluo, - ci
sospinge verso la pienezza di presenza, - ci apre sulla dimensione quotidiana
quale ?il pane per l?alimentazione, - ci offre garanzia di vita com'?la forza
di Ges? - ci indirizza per un sostegno solido di esistenza anche se semplice e
insignificante, - ci accomuna attorno alla stessa mensa con il segno dei poveri,
- ci unifica in una sola realt?comune: un solo corpo.
Una parola scorre sotto tutte le parole di Ges? come una corrente
sotterranea, una nervatura delle pagine: ?vita?. Che hai a che fare con me, o
carne e sangue di Cristo? La risposta ?una pretesa perfino eccessiva, perfino
sconcertante: io faccio vivere! Incalzante certezza da parte di Ges?di
possedere qualcosa che inverte il corso della vita, orientandola non pi?alla
morte ma all'eternit? La sorpresa ?che Ges?non dice: ?Prendete di me la mia
sapienza?. Non dice: ?Bevete la mia innocenza, mangiate la santit? la divinit?
il sublime che ?in me, la giustizia assoluta, la potenza illimitata?. Dice
invece: ?Prendete la fragilit? la debolezza, la precariet? il dolore,
l'intensit?di questa mia vita?. Il mio Dio ?cos? conosce i sentimenti, sa la
paura e il desiderio, ha pianto, ha gridato i suoi perch?al cielo, ?stato
rifiutato dalla terra. Per questa sua fragilit??il Dio per l'uomo, con il suo
dolore ?il Dio per la vita mia fatta di germogli amari. Quasi un Dio minore, ma
?solo cos?che diventa il ?mio? Dio. Non si pu?giungere alla divinit?di
Cristo se non passando per la sua umanit? carne e sangue, corpo in cui ?detto
il cuore, mani che impastano polvere e saliva sugli occhi del cieco, lacrime per
l'amico, passioni e abbracci, i piedi intrisi di nardo, la casa che si riempie
di profumo e di amicizia, e la croce di sangue. I verbi ripetuti quasi in una
incantatoria monotonia " mangiare, bere " sono innanzitutto il linguaggio della
liturgia del vivere, di una Eucaristia esistenziale, della comunione totale con
Cristo. ?Nella comunione il cuore assorbe il Signore e il Signore assorbe il
cuore, cos?i due diventano una cosa sola? (Giovanni Crisostomo). E tu sei fatto
vangelo. E se sei fatto vangelo senti la certezza che l'amore ?pi?vero
dell'egoismo, la piet?pi?umana del potere, il dono pi?divino dell'accumulo.
Io mangio e bevo il mio Signore, quando assimilo il nocciolo vivo e appassionato
della esistenza di Ges?e mi innesto sul suo tronco che ?il suo modo di vivere.
Chi fa proprio il segreto di Cristo, costui trova il segreto della vita. A
questo mi conduce l'Eucaristia domenicale, dove il sublime confina con il
quotidiano, l'infinito con il perimetro fragile del pane e del vino, l?Dio ?
vicino a me che temo la solitudine e il dolore. Se solo lo accolgo, trovo il
segreto della vita.
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