
PENTECOSTE
Lo Spirito, vero cuore del mondo
11 maggio 2008
Giovanni 20, 19-23
Riferimenti : Atti degli Apostoli 2,1-11; Salmo 103; 1
Corinzi 12,3b-7.12-13
Atti
2, 1-11
Luca ricorda che la discesa dello Spirito Santo avviene “quando
sta per finire il giorno di Pentecoste (siamo alle nove del
mattino ma la giornata finisce al tramonto). E’ la festa delle
sette “Settimane” celebrata dopo 50 giorni (7x7) dall’offerta
delle primizie del grano e quindi dalla Pasqua. In origine si
celebrava la mietitura del frumento (Es 23,16), ma,
recentemente, era stata vista in collegamento alla promulgazione
della legge del Sinai. Il racconto di Luca sviluppa la discesa
dello Spirito Santo che rinnova i prodigi del Sinai e li supera.
I rapporti con Dio non si impostano più con la legge mosaica, ma
con l’azione dello Spirito che scende e trasforma ciascuno
secondo la parola dei profeti. Al fragore molte persone
accorrono e la prospettiva della universalità si definisce con
l’elenco di popoli a cui appartengono i primi interlocutori.
Sono però tutti ebrei o al massimo proseliti, cioè pagani di
nascita convertiti al giudaismo. La missione della Chiesa si
apre ad ogni popolo, cominciando da Gerusalemme. I discepoli
annunciano lo stesso messaggio di salvezza, ma lo Spirito lo
rende comprensibile a tutte le tradizioni e culture. Non è
perciò il ritorno alla lingua originaria di Babele (Gen 11,1-9)
che si rivelò strumento di dispersione in seguito alla
ribellione a Dio ma dono per realizzare un incontro di salvezza
per tutti gli uomini che sono resi capaci di udire e di
comprendere la proclamazione delle “grandi opere di Dio”. La
pluralità non è caos o incomprensione come al tempo della Torre
di Babele ma nell’unico Spirito il moltiplicarsi delle
espressioni e degli idiomi significa la ricchezza e il dono di
Dio. Egli fa incontrare la salvezza, mostrandosi ai popoli con
il suo volto sempre nuovo. |
1Corinzi 12,3b-7.12-13
S. Paolo costruisce la sua riflessione sui due poli dell’unità e
della diversità. Fondamentale per comprendere l’unità della
Chiesa è la professione di fede in Gesù: “Gesù è Signore” e
questo riconoscimento di Gesù come Dio è frutto dello Spirito.
In tale fede la comunità cristiana si organizza per ricchezza di
doni che fanno capo ad una persona divina: * i carismi
dicono la gratuità, unificati dallo Spirito che soffia dove
vuole, come il vento, * i ministeri (o diaconie)
ricordano l’impegno al servizio ecclesiale unificato da Gesù che
è il “servo” della Nuova Alleanza (Eb 8,2), * le operazioni
(energie) propongono la carica di vita proveniente e
unificata dal Padre. In questa comunità si possono riconoscere
molti doni e offerte che fanno superare distinzioni, barriere
sociali, razziali e che riconducono ad una chiesa ricca di
servizi, di progetti, di attenzioni. Particolarmente preziosa e
profonda deve essere la coscienza di tutti nella Chiesa: tutti
hanno qualche cosa di nuovo e di bello da portare: “A ciascuno è
data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità
comune”. |
Giovanni 20, 19-23
La
sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le
porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù,
si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro
le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse
loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».
Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo;
a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete,
resteranno non rimessi».
Giovanni 20, 19-23
Il Vangelo di Giovanni ricorda quel primo giorno dopo il sabato in cui Gesù
inizia la serie delle apparizioni. Egli si ritrova con i discepoli nel Cenacolo
e mantiene la promessa fatta (“Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma
vi
vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la
vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla” Gv 16,20-23). I suoi
amici invece, impauriti e frastornati, vogliono disperdersi. Il Signore ha
spalancato il sepolcro. Ora entra in una stanza, sbarrata dalla paura e dalla
tristezza, ed inizia con i discepoli prima un breve apprendistato di 40 giorni
in cui Gesù completa la loro preparazione e poi seguono nella preghiera e
nell’attesa altri 10 giorni, fino al mattino
 |
Il Cenacolo così com'è ora |
della Pentecoste. Finalmente
esplode la pienezza dello Spirito in cui anche le porte di questo sepolcro (il
Cenacolo) sono spalancate. Viene offerta la pace a loro che hanno nel cuore il
rammarico del tradimento e il tarlo della infedeltà. Nel brano di Giovanni di
questa domenica, la pace, più profonda di ogni peccato e violenza, è ristoro per
riprendere i progetti futuri e per far maturare quella fede che a Pentecoste
diventerà proposta a tutti. Ora è “deposta” nel cuore come “deposta” è nel
Battesimo. Ma è una fede “bambina”, che ha bisogno di maturazione, di diventare
adulta, confermata dallo Spirito, arricchita dalla Cresima, guarita e risanata
dalla grazia dello Spirito qualora ne abbia bisogno, per essere riconciliati con
il Padre. In questo testo si passa dalla visione di Gesù risorto al dono della
pace, - dalla pace alla missione mediante la prospettiva di rappresentare Gesù e
di portare la sua presenza, - dalla missione al perdono che viene dato per la
presenza dello Spirito. E’ il dono più prezioso che la Chiesa riceve ed ha il
compito di offrire poiché è sul perdono che si costituisce la comunità nella
fiducia e si instaurano rapporti nuovi, degni di Gesù. Gesù alita su di loro e
il gesto ci riconduce alla nuova creazione su questa umanità che desidera il
Signore. Lo stesso alito viene ricordato nel libro della Genesi (2,7) “Allora il
Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente”.
Lo Spirito: misterioso cuore del mondo, vento sugli abissi, fuoco del roveto,
Amore in ogni amore. Lo Spirito: estasi di Dio, effusione ardente, in noi, della
sua vita d'amore. Senza lo Spirito il cristianesimo non è che arida dottrina, la
Chiesa si riduce a organizzazione e codice, la morale a fatica sovente
incomprensibile, la croce a follìa, Cristo rimane un evento del passato. Oggi la
Parola esplora strade diverse, prova altri colori, accumula immagini per dirci
l'unica cosa indicibile: lo Spirito Santo, respiro di Dio dentro ogni cosa e
ogni figlio. Per dire l'umiltà dello Spirito Santo, che non ha neppure un nome
proprio, perché tutto Dio è Spirito, tutto Dio è Santo; che non sappiamo
immaginare se non per simboli, che gli conservino libertà, la libertà del vento,
cui nessuno comanda, che fascia le formule e forma le parole, ma poi passa
oltre. Sempre oltre è la sua dimora. Infatti viene lo Spirito, dice il Vangelo,
la sera di Pasqua, leggero e quieto come un respiro, come la pace: «alitò su di
loro e disse: ricevete lo Spirito Santo». Viene lo Spirito, nel racconto degli
Atti, cinquanta giorni dopo, come energia, coraggio, missione, vento che
spalanca le porte e parola di fuoco. Viene lo Spirito, nell'esperienza di Paolo,
come bellezza, talento, carisma diverso per ogni credente. Viene, nel salmo
responsoriale, eternamente: dall'origine e per sempre, in tutti i solchi
dell'esistenza, lo Spirito genera vita, là dove pareva impossibile, quando ti
sentivi finito e il tronco dell'esistenza non metteva più gemme, quando la
storia attorno sembrava un ventre invecchiato e sterile. Com'è possibile che li
sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Questo accade ancora, dentro
e fuori le chiese, perché lo Spirito si rivolge a ciascuno, direttamente al
cuore di ogni uomo, e in ciascuno «consolida la certezza più umana che abbiamo,
e che tutti ci compone in unità: l'aspirazione alla pace, alla gioia, all'amore,
alla vita» (Giovanni Vannucci). Consolida Cristo, pienezza dell'umano. Lo
Spirito conferma ciò che a tutti è caro, e cara a ciascuno diviene la sua
parola. Ma quanta fatica per uscire dal Cenacolo! Eppure lo Spirito si
ripropone, umile e risoluto, più forte della nostra fatica, vento che indica la
strada, riempie le vele, disperde le ceneri della morte e diffonde ovunque i
pollini della primavera. |