VI Domenica dopo l’Epifania
13 febbraio 2011
Matteo 12, 9b-21
Riferimenti: Primo di Samuele 21, 2-6a. 7ab - Salmo 42 (43) - Ebrei 4, 14-16
Fammi giustizia, o Dio, difendi la mia causa contro gente spietata; liberami dall’uomo perfido e perverso. Manda la tua luce e la tua verità: siano esse a guidarmi, mi conducano alla tua santa montagna, alla tua dimora. Verrò all’altare di Dio, a Dio, mia gioiosa esultanza. A te canterò sulla cetra, Dio, Dio mio. Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. |
Primo di Samuele 21, 2-6a. 7ab
In quei giorni. Davide si recò a Nob dal sacerdote Achimèlec. Achimèlec, trepidante, andò incontro a Davide e gli disse: «Perché sei solo e non c’è nessuno con te?». Rispose Davide al sacerdote Achimèlec: «Il re mi ha ordinato e mi ha detto: “Nessuno sappia niente di questa cosa per la quale ti mando e di cui ti ho dato incarico”. Ai miei giovani ho dato appuntamento al tal posto. Ora però se hai sottomano cinque pani, dammeli, o altra cosa che si possa trovare». Il sacerdote rispose a Davide: «Non ho sottomano pani comuni, ho solo pani sacri per i tuoi giovani, se si sono almeno astenuti dalle donne». Rispose Davide al sacerdote: «Ma certo! Dalle donne ci siamo astenuti dall’altro ieri». Il sacerdote gli diede il pane sacro, perché non c’era là altro pane che quello dell’offerta, ritirato dalla presenza del Signore.
La gelosia e la paura di Saul sono esplose contro le prospettive che, nel futuro, possa essere Davide il successore al trono e non il proprio figlio Gionata. Poiché il regno, che non è ancora ereditario, può essere destinato da un profeta o dal consenso del popolo, Saul vuole eliminare Davide, un contendente pericoloso per la sua popolarità e per la sua bravura, quale appare ormai nella valutazione di troppi. Comincia così il pellegrinare di Davide per scampare alla vendetta di Saul. Il primo libro di Samuele si dilunga a ricordare tutta l’attività partigiana del gruppo dei fuggiaschi che debbono procurarsi vettovaglie e armi. Il primo riferimento per Davide è il sacerdote Achimelech che abita in una città chiamata Nob, insieme ad altri 90 sacerdoti con le loro famiglie (22,18-19). Chiede e si fa consegnare il pane che deve essere destinato solo ai sacerdoti perché sacro. Ogni sabato vengono collocati, infatti, davanti al Signore 12 pani simboleggianti l'alleanza di Dio con Israele (Levitico 24,8) e ogni sabato vengono sostituiti con focacce fresche i vecchi panni destinati solo al consumo dei sacerdoti stessi. Davide, con il pane, cerca anche armi e non si trova nulla salvo la spada che era stata di Golia. Il sacerdote non si fa scrupolo perché si rende conto del bisogno di Davide e quindi supera il divieto sui pani consacrati perché ritiene sia più giusto salvare delle vite umane ingiustamente accusate. Purtroppo tra i presenti, che ascoltano il dialogo e assistono al dono, c’è anche un edomita, Doeg, capo dei pastori di Saul che accuserà il sacerdote di ciò che ha fatto (21,8). E per ordine di Saul diventerà il giustiziere, massacrando i sacerdoti di quella città insieme con uomini, donne, fanciulli lattanti; e distruggendo anche tutto il bestiame. Scampa alla morte solo un figlio di Achimelech, Ebiatar, che fugge presso Davide (22,6-21).
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Ebrei 4, 14-16
éabbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
L’autore della lettera agli Ebrei presenta Gesù, il Figlio di Dio, nel giorno della croce. Egli è insieme Sommo Sacerdote che presiede il sacrificio, è l’Agnello sacrificale e primogenito del popolo dei redenti, è l’uomo in tutta la sua pienezza, ma anche nella sua fragilità; per questo soffrì e nella sofferenza si affidò all’obbedienza negli eventi nei quali cercò e trovò la volontà di Dio. Egli, per la sua esperienza, rassicura ciascuno di noi che siamo peccatori, e la sua grandezza non ci impedisce di essere a lui vicini. Egli ha condiviso tutto con noi, tranne il peccato, e perciò la sua umanità lo ha ravvicinato profondamente a noi. Egli è veramente come uno di noi e ci può capire. Perciò ci affidiamo a Lui poiché sa riconoscere la nostra fragilità, la nostra debolezza e i nostri limiti. Siamo sicuri di trovare così misericordia e compassione per tutte le nostre infermità. Egli merita la nostra fiducia che deve essere piena. Egli non ci tradisce: la sua morte per amore ci dà testimonianza. E offrendo la sua vita per amore, senza chiedere nulla in cambio, perdona i suoi carnefici. Da lui possiamo sperare la salvezza, oggi e sempre.
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Matteo 12, 9b-21 a
In quel tempo. Il Signore Gesù andò nella sinagoga; ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, i farisei domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; / il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. / Porrò il mio spirito sopra di lui / e annuncerà alle nazioni la giustizia. / Non contesterà né griderà / né si udrà nelle piazze la sua voce. / Non spezzerà una canna già incrinata, / non spegnerà una fiamma smorta, / finché non abbia fatto trionfare la giustizia; / nel suo nome spereranno le nazioni».
Matteo, dopo il lungo discorso delle beatitudini e l'impostazione di un rapporto nuovo che delinea l’Alleanza tra Dio e il suo popolo (capp. 5-7), sviluppa il racconto delle opere di liberazione di Gesù in 10 miracoli, pur in mezzo a polemiche sulla fede e sulla interpretazione dell’Alleanza, con i rappresentanti di Israele (capp. 8-9). Delineate così le parole e i gesti per il nuovo popolo che scopre il volto di Dio attraverso Gesù, inizia la missione dei 12 che dovranno nel mondo annunciare e aggregare il nuovo popolo di Dio (cap10). Matteo offre così, in questo secondo discorso del suo Vangelo, la struttura portante di questo aprirsi al mondo, suggerendo scelte, prospettive e richiami fondamentali. Matteo, quindi, registra alcune reazioni di Gesù: - quella di comprensione e di ammirazione per Giovanni a cui invia il messaggio profetico, - e quello del rimprovero per le città della Galilea che Gesù aveva fin dal principio visitato: Corazin, Betsaida, Cafarnao e che non hanno accolto né hanno voluto capire il dono di Gesù. Si direbbe la dichiarazione di un fallimento eppure si svela, nelle successive parole di Gesù stesso, l’imprevedibile mistero del Regno: “Ti benedico, Padre perché hai nascosto queste cose. |