Se il mondo nuovo inizia nelle relazioni quotidiane
XXIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO A
7 settembre 2008

Matteo 18, 15-20
Riferimenti : Ezechiele 33, 7-9 :
Salmo 94 : Romani 13, 8-10

Acclamateal Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza Riconoscete che il Signore è Dio egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome;
 
poiché buono è il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione. Gloria al Padre e al Figlio, e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Ezechiele 33, 7-9
Ezechiele è un deportato a Babilonia e vive tra gli esiliati della prima deportazione (598 a.C ). Mantiene, però, i contatti con Gerusalemme, ma a 10 anni dopo la prima deportazione, il piccolo regno di Giuda con la città di Gerusalemme si ribella e quindi viene sconfitto. Questa volta la desolazione è totale e la distruzione completa. Il Signore, nell'imminenza della distruzione, non ha parlato e quindi anche il profeta è rimasto muto. Ora però che Gerusalemme è caduta, Dio parla e quindi anche il profeta alza la voce. E se non può rivolgersi agli israeliti in patria perché ormai là non vi esistono più, deve parlare ai deportati, suoi connazionali, già presenti a Babilonia, poiché anche qui il popolo continua a provocare il Signore e non capisce ciò che è avvenuto. Il profeta è una sentinella. Il Signore vuole che Ezechiele lo capisca. E se può sembrare che attualmente il nemico del popolo sia addirittura Dio perché minaccia la totale dispersione, è perché Egli sa che il male, per se stesso, porta distruzione e vorrebbe risparmiarlo al popolo. Non è certo Dio a volersi vendicare. Anzi Dio parla e impegna il profeta a lanciare messaggi di attenzione. Non vuole prendere di sorpresa ma salvare. Il Signore continua a voler bene e impegna il profeta perché, divenuto parola sonora di Dio, sappia prevenire, sostenere, incoraggiare, educare. Anzi il profeta è obbligato a vegliare perché il Signore stesso vuole salvare attraverso lui. Il profeta deve avere amore per la pace, deve capire, sondare, prevedere e quindi aiutare a cambiare. Allora, se il profeta si sarà preoccupato dell'altro e avrà parlato chiaro, sarà scagionato dalla sventura del suo popolo. Altrimenti anche il profeta, se non avrà tentato di dissuaderlo, sarà punito perché anch’egli è responsabile della morte dell'empio.
Romani 13, 8-10
San Paolo è preoccupato del buon nome dei cristiani e perciò ha dedicato questo capitolo tredicesimo a consigli di saggio comportamento, insistendo nel proporre ai cristiani una coerenza di vita, il rispetto delle autorità civili, un rapporto corretto con la legge. Mentre i cristiani debbono assolvere tutti i doveri verso l’autorità civile e verso gli altri, c’è un solo debito a cui non potranno mai sottrarsi, comunque, ed è quello del voler bene: "Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge" (8). C'è però un comando particolare. Non si parla di amare i propri simili, ma si tratta di "amare l'altro". L'altro non è solo chi si conosce, né solo l'amico o solo il concittadino ma è chiunque, anche l'estraneo, anche lo sconosciuto. Il cristiano è capace di offrire pure ai nuovi, agli ultimi, ai diversi un riconoscimento di umanità. Così non si diminuisce il valore di ciascuno e il gesto di accoglienza è il miglior lasciapassare per sentirsi persone con uguale dignità, pur se diversi. L'amore è il più grande segno di appartenenza a Gesù ed è il vero principio rigeneratore per ricostruire la pace. 

Matteo 18, 15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15 Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. 18 In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo. 19 In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. 20 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».

Matteo 18, 15-20
Ci troviamo, nel Vangelo di Matteo, ad affrontare una complessa problematica che Gesù imposta proponendo un particolare stile nella comunità cristiana quando deve gestire alla luce della Parola di Dio i rapporti tra i credenti che sbagliano. Si fa, così, riferimento a interrogativi particolari: - chi è il primo, il più grande e il più piccolo?; - che cosa avviene se si sviluppa la tentazione di scandalizzare gli altri?; - e se qualcuno se ne va, che cosa si deve fare?; - come e quante volte bisogna perdonare? Il testo di oggi suggerisce un criterio di comportamento di fronte a chi sbaglia. Il versetto immediatamente precedente, qui non riportato, aiuta, però, a capire la linea di significati e le scelte: "Il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”(14). Il metodo che viene suggerito con chi ha sbagliato - vieta di raccontare, diffamare, umiliare l'altro poiché, in tal modo, diventerebbe irrecuperabile anche agli occhi degli altri oltre che ai suoi propri occhi. Questo è il motivo per cui il primo incontro deve essere personale e privato, a tu per tu. - Così possiamo intravvedere che non ci si debba illudere di essere a posto, semplicemente per il fatto d'aver detto la verità. Non è la verità il valore assoluto ma l'amore. - La diffamazione può annientare un uomo. - La verità può produrre, spesso, turbamenti, dissidio, rancori. A questo punto la verità può diventare menzogna. Non tutto ciò che è vero, e ciò che si sa, va raccontato. Soprattutto non va detta la verità a chi se ne vuole servire per fare del male. Gesù, suggerendo un primo incontro a tu per tu, mette le premesse perché l'altro non debba sentirsi ferito. Un secondo approccio può essere d'aiuto se, insieme con due o tre persone, sensibili, presenti e conosciute nella comunità cristiana, è più facile intervenire con discrezione. Va proposto un clima di attenzione, serenità e amicizia tanto da saper garantire che si vuol testimoniare a favore dell’altro, attraverso la manifestazione delle proprie disposizioni d'animo. Infine, se c'è un pericolo di difficoltà o di sconvolgimento per tutti, allora la persona che si è cercato di recuperare va considerata esclusa. Nonostante l'amore, la Chiesa deve sviluppare anche ruoli educativi e di testimonianza verso il mondo. Si tratta di chiarire a tutti ciò che ha valore agli occhi di Dio. Siamo alla responsabilità di "aprire-chiudere" per garantire la correttezza del comportamento secondo la volontà di Dio. La conclusione ci riporta all'impegno dello stare insieme. La pace e il rispetto ci allargano il cuore, prendendo consapevolezza che il Signore risorto è presente con i suoi e si unisce nella nostra preghiera al Padre. Si pone il problema di chi sbaglia e che non sa o vuole accettare neppure il confronto con la Comunità cristiana. A questo punto sia allontanato dalla comunità stessa. La volontà di salvarlo, però, deve restare nel cuore di ciascuno. Ognuno va "guadagnato" e non "perso" perché il Signore ama ciascuno. Nella conclusione, tuttavia, quando tutta la ricerca termina, come un lavoro svolto da persone esperte e coerenti, non ci si deve stancare di sperare. Perciò resta la preghiera che ha il potere illimitato di oltrepassare i muri, ascoltare e provvedere. La traduzione che leggiamo: "qualunque cosa" si rifà ad un testo che per sé significa "qualsiasi affare" e richiama il riferimento alla problematica di una comunità cristiana che si organizza e che vuole la massima collaborazione perché siano salvi tutti i fratelli.

Un ritornello risuona in ogni versetto di questo Vangelo: mai senza l'altro. Né isolamento, né questione di numeri, tutto inizia dall'incontro, dalla più piccola comunità: io-tu, due che si amano, la complicità festosa di due amici, una madre abbracciata al suo bimbo, due oranti, e Dio è lì, come il terzo fra i due, come forza di coesione del cosmo. Il Vangelo ci chiama a pensare sempre in termini di «noi». La costruzione del mondo nuovo inizia dai mattoni elementari io-tu, dalle relazioni quotidiane fondamentali. Quando un io e un tu si accolgono e diventano un «noi», il legame che si crea apre sul venire di Dio, è via di Dio. In principio, il legame. Anche in principio alla stessa Trinità. Il Vangelo pone una condizione: che il «noi» sia composto non per caso o per necessità, per violenza o per inganno, non nel nome di interessi o di paure, ma nel nome di Gesù. Il nome di Gesù è: passione d'amare, giustizia, pace, mitezza, limpido cuore. Il nome di Gesù è «fratello». Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo: Dio è un vento di comunione che ci sospinge gli uni verso gli altri. Se tuo fratello sbaglia, tu va', tu per primo inizia il cammino. Ma che cosa mi autorizza a intervenire nella vita dell'altro? La ragione è tutta in una parola: «fratello». Solo se porti la speranza e la gioia dell'altro, se hai assaporato le sue lacrime, se lo ami, allora sei autorizzato a intervenire. Non è la verità che mi legittima, ma la fraternità. Accetterò la tua verità purché si sposi con la tenerezza (E.Pound). Tutto quello che legherete sulla terra... Il potere di sciogliere e legare non ha nulla di giuridico, consiste nel mandato fondamentale di tessere nel mondo strutture di riconciliazione: ciò che avrete riunito attorno a voi, le persone, gli affetti, le speranze, lo ritroverete unito nel cielo; e ciò che avrete liberato attorno a voi, di energie, di vita, di audacia e sorrisi, non sarà più dimenticato, è storia santa. Ciò che scioglierete avrà libertà per sempre, ciò che legherete avrà comunione per sempre. Ma a che cosa serve la presenza di Cristo in mezzo a noi? Che cosa porta, che cosa genera? Cristo è la sorgente del rapporto buono con l'altro, la roccia solida su cui poggia la casa del mondo, la misura alta dell'io e del tu che diventano noi, quella forza di amare che «ti convoglia nello stellato fiume»