Isaia 62, 10 - 63, 3b
In quei giorni. Isaia disse: Passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo per i popoli». Ecco ciò che il Signore fa sentire all’estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede”. Li chiameranno “Popolo santo”, “Redenti del Signore”. E tu sarai chiamata Ricercata, “Città non abbandonata”». 63 «Chi è costui che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza?». «Sono io, che parlo con giustizia, e sono grande nel salvare». «Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?». «Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me.
Questo splendido testo si potrebbe intitolare “il canto del ritorno” e, nello stesso tempo, “il canto dell'incontro con lo Sposo”. L'autore è vissuto circa tre secoli dopo il profeta Isaia e tuttavia, proprio sotto il nome di Isaia, sono stati raccolti anche scritti che riguardavano i tempi successivi. Il capitolo 62 incomincia (qui non è riportato) con un: "Per amore di Sion non mi terrò in silenzio". Finalmente, dice il profeta, si schiude la Parola di Dio che finora era diventata angosciosamente assente. In tal modo era oscurata ogni speranza; la tragedia della guerra incombeva senza un possibile futuro; la lontananza metteva a rischio l'attesa e quindi si affievoliva, anche nei migliori fedeli del popolo, il richiamo di un amore garantito da Dio nel tempo. Ma finalmente il Signore parla e assicura che "i popoli vedranno la tua giustizia (di Sion)". Seguono così bellissime immagini sponsali. Non si userà più l'aggettivo "abbandonata, devastata" ma per Gerusalemme il nuovo nome sarà "mia gioia, sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia… e la tua terra avrà il suo sposo". (62,1-4). Conclusa l'immagine sponsale, inizia l'immagine della Gerusalemme sicura, con le mura solide e "le sentinelle che, per tutto il giorno e tutta la notte, non taceranno mai". (62,6). Questi continui parlare, informarsi, richiamare, verificare delle sentinelle, giorno e notte, nel riguardo di coloro che si avvicinavano alla città, garantiscono la tranquillità e la sicurezza. A questo punto, il testo di oggi formula l’invito, a coloro che ormai abitano in sicurezza nella città santa, di aprire le porte e di accogliere coloro che torneranno dalla dispersione per costituire il popolo santo. Si ricompone l'unità e chi abita a Gerusalemme deve preoccuparsi di accogliere, di spianare la strada, di liberarla dalle pietre, di renderla
agevole. In quel caso gli esiliati entreranno trionfalmente e saranno "come un vessillo per i popoli". Così sarà possibile dimostrare a tutte le nazioni che questa liberazione è frutto dell'incontro con "il tuo Salvatore". Ritornano ancora i nuovi titoli per la città splendente: "Città ricercata, città non abbandonata".
Il profeta riprende: “Si sta avvicinando un essere misterioso” (63,1). Ovviamente la sentinella grida dall'alto e pone a questo misterioso personaggio le domande essenziali, prima che possa entrare nella città. E l'interpellato risponde, manifestando la sua maestosa grandezza e la sua capacità di giudizio e di vittoria sui popoli. Nessun altro ha saputo regalare la libertà al suo popolo, ma solo lui l'ha conquistata. Colui che bussa alle porte della città è la poderosa immagine di un guerriero che ha vinto tutti gli eserciti e torna, sporco di sangue, vincitore. La sua veste rossa è come quella di chi pigia l'uva dopo la vendemmia. E grida alla sentinella che ha vinto, e ha vinto da solo: “Nessuno era con me”. E tutto il testo, che a noi fa impressione per la crudezza del messaggio (e continua ancor più drammatico successivamente), esprime la forza di Dio, totalmente gratuita e potente, che libera da un incubo, da un assedio, dalla prospettiva di un massacro sicuro. Si riaffaccia all'orizzonte la liberazione e ritorna, insperata, la fiducia quando sembravano ormai scomparse, nonostante le promesse e le garanzie di Dio. Egli vince e ritorna ad essere colui che riscatta il suo popolo. Anzi lo tratta come l’unica sposa splendente di cui è totalmente innamorato. A lei riconsegna la sua bellezza e il suo splendore e la rimette sul trono.
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Filippesi 4, 4-9
Fratelli, Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio
le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
Nella lettera alla comunità di Filippi, fondata nel suo secondo viaggio missionario (49-52 d. C.) Paolo scrive probabilmente da Efeso, durante una prigionia, anche se i testi non parlano esattamente di una prigionia in questa città, ma ricordano solo Cesarea e Roma. E, tuttavia, proprio ad Efeso ci fu una rivolta degli argentieri perché, a causa del successo della nuova predicazione di Paolo, era calato lo smercio dei tempietti in argento della dea Artemide, molto venerata ad Efeso (Atti 19, 23-41). Ricordando il suo soggiorno in questa città, Paolo parla di una permanenza "tra lacrime e tribolazioni" (Atti 20,19). Perciò la lettera potrebbe essere stata scritta attorno al 57 d.C. Paolo sente vicina la morte; eppure prova gioia e chiede di condividerla con lui (2,17). La prima parte di questo testo (4,4-5) e la terza parte (4, 8-9) hanno, come riferimento, la vicinanza di Dio, mentre, nella parte centrale (4, 6-7), la preghiera apre la propria vita sul mondo di Dio attraverso una comunicazione profonda di ringraziamento, di suppliche e di preghiere. La pace di Dio possa custodire il cuore e la mente di ciascuno in Gesù. In questo testo Paolo esorta a mantenere l'inalterata pace di Cristo:
- tenete lontana ogni ombra di inquietudine; - pregate con fiducia, dicendo a Dio le vostre difficoltà ed Egli vi darà la pace, che è la piena armonia con Lui, al disopra di ogni sforzo intellettuale e oltre ogni incidente; - questa pace però non toglie dalla concretezza e dalla verifica critica, per capire ciò che vale, ciò che è giusto, virtuoso e merita lode; - nel credente cresce la responsabilità di valutare ed apprezzare nel mondo ciò che conta davvero; - è necessaria una norma di discernimento: è importante confrontarsi con l'insegnamento e la condotta dell'apostolo e quindi di tutta la Chiesa poiché, nella
comunità cristiana, particolarmente, si può imparare a capire che cosa è vero e giusto agli occhi di Dio. Ciò che deve distinguere la comunità cristiana, e che la deve rendere nota a tutti, è la "bontà" (si riferisce alla "mansuetudine di Gesù" (2 Cor.10,1) come modello per Paolo e per la comunità stessa). E’ una dote regale. Solo chi non deve difendere con accanimento i propri privilegi si può permettere di avere potere e clemenza. Ora la comunità ha una vocazione celeste: “Il Signore é vicino”. Perciò aiuta ad un atteggiamento di profonda fede legata alla salvezza di Gesù. Bontà, clemenza, equilibrio portano a non angustiarsi poiché tutto si misura sul Signore vicino. Le preoccupazioni e le ansie minacciano la gioia e perciò vanno offerte a Dio con richieste, suppliche, intercessioni e "rendimenti di grazie" per tutto (4,6). Allora, la pace di Dio custodirà i cuori di tutti.
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