VIII Domenica dopo Pentecoste
7 agosto 2011

Matteo. 4, 18-22
Riferimenti : primo libro di Samuele. 3, 1-20 - Salmo  62 -Efesini. 3, 1-12

Solo in Dio riposa l'anima mia; da lui la mia salvezza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare. Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per abbatterlo tutti insieme, come muro cadente, come recinto che crolla? Tramano solo di precipitarlo dall'alto, si compiacciono della menzogna. Con la bocca benedicono, e maledicono nel loro cuore. Solo in Dio riposa l'anima mia, da lui la mia speranza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.
primo libro di Samuele. 3, 1-20

In quei giorni. Il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corsemda Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Allora il Signore disse a Samuele: «Ecco, io sto per fare in Israele una cosa che risuonerà negli orecchi di chiunque l’udrà. In quel giorno compirò contro Eli quanto ho pronunciato riguardo alla sua casa, da cima a fondo. Gli ho annunciato che io faccio giustizia della casa di lui per sempre, perché sapeva che i suoi figli disonoravano Dio e non li ha ammoniti. Per questo io giuro contro la casa di Eli: non sarà mai espiata la colpa della casa di Eli, né con i sacrifici né con le offerte!». Samuele dormì fino al mattino, poi aprì i battenti della casa del Signore. Samuele però temeva di manifestare la visione a Eli. Eli chiamò Samuele e gli disse: «Samuele, figlio mio». Rispose: «Eccomi». Disse: «Che discorso ti ha fatto? Non tenermi nascosto nulla. Così Dio faccia a te e anche peggio, se mi nasconderai una sola parola di quanto ti ha detto». Allora Samuele gli svelò tutto e non tenne nascosto nulla. E disse: «È il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene». Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore.

Questo è un racconto di vocazione profetica. Sono molti gli sviluppi del tema della vocazione nei profeti: Amos (7,15), Isaia (6,1-10), Geremia (1,4-10), Ezechiele(cc. 2- 3) ma si risale ad Abramo (Gen. 12,1-3), ed a Mosé che svolge il ruolo di liberare di schiavi (Es.3). Si esprime cosi' l'idea fondamentale che la storia degli uomini e del mondo é nelle mani di Dio che indirizza verso progetti che solo lui conosce con la forza della sua Parola. Samuele era figlio di Anna, una donna sterile che -pregando il Signore a Silo, dove era sacerdote Eli - ottiene di partorire un figlio, mettendo così fine alla sua afflizione. Essa ha offerto, in ringraziamento, come voto al Signore, il suo primogenito facendolo servire presso il santuario di Silo, dove risiedeva l'arca del Signore (1Sam 1-2). Il racconto é drammatico poiché proprio l'intermediario: Eli, che aiuta Samuele a scoprire la voce del Signore, sarà rifiutato con tutta la sua famiglia e tuttavia egli sosterrà con forza il giudizio di Dio, riferito da Samuele bambino, di una condanna per la troppa accondiscendenza di sé, padre verso i propri figli malvagi (22,22-25). Eppure in lui, sacerdote del Signore, colpito da castigo, continua la grande dedizione di chi non teme di perdersi, pur di garantire la continuità della Parola di Dio al suo popolo, visto che "la Parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti" (3,1). E Samuele ogni volta che viene chiamato é disponibile all'obbedienza verso il vecchio sacerdote e si vedrà compensato in un dialogo diretto con Dio.ì Il bambino diventa sempre più grande e resta fedele; è chiamato "figlio mio" (3,6) da Eli che deve invece lamentare la disonestà dei suoi veri figli, depravati e senza scrupoli. Samuele sente il suo nome nella notte: la parola di Dio finalmente risuona ancora in Israele e si rivolge personalmente a lui. Eli, quasi completamente cieco, si fa mediatore con il Signore e suggerisce di rispondere: "Parla, Signore, perchè il tuo servo ti ascolta (3,9). Da "figlio mio" diventa "servo tuo". La paternità spirituale ha educato finalmente il ragazzo e il discepolo diventa maestro poiché Dio direttamente gli parla. Samuele infatti è arrivato ad ascoltare Dio ascoltando Eli, è arrivato ad obbedire Dio obbedendo Eli, è arrivato a servire Dio servendo Eli. L'entusiasmo del giovane e l'esperienza dell'anziano si fondono insieme per diventare servi di una parola nuova che finalmente diventa abbondante per tutti.

Efesini. 3, 1-12

Fratelli,io, Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani... penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.

Negli scritti di Paolo e nell’Apocalisse di Giovanni ricorre spesso la parola “mistero”, molto poco usato nei Vangeli: "a voi è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli" (Mc 4,11; Mt 13,11). Si vuole identificare il progetto di Dio sul mondo, progetto inaccessibile che gli uomini non possono comprendere perché si colloca molto al di sopra della nostra intelligenza come il cielo è molto al di sopra della terra (Isaia 55,9). E se al tempo di Gesù si pensava che il progetto di Dio si dovesse rivelare come dono, comunicato attraverso sogni e visioni per alcuni uomini, Paolo richiama che i piani di Dio vengono annunciati dai predicatori, dagli apostoli e dai profeti delle comunità cristiane. Essi raccolgono ciò che Dio opera nel suo popolo ed esse hanno il compito di sviluppare una profonda attenzione dell'azione di Dio tra noi. Attraverso la storia, gli avvenimenti e il richiamo della Parola di Gesù si svela passo passo il piano di Dio. Paolo sente in se stesso di far parte di queste persone che hanno scoperto il progetto di Dio e quindi sente la responsabilità di offrire il significato della sua vocazione apostolica, "lo Paolo sono apostolo dei pagani perché diventino un popolo solo, salvato, cosciente, credente con il popolo ebraico, in Gesù". Perciò "le genti" (da cui i "gentili" -pagani) sono diventate "coeredi", "incorporati", "compartecipi". Così Paolo esprime il mistero svelato: è importante restituire un'unica Chiesa, corpo di Gesù e popolo di Dio. Questo progetto di unità e l’eredità di Abramo per tutti i popoli, e non semplicemente per Israele, contrasta con un esasperato razzismo che divide i popoli tra ebrei e pagani, greci e barbari, liberi e schiavi, uomini e donne, colti e ignoranti. Sono divisioni che si ripropongono ancora oggi, non allo stesso modo, per alcuni aspetti, ma in forme esasperate per altri: bianchi e neri, stanziali e nomadi, nativi e immigrati. Il progetto di Dio é quello di costituire una realtà sola. "Apostoli e profeti": i primi sono incaricati di annunciare questa unità agli ebrei e ai pagani; i profeti possiedono il dono e il compito di formare, delle due componenti diverse, un'unica comunità di fede fino a renderli "un corpo solo" (così la Chiesa amava definirsi nei primi tempi). Paolo è consapevole e resta continuamente stupito del compito che il Signore gli ha affidato. Essendo stato persecutore e quindi nemico di Gesù, pur dopo il suo profondo cambiamento questo pensiero di rifiuto di un tempo non lo abbandona mai, ma gli fa continuamente vedere la grandezza del Signore che lo chiama, per amore del suo popolo e di tutti gli uomini a cui porta la parola nuova. Eppure, dice, sono il più piccolo tra i santi; e qui non ci viene ricordato la santità come dimensione morale ma la santità come vocazione a cui Dio chiama, indipendentemente dai meriti di ciascuno. "A me che sono ultimo tra i santi"

 
  Matteo. 4, 18-22

In quel tempo. Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Gesù incomincia la sua predicazione quando Giovanni è arrestato; il popolo, altrimenti, rimane senza la parola nuova di Dio. Il testo di Matteo, pochi versetti prima, colloca la nuova parola nelle terre della Galilea, nel linguaggio delle tribù del nord, sul territorio di Zabulon e di Neftali che nel contesto ortodosso di Gerusalemme viene considerato un luogo di mescolanza con pagani, un luogo di ignoranti e di pericolosi terroristi. Gesù incomincia dai lontani la sua vocazione,. Egli è la luce di questa regione di tenebra e di morte e, nello stesso tempo, è il Messia atteso e preannunciato da tempo. Il primo annuncio di Gesù é: “Convertitevi perché il Regno dei cieli é vicino” (4,17) E’ la parola nuova che viene finalmente da Dio e richiede il cambiamento di mentalità. La conversione si qualifica in molti modi che segnano però sempre una prospettiva radicale di affrontare l’esistenza su percorsi nuovi. Gesù non pretenderà che tutti facciano la stessa scelta di vita; continueranno ad esserci famiglie, lavori e artigiani, responsabilità e uomini di potere. Ma tutto deve essere ripensato e rivisto alla luce del Dio che viene, del Regno che si apre. E tuttavia a qualcuno viene fatta una proposta ancora più sconcertante: la richiesta di Gesù, per qualcuno, è l'invito ad abbandonare tutto e a seguirlo. Gesù fa questo invito a quattro pescatori.. Non c’é un progetto, ma ci sono riferimenti alle persone, al Signore che si segue e agli uomini che si salvano (si strappano dal male; il mare è il luogo infido, misterioso e pericoloso dei mostri e del demonio). Ma bisogna fare degli strappi impegnativi: lasciare la barca e il padre. Così Gesù, il maestro, prende l’iniziativa, apre ad un dono (“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” Gv15,16). Inizia un’avventura perché bisogna abbandonare ciò che si conosce e ci si imbarca verso lidi sconosciuti, fidandoci di Gesù. La prospettiva é la stessa di Gesù: "Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (4,23). Il compito nuovo è quello di predicare la buona novella e curare i malati, portare speranza e gioia nel cuore e guarire i mali che affliggono le persone. La salvezza si realizza dunque nella conversione, non è una liberazione che viene dall’esterno dell’uomo, ma è lo Spirito di Dio che diventa fonte di vita nuova per chi l’accoglie con gioia. I primi ad accettare sono due coppie di fratelli, che lasciano il lavoro e il padre, cioè la sicurezza della vita, ma anche la tradizione, e spesso gli schemi mentali che proibiscono le scelte nuove di Gesù: spesso, anche oggi, chi fa scelte secondo la linea di Gesù è intralciato e rifiutato, non solo da parte di altre religioni, ma anche dai suoi stessi parenti. Tutto il testo privilegia i verbi di movimento perché Gesù e quindi la Chiesa è missionaria e va in cerca. Gesù dunque non si ferma in un luogo, ma percorre la terra d’Israele per annunciare l’evangelo del Regno di Dio e donando la vita con abbondanza attraverso la guarigione del corpo, della mente e dello spirito («ogni sorta di malattie e di infermità»). Questo Vangelo dovrebbe essere l'inizio di una riflessione sull'impegno pastorale. Ci si è troppo abituati a pensare che i pastori siano i vescovi e i sacerdoti, costituendo così, all'interno della Chiesa, una fascia di persone attive e attente alla evangelizzazione e una fascia di persone ubbidienti, preoccupate solo della propria integrità morale personale. L'evangelizzazione, dice il Concilio Vaticano II, è compito della Chiesa e quindi di ciascun battezzato, pur avendo ciascuno, certamente, ruoli specifici all’interno della Comunità, ma è sostenuto da Gesù pastore con le stesse prospettive di aiutare, guarire, illuminare e trasmettere ad ogni uomo e donna la novità di Gesù. E lo Spirito del Signore fa maturare profondamente l'impegno pastorale di ciascuno nella comunità cristiana e nel mondo. Non è difficile allora intravvedere in questi tre testi il significato della vocazione di ciascuno: - profeta nel suo contesto per aiutare a capire ciò che conta e ciò che è giusto, - costruttore di una unità che superi le divisioni, - responsabile di una parola nuova che trasformi le persone disorientate in persone di speranza