XXXA DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
26 ottobre 2008

Matteo 22, 34-40
Rieferimenti Esodo 22, 21-27 - Salmo 17 - 1a di S.Paolo ai Tessalonicesi 1, 5-10

Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici

 

Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti impetuosi; già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali. Nel mio affanno invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, al suo orecchio pervenne il mio grido La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei monti, si scossero perché egli era sdegnato. Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, fosca caligine sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di velo, acque oscure e dense nubi lo coprivano. Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi con grandine e carboni ardenti

 

Esodo 22, 21-27
Nel libro dell’Esodo leggiamo alcune norme del cosiddetto "Codice Dell'alleanza": piccola raccolta di leggi che riguardano la vita privata e pubblica di un buon ebreo. In questo caso sono stati scelti quattro articoli che ripropongono la morale sociale per problemi che toccano categorie deboli della popolazione: esse sono difese dal diritto, e in caso di sopraffazione, sono difese addirittura da Dio stesso. - la difesa del forestiero (membro di un'altra tribù o paese che abita stabilmente in Israele) era sacrosanta "poiché voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto". Se nell'antico oriente una certa difesa era affidata ai responsabili della comunità, in Israele l'impegno della loro tutela era demandato ad ogni cittadino, - l’orfano e la vedova avevano bisogno d'appoggio contro il sopruso degli sfruttatori. Dio è, in prima persona, coinvolto nella loro difesa fino ad applicare la legge del taglione: "io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà e vi farò morire dì spada”. - all’indigente non andava imposto nessun interesse poiché tra gli ebrei, a differenza di altri popoli, era proibito dalla legge: veniva ritenuto colpevole eoffensivo verso i membri del clan. - per comprensione dell'indigenza si doveva restituire il mantello, ricevuto in pegno, prima della notte: "il mantello è la coperta del povero". Con questa legislazione si fa strada quell'attenzione normativa indispensabile che ciascuno deve avere a somiglianza di Dio. Si aprono degli spiragli per capire poi le parole di Gesù.
1a lettera di S.Paolo apostolo ai Tessalonicesi 1, 5-10
Con la prima lettera ai Tessalonicesi S. Paolo si mette in contatto, attraverso uno scritto, con una comunità che ha saputo lottare con coraggio e con lucidità contro la paura: perciò si avverte la gioia ed emergono i ricordi di persone che si vogliono bene. Paolo è in pensiero per questa comunità perché aveva saputo di angherie e sopraffazioni da parte dei giudei e da parte del mondo pagano. Ma Timoteo lo ha pienamente rassicurato: i Tessalonicesi, seguendo l'esempio del Signore e l'esempio di Paolo, hanno visto crescere la loro gioia e sono diventati un modello vivente, una testimonianza concreta per il mondo greco. Ovunque si parla di loro. S. Paolo ne è soddisfatto e orgoglioso. Le ultime parole sono una sintesi del credo apostolico: i cristiani sono stati liberati dalla morte dell'idolatria e sono entrati al servizio del Dio vivente che ha ridato la vita a Gesù e, attraverso Lui, anche a coloro che attendono il suo avvento glorioso. 

Matteo 22, 34-40
In quel tempo, i farisei,34 udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e 35 uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36“Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?”. 37Gli rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.39 E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. 40 Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti”.

Matteo 22, 34-40
Il Vangelo di Matteo, dopo l'ingresso trionfale di Gerusalemme, presenta alcune situazioni polemiche di persone altolocate che contestano le proposte di Gesù con questioni pericolose e cavillose: attaccano la sua autorità (21,23-27), reagiscono ai suoi insegnamenti (21,28-22,14), tentano (in particolare i farisei 22,15-22) di screditarlo con la gente, proponendo il problema delle tasse per i romani mentre, infine, i Sadducei (22, 23-33) lo deridono sulla futura risurrezione dei morti. A conclusione delle polemiche riportate Gesù viene interrogato dai dottori della legge (22,34-40) sulla gradualità dei numerosi precetti giudaici. Gesù risponde con lucidità e sapienza, tanto da stupire i circostanti; in particolare, gli chiedono qual é il più importante comandamento tra tutti quelli della legge. Al tempo di Gesù la mentalità più rigida dei rabbini rifiuta ogni differenza tra i 613 precetti della Torah. Li ritiene, infatti, tutti ugualmente importanti perché contenuti nei primi 5 libri di Dio, scritti, secondo la tradizione, da Mosè. Altri invece distinguono tra precetti grandi, piccoli e minimi. Altri ancora sostengono che tutti i precetti sono contenuti nel comandamento di amare Dio (Deut. 6,4s.) e in quello di amare il prossimo (Lv.19,18). E quindi non vale la pena distinguere. Gesù, qualunque posizione voglia prendere, può essere accusato di poco rispetto alla legge. Chi lo interroga é "un esperto della legge": egli deve saggiare la sua preparazione e competenza. Gesù conosce discussioni e polemiche e usa una parola greca: "Krematai" che significa "appendere", richiamando così il gancio principale: "a questi due si agganciano (pendono) tutta la legge e i profeti". Sembra che Gesù non porti novità poiché, secondo i rabbini, il comando principale va scelto nella legge (Torah) (tra le 365 proibizioni: tante quante i giorni dell'anno otra i 248 comandi positivi quante le ossa umane secondo il loro computo). E Gesù sceglie proprio dalla legge una frase dal Deuteronomio e una dal Levitico. Ma l'elemento nuovo é nel passaggio dal primo al secondo ove si fanno luce reciprocamente e mostrano una straordinaria somiglianza tra l'amore di Dio e l'amore degli uomini. Esiste così un principio unificatore della legge: ogni persona é coinvolta nell'amore totale con Dio e, per questo, diventa portatrice del messaggio concreto della presenza di "Samaritani”. Il mondo ha bisogno più di "testimoni" che sappiano amare, che non di accusatori che denuncino. Ha bisogno di persone coraggiose che facciano entrare Dio nella 11 , loro vita e il prossimo nella loro fede.

Amerai con tutto" con tutto" con tutto" Per tre volte Gesù ripete l'appello alla totalità, all'impossibile. Perché l'uomo ama, ma solo Dio ama con tutto il cuore, lui che è l'amore stesso. Ripete due comandi antichi e noti, ma aggiunge: il secondo è simile al primo. Amerai il prossimo è simile ad amerai Dio. Il prossimo è simile a Dio, ha corpo, voce, cuore «simili» a Dio. Questo è lo scandalo, la rivoluzione portata dal Vangelo. Ama Dio con tutto il cuore. Eppure, resta ancora del cuore per amare il marito, la moglie, il figlio, l'amico, il prossimo e perfino il nemico. Dio non ruba il cuore, lo moltiplica. Non è sottrazione ma addizione d'amore. La novità del cristianesimo non è il comando di amare Dio: amano il loro Dio molti uomini, lo fanno i mistici di tutte le religioni. Neppure quello di amare il prossimo come te stesso è proprio del cristianesimo, presente com'è nel primo Testamento. La novità del cristianesimo non è l'amore, bensì l'amore come quello di Cristo. Gli uomini amano, il cristiano ama al modo di Gesù. L'amore è Lui: quando lava i piedi ai discepoli, quando piange per l'amico morto, quando esulta per il nardo profumato di Maria, quando si rivolge al traditore chiamandolo amico, e prega per chi lo uccide, e neppure il suo sangue tiene per sé, e ricomincia dai più perduti, e intende cancellare il concetto stesso di nemico. Amatevi come io vi ho amato. Non quanto, ma come; non la quantità ma lo stile. O rischiamo di esserne schiacciati. Impossibile amare quanto lui, ma possibile seguirne le orme, coglierne il sapore, il lievito, il sale e immetterlo nei giorni: come ho fatto io, così anche voi. Amerai. Tutto il nostro futuro è in un verbo, presentato però non come una ingiunzione, un secco imperativo, ma coniugato al futuro, perché amare è azione mai conclusa, perché durerà quanto durerà il tempo. Perché è un progetto, anzi l'unico. E dentro c'è la pazienza di Dio. Un futuro che traccia strade e indica una speranza possibile. Non un obbligo, ma una necessità per vivere, come respirare. Amare, voce del verbo vivere, voce del verbo morire. Cosa devo fare domani, Signore, per essere vivo? Tu amerai. Cosa farò l'anno che verrà, e poi dopo, per il mio futuro? Tu amerai. E l'umanità, il suo destino, la sua Storia? Solo questo: l'uomo amerà. Amare vuol dire non morire. Va' e anche tu fa' lo stesso. E troverai la vita.