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Se il mondo nuovo inizia
nelle relazioni quotidiane
Matteo 18, 15-20
Matteo 18, 15-20 Matteo 18, 15-20 Ci troviamo, nel Vangelo di Matteo, ad affrontare una complessa problematica che Gesù imposta proponendo un particolare stile nella comunità cristiana quando deve gestire alla luce della Parola di Dio i rapporti tra i credenti che sbagliano. Si fa, così, riferimento a interrogativi particolari: - chi è il primo, il più grande e il più piccolo?; - che cosa avviene se si sviluppa la tentazione di scandalizzare gli altri?; - e se qualcuno se ne va, che cosa si deve fare?; - come e quante volte bisogna perdonare? Il testo di oggi suggerisce un criterio di comportamento di fronte a chi sbaglia. Il versetto immediatamente precedente, qui non riportato, aiuta, però, a capire la linea di significati e le scelte: "Il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli”(14). Il metodo che viene suggerito con chi ha sbagliato - vieta di raccontare, diffamare, umiliare l'altro poiché, in tal modo, diventerebbe irrecuperabile anche agli occhi degli altri oltre che ai suoi propri occhi. Questo è il motivo per cui il primo incontro deve essere personale e privato, a tu per tu. - Così possiamo intravvedere che non ci si debba illudere di essere a posto, semplicemente per il fatto d'aver detto la verità. Non è la verità il valore assoluto ma l'amore. - La diffamazione può annientare un uomo. - La verità può produrre, spesso, turbamenti, dissidio, rancori. A questo punto la verità può diventare menzogna. Non tutto ciò che è vero, e ciò che si sa, va raccontato. Soprattutto non va detta la verità a chi se ne vuole servire per fare del male. Gesù, suggerendo un primo incontro a tu per tu, mette le premesse perché l'altro non debba sentirsi ferito. Un secondo approccio può essere d'aiuto se, insieme con due o tre persone, sensibili, presenti e conosciute nella comunità cristiana, è più facile intervenire con discrezione. Va proposto un clima di attenzione, serenità e amicizia tanto da saper garantire che si vuol testimoniare a favore dell’altro, attraverso la manifestazione delle proprie disposizioni d'animo. Infine, se c'è un pericolo di difficoltà o di sconvolgimento per tutti, allora la persona che si è cercato di recuperare va considerata esclusa. Nonostante l'amore, la Chiesa deve sviluppare anche ruoli educativi e di testimonianza verso il mondo. Si tratta di chiarire a tutti ciò che ha valore agli occhi di Dio. Siamo alla responsabilità di "aprire-chiudere" per garantire la correttezza del comportamento secondo la volontà di Dio. La conclusione ci riporta all'impegno dello stare insieme. La pace e il rispetto ci allargano il cuore, prendendo consapevolezza che il Signore risorto è presente con i suoi e si unisce nella nostra preghiera al Padre. Si pone il problema di chi sbaglia e che non sa o vuole accettare neppure il confronto con la Comunità cristiana. A questo punto sia allontanato dalla comunità stessa. La volontà di salvarlo, però, deve restare nel cuore di ciascuno. Ognuno va "guadagnato" e non "perso" perché il Signore ama ciascuno. Nella conclusione, tuttavia, quando tutta la ricerca termina, come un lavoro svolto da persone esperte e coerenti, non ci si deve stancare di sperare. Perciò resta la preghiera che ha il potere illimitato di oltrepassare i muri, ascoltare e provvedere. La traduzione che leggiamo: "qualunque cosa" si rifà ad un testo che per sé significa "qualsiasi affare" e richiama il riferimento alla problematica di una comunità cristiana che si organizza e che vuole la massima collaborazione perché siano salvi tutti i fratelli. Un ritornello risuona in ogni versetto di questo Vangelo: mai senza l'altro. Né isolamento, né questione di numeri, tutto inizia dall'incontro, dalla più piccola comunità: io-tu, due che si amano, la complicità festosa di due amici, una madre abbracciata al suo bimbo, due oranti, e Dio è lì, come il terzo fra i due, come forza di coesione del cosmo. Il Vangelo ci chiama a pensare sempre in termini di «noi». La costruzione del mondo nuovo inizia dai mattoni elementari io-tu, dalle relazioni quotidiane fondamentali. Quando un io e un tu si accolgono e diventano un «noi», il legame che si crea apre sul venire di Dio, è via di Dio. In principio, il legame. Anche in principio alla stessa Trinità. Il Vangelo pone una condizione: che il «noi» sia composto non per caso o per necessità, per violenza o per inganno, non nel nome di interessi o di paure, ma nel nome di Gesù. Il nome di Gesù è: passione d'amare, giustizia, pace, mitezza, limpido cuore. Il nome di Gesù è «fratello». Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo: Dio è un vento di comunione che ci sospinge gli uni verso gli altri. Se tuo fratello sbaglia, tu va', tu per primo inizia il cammino. Ma che cosa mi autorizza a intervenire nella vita dell'altro? La ragione è tutta in una parola: «fratello». Solo se porti la speranza e la gioia dell'altro, se hai assaporato le sue lacrime, se lo ami, allora sei autorizzato a intervenire. Non è la verità che mi legittima, ma la fraternità. Accetterò la tua verità purché si sposi con la tenerezza (E.Pound). Tutto quello che legherete sulla terra... Il potere di sciogliere e legare non ha nulla di giuridico, consiste nel mandato fondamentale di tessere nel mondo strutture di riconciliazione: ciò che avrete riunito attorno a voi, le persone, gli affetti, le speranze, lo ritroverete unito nel cielo; e ciò che avrete liberato attorno a voi, di energie, di vita, di audacia e sorrisi, non sarà più dimenticato, è storia santa. Ciò che scioglierete avrà libertà per sempre, ciò che legherete avrà comunione per sempre. Ma a che cosa serve la presenza di Cristo in mezzo a noi? Che cosa porta, che cosa genera? Cristo è la sorgente del rapporto buono con l'altro, la roccia solida su cui poggia la casa del mondo, la misura alta dell'io e del tu che diventano noi, quella forza di amare che «ti convoglia nello stellato fiume» |