
X Domenica dopo Pentecoste
21 agosto 2011
Marco. 12, 41-44
Riferimenti: primo libro dei Re. 8, 15-30 - Salmo 47
-Prima Paolo ai Corinzi. 3, 10-17
| Applaudite, popoli tutti, acclamate Dio con voci di
gioia; perché terribile è il Signore, l'Altissimo, re grande su
tutta la terra. Egli ci ha assoggettati i popoli, ha messo le
nazioni sotto i nostri piedi. La nostra eredità ha scelto per
noi, vanto di Giacobbe suo prediletto. Ascende Dio tra le
acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio,
cantate inni; cantate inni al nostro re, cantate inni; perché
Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sui
popoli, Dio siede sul suo trono santo. I capi dei popoli si sono
raccolti con il popolo del Dio di Abramo, perché di Dio sono i
potenti della terra: egli è l'Altissimo. |
| primo libro dei Re.
8, 15-30 In quei giorni. Salomone disse: «Benedetto
il Signore, Dio d’Israele, che ha adempiuto con le sue mani
quanto con la bocca ha detto a Davide, mio padre: “Da quando ho
fatto uscire Israele, mio popolo,
dall’Egitto, io non ho scelto una città fra tutte le
tribù d’Israele per costruire una casa, perché vi dimorasse il
mio nome, ma ho scelto Davide perché governi il mio popolo
Israele”. Davide, mio padre, aveva deciso di costruire una casa
al nome del Signore, Dio d’Israele, ma il Signore disse a
Davide, mio padre: “Poiché hai deciso di costruire una casa al
mio nome, hai fatto bene a deciderlo; solo che non costruirai tu
la casa, ma tuo figlio, che uscirà dai tuoi fianchi, lui
costruirà una casa al mio nome”. Il Signore ha attuato la parola
che aveva pronunciato: sono succeduto infatti a Davide, mio
padre, e siedo sul trono d’Israele, come aveva preannunciato il
Signore, e ho costruito la casa al nome del Signore, Dio
d’Israele. Vi ho fissato un posto per l’arca, dove c’è
l’alleanza che il Signore aveva concluso con i nostri padri
quando li fece uscire dalla terra
d’Egitto». Poi Salomone si pose davanti all’altare del Signore,
di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e, stese le mani verso
il cielo, disse: «Signore, Dio d’Israele, non c’è un Dio come
te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni
l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti
a te con tutto il loro cuore. Tu hai mantenuto nei riguardi del
tuo servo Davide, mio padre, quanto gli
avevi promesso; quanto avevi detto con la bocca l’hai adempiuto
con la tua mano, come appare oggi. Ora, Signore, Dio d’Israele,
mantieni nei riguardi del tuo servo Davide, mio padre, quanto
gli hai promesso dicendo: “Non ti mancherà mai un discendente
che stia davanti a me e sieda sul trono d’Israele, purché i tuoi
figli veglino sulla loro condotta, camminando davanti a me come
hai camminato tu davanti a me”. Ora, Signore, Dio d’Israele, si
adempia la tua parola, che hai rivolto al tuo servo Davide, mio
padre! Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i
cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno
questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo
servo e alla sua supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il
grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalzadavanti a te!
Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa,
verso il luogo di cui hai detto: “Lì porrò il mio nome!”.
Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo.
Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele,
quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della
tua dimora, in cielo; ascolta e perdona!
Finalmente si corona il sogno di Davide che aveva progettato
di costruire un tempio magnifico, degno della gloria del Dio
liberatore del suo popolo e liberatore della propria vita, pensa
Davide, che sa di essere stato portato alla pienezza della
gloria di re. Ma il Signore aveva rifiutato questo progetto
dalle mani di Davide poiché le sue mani si erano macchiate del
sangue dei suoi nemici. Davide ha raccolto, comunque, materiali,
danaro e tesori ingenti ed ha comprato il terreno su cui sarebbe
stato costruito il tempio del Signore (2Sam24,18-25). La
costruzione iniziò al quarto anno del regno di Salomone, figlio
di Davide,e fu terminata sette anni dopo (1Re 6,37-38). Nella
liturgia, qui riportata in parte, si possono verificare due
parti distinte celebrate dal re: un primo discorso che è insieme
benedizione , ossia preghiera di ringraziamento e memoriale dei
benefici offerti dal Signore stesso. E’ il re l’unico
officiante che prega, esorta e benedice. Sta
svolgendo, come re, il grande compito del padre di famiglia del
suo popolo. Nella riflessione interviene anche il messaggio di
Dio, in prima persona, per cui il re è anche profeta, poichè
parla a nome di Dio comunicando il suo pensiero. Salomone,
facendo memoria del progetto del tempio pensato dal padre,
giustifica lo sfarzo e le spese e, insieme,
ricorda Dio come garante della sua elezione. Tra fratelli e
prima ancora nell’harem di Davide si è sviluppata una sorda
lotta di successione, vinta da Salomone, scelto tra i figli
rimasti di Davide per volontà espressa di Davide ma preparata
dalla madre di Salomone, Bersabea. La seconda parte è,
propriamente, la preghiera “davanti all’altare, di fronte a
tutta l’assemblea, e con le mani stese verso
il cielo”, in piedi come fa sempre l’ebreo, consapevole della
sua dignità di creatura fatta da Dio con il suo soffio vitale.
La richiesta fondamentale a Dio è quella che il Signore continui
ad essere fedele, mantenendo insieme “alleanza e benevolenza (o
fedeltà)” che sono propri del Dio d’Israele. Seguono perciò i
ricordi di ciò che Dio ha offerto, aggiungendovi quindi la
richiesta di nuovi favori. Nel linguaggio ebraico si ricordano
“la bocca e la mano”: cioè la promessa e la potenza. Nella
preghiera traspare, insistente, la richiesta della continuità
nella storia della discendenza di Davide e, insieme, lo
stupore che un Dio, incontenibile per la sua
grandezza, possa essere presente in questo tempio Ma c’è la
fiducia di trovarsi nel luogo della presenza, più che nel luogo
del culto poiché nelle parole di Salomone il tempio è
fondamentalmente luogo della preghiera. C’è la preghiera di
intercessione per altri e c’è l’intercessione per
ottenere il perdono. La preghiera insiste su un verbo
fondamentale per Israele; “Ascolta” (ripetuto 5 volte) e c’è la
consapevolezza che la preghiera nel tempio arrivi a percorrere
le strade impercorribili dei cieli fino alla dimora di Dio |
Prima lettera
Paolo ai Corinzi. 3,10-17 Fratelli, secondo la
grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io
ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma
ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti
nessuno può porre un fondamento diverso da
quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra
questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre
preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben
visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il
fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera
di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento,
resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l’opera di
qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si
salverà, però quasi passando attraverso il fuoco. Non sapete che
siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno
distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è
il tempio di Dio, che siete voi.
Paolo richiama ai Corinzi la loro fragilità e superficialità:
essi infatti continuano ad essere “carnali”, o “neonati”, senza
maturità, capaci solo di bere latte e non capaci di mangiare
cibo solido (3,1-2). Il segno di questa immaturità sono
“l’invidia e la discordia” che sorgono nella comunità, divisa
nel parteggiare per i diversi ministri del Vangelo, siano pure
Paolo o Apollo. Utilizzando due immagini, una agricola ed una
edilizia, Paolo vuole ricordare che cosa è da attribuire agli
operai e che cosa è fondamentale in questa opera di
rinnovamento e di rigenerazione. I predicatori del
Vangelo sono “servitori, collaboratori” e assomigliano ai
contadini che irrigano, piantano, dissodano la terra, seminano.
Ma chi fa crescere è il Signore. L’altra immagine, quella
edilizia, ripensa al valore insostituibile del fondamento. E
Paolo non teme di dire che “secondo la grazia di Dio, che mi è
stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento;
un altro poi vi costruisce sopra” (3,10) e questo fondamento è
Gesù. Su questo fondamento si costruisce,
utilizzando diversi materiali. L’oro, l’argento e le pietre
preziose indicano non tanto un materiale edilizio ma raffinati
elementi che rendono preziosa la costruzione, e manifestano un
buon lavoro, coscienzioso e responsabile a beneficio dei fedeli.
Gli altri materiali, “legno, fieno e paglia”, rappresentano un
lavoro povero, fatto male e, probabilmente, per secondi fini.
C’è una verifica e “il giorno del Signore” verrà a collaudare la
solidità e la consistenza. Chi ha predicato il
Vangelo, usando materiale di scarto, si salverà, ma come
attraverso il fuoco, a fatica, poiché l’opera mal fatta
risulterà inconsistente. La Chiesa è perciò il tempio di Dio,il
nuovo tempio in cui Gesù è presente, ed è costituita
dall’assemblea dei credenti. Si passa così
dalla costruzione sontuosa e splendida di architetture che
costituivano il vanto di una nazione, vedi il tempio di
Gerusalemme nel tempo in cui Paolo scrive, alla realtà viva di
un popolo che veramente, nella propria fede, conosce e celebra
la presenza di Dio tra noi. Questo è il vero e autentico tempio
di Dio. Fare del male a questa assemblea è
peggio che distruggere un tempio. Per il Signore è una offesa
gravissima.
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Marco. 12, 41-44
In quel tempo. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla
vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una
vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé
i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico:
questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti
infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria,
vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Gesù è nel tempio di Gerusalemme e sta insegnando (v38). Egli mette in
guardia dalla mentalità e dalla operosità degli scribi. Non discute il loro
compito né il loro ruolo nella comunità ebraica, ma il loro comportamento.
Mostrano vanità ed ostentazione, pretendendo riverenza e privilegi, approfittano
delle persone deboli e delle vedove “per divorare le loro case” e così inducono
a costruire un mondo di furbi, si esibiscono in pratiche religiose impeccabili
(12, 38-40). Gesù è seduto di fronte al grande cassone dove vengono versate le
offerte dei fedeli. Sente che i suoi sono affascinati dal rumore scrosciante
delle monete che qualche ricco ha portato, e coglie l’occasione di offrire un
esempio rovesciato di vera religiosità, aiutando i suoi a penetrare nel cuore di
ogni persona, senza restare alle emozioni esterne o alle
impressioni. Così indica una povera vedova. Marco tiene a ricordare l’attenzione
che Gesù mantiene circa la religiosità di alcune donne: la sconosciuta, che
soffriva di emorragia, di nascosto, aveva toccato con fede il mantello di Gesù
(Mc5,25); la sirofenicia si accontenta delle briciole che
cadono dalla tavola del popolo di Dio ed ha commosso Gesù (Mc7,24-30); questa
vedova offre tutto quello che ha; tra qualche giorno una donna offrirà il
profumo in casa di Lazzaro a Betania (Mc 14,3). Gesù ha ammirazione per la
gratuità e la discrezione di questa vedova che dona tutto, che non si esibisce,
né si lamenta della sua povertà. Essa non fa parte del gruppo di Gesù e,
probabilmente, non ha neppure sentito molto degli insegnamenti che Gesù ha
offerto alle persone che lo hanno incontrato. Eppure Gesù la riconosce come una
vera ospite del Regno, capace di scelte evangeliche poiché ha offerto, in modo
totale, “tutto quello che aveva per vivere”. Gesù spesso richiama la totalità e
l’ha posta al vertice delle scelte che siamo incoraggiati a fare verso Dio. “Ama
con tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente e tutte le forze” (Mc12,30). E
non a caso viene ricordato il numero 4 che corrisponde all’orizzonte del mondo.
E con questo amore il nostro mondo deve potersi aprire anche al prossimo. Nel
testo si contrappone il molto e il tutto; e si entra, qui, in una dimensione
radicale da cui non ci si può liberare facilmente. Questa radice resterà
comunque ad interrogarci anche quando altri potrebbero apprezzarci per ciò che
diamo o per ciò che facciamo. La riflessione a cui Gesù vuol portare è anche il
coraggio di saper vedere oltre le apparenze. Non è il tanto, il cumulo,
l’abbondanza che conta agli occhi di Dio. A noi può sembrare una grande
conquista, può rappresentare la soluzione di molti problemi e, probabilmente,
con la quantità molto si decide. Ma agli occhi di Dio valgono,
in particolare, l’interiorità e la pienezza del dono, a somiglianza di ciò che
il Signore ha fatto. Egli ci ha dato il suo Figlio, ce lo ha consegnato nelle
mani, non è intervenuto a castigare né lo ha sottratto dalle mani degli
uccisori. Ha accettato di offrire fino in fondo la sua pienezza. E Gesù propone
alla sua Chiesa questi stessi parametri e questi stessi cammini di maturazione.. |