Alla festa del re senza l'abito nuziale
XXVIII Domenica Tempo ordinario - Anno A
12 ottobre 2008

Matteo 22,1-14
Riferimenti : Isaia 25,6-10a; Salmo 22; Filippesi 4,12-14.19-20

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza

Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.
Isaia 25, 6-10
Nel testo di Isaia, scritto dopo l'esilio, si profilano gli avvenimenti gioiosi della conclusione definitiva della storia: il raduno sul monte del Signore, il banchetto, l'instaurazione del Regno eterno. L'immagine di celebrare con un pranzo una vittoria viene qui sviluppata in un incontro universale fantastico: ci sarà un banchetto, organizzato da Dio, sul monte santo di Gerusalemme, a cui sono invitati tutti gli uomini a festeggiare la fine del mondo vecchio e malvagio.
- La salvezza è universale,
- si esprimerà nella comunione definitiva con Dio,
- nell'immagine del banchetto è richiamata l'esperienza umana che diventa la parabola di Dio con il suo popolo. Gesù userà spesso questo momento di gioia poiché ognuno è nelle condizioni di condividere con gli altri nell'intimità e nell’amicizia la propria pienezza di festa e di allegria,
- finalmente, nella sua rivelazione definitiva, incontreremo quel Dio che già è stato incrociato nella storia, ma nella difficoltà e nell'oscurità della fede e della speranza. Ora Egli, finalmente, è il trionfatore visibile sulla morte e sulla sofferenza. Egli si mostrerà, faccia a faccia, senza veli. Senza lacrime, finalmente, sarà il volto dei suoi fedeli.
Filippesi 4, 12-14.19-20
Nella lettera ai Filippesi Paolo, che si è sempre manifestato profondamente amico di questa comunità, ringrazia, alla fine del suo scritto, coloro che lo hanno sostenuto durante la sua tribolazione (parla, probabilmente, della sua prigionia ad Efeso negli anni 56-57). Egli poi si sente maestro e si propone come modello. Il valore dell'esistenza si imposta sulla forza di Gesù. Non nel successo e nella sazietà che non riempiono e neppure nella povertà e nella fame che riescono a scardinare ogni fedeltà. "Tutto posso in Colui che mi dà la forza". Quello che è stato un bene diventerà un aiuto per l'indigente poiché "Dio colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza in Cristo Gesù". Il richiamo "fame/sazietà" riconduce al banchetto nella casa degli sposi.
 

Matteo 22,1-14
In quel tempo, rispondendo 1 Gesù riprese a parlare in parabole ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse: 2 “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. 4 Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. 5 Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.10 Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.11 Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: 12 Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.

Matteo 22, 1-14
Il Vangelo di Matteo racconta una parabola di Gesù proposta ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo. Per l'evangelista, questa è la terza parabola che si innesta nella polemica finale di Gesù rispetto alle autorità religiose. Le tre parabole sembrano riferirsi a tre successivi momenti della storia della salvezza, contrassegnati, ciascuno, da un rifiuto; la parabola dei due figli (ci riporta all'accoglienza che si è sviluppata verso Giovanni Battista: 21, 28-32), la parabola dei vignaiuoli ribelli (coloro che hanno ucciso i profeti e uccideranno anche Gesù: 21,33-44) e la parabola del convito (la predicazione apostolica che riesce a farsi accettare dai piccoli e dai poveri, venuti da ultimo, e non dagli amici del re: 22,1- 14). Il significato di questa parabola ricorda che non basta una risposta di fede. Essa non deve restare al livello intellettuale di una formula, ma si sviluppa fino a renderla operosa. La parabola di Matteo è molto elaborata e rispecchia il rifiuto di Gesù a livello storico. Tuttavia vi si intravvede anche una riflessione sulle vicende della comunità cristiana del primo secolo: i primi invitati se ne sono disinteressati e l'invito è passato ad altri, provenienti dal mondo pagano e greco. Così la prima Chiesa è, in sostanza, rifiutata da coloro che hanno creduto per secoli nella Parola di Dio e si costituisce, così, in una mescolanza di ebrei e di pagani convertiti. L'ultima parte si riferisce a coloro che mantengono nella Chiesa una mentalità superficiale. Ci si fida dell'essere entrati nella sala, della frequenza dei sacramenti, di una moralità largheggiante e lassista e non ci si preoccupa della coerenza e dell'operosità. Nell'Apocalisse, Giovanni spiega il significato dell'abito nuziale offerto alla Sposa dell'Agnello: "La veste di lino sono le opere giuste dei santi" (Ap. 19,8b). Matteo spinge per la necessità di coerenza fra fede e vita; non basta essere entrato; anche dalla sala del banchetto si può essere cacciati "fuori, nelle tenebre".

 Tre immagini riassumono la parabola di oggi: la prima è quella di una sala vuota, preparata per una festa cui nessuno partecipa. In principio il dono; in principio un Dio inascoltato e ignorato che sogna una reggia piena di volti felici e di canti. Neanche Dio può restare solo. Il suo è come un esodo perenne in cerca dell'uomo, primo di tutti gli esodi da ogni solitudine. In principio un Dio che ha bisogno di dare per essere Dio, che dall'eternità celebra il rito dell'amicizia: «Andate per le strade e quelli che troverete, buoni e cattivi, chiamateli». Disposto perfino a stare in compagnia di gente non all'altezza, inadatta, sbagliata o cattiva. E noi ci aspettavamo che accanto a Dio potessero sedere solo i buoni, i senza peccato, i puri, i meritevoli. Ma Dio non si merita, si accoglie! «E la sala si riempì di commensali». Il paradiso non è pieno di santi, ma di peccatori perdonati, di gente come noi. La seconda immagine è quella delle strade. Se il dono non è accolto e le case si chiudono, il Signore apre strade lungo le siepi. Sono le strade percorse dai servi, ma prima ancora dagli invitati che se ne vanno al proprio campo e ai propri affari. La strada è il simbolo della libertà delle scelte: alcuni le percorrono verso la festa, altri verso i campi e gli affari. In queste poche parole è nascosto il motivo del rifiuto: gli invitati sono troppo impegnati per avere il tempo di vivere, seguono una logica mercantile e contabile, estranea alla gratuità del tempo e del dono. Così siamo noi: pronti a dare a Dio qualcosa in cambio di qualcosa (preghiere in cambio di aiuto) ma non a dare e ricevere gratuitamente amicizia. Non ad amare riamati. La terza immagine è quella dell'abito nuziale. L'uomo che non l'ha indossato non è peggiore degli altri, buoni e cattivi si confondono nella sala stracolma. Ma lui non si confonde con gli altri: isolato, separato, solo, non può godere la festa perché non porta il suo contributo di bellezza. Forse quell'uomo non ha creduto al re: non è possibile che un re inviti a palazzo straccioni e vagabondi. Ha la mentalità di quelli che hanno rifiutato, è lì come se fosse altrove. È il dramma dell'uomo che si è sbagliato su Dio, che non immagina un Regno fatto di festa, convivialità, godimento. Cos'è l'abito nuziale? È Cristo: «rivestitevi di Cristo», passare la vita a vestirci e rivestirci di Cristo, dei suoi gesti e dei suoi doni.