Festa della Santa Famiglia
30 gennaio 2011
Luca 2, 22-33
Riferimenti: Siracide 7, 27-30. 32-36 - Salmo 127 - Colossesi 3, 12
Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno. Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo. Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. Beato l'uomo che ne ha piena la farètra: non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici. |
Siracide 7, 27-30. 32-36
Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare le doglie di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato: che cosa darai loro in cambio di quanto ti hanno dato Con tutta l’anima temi il Signore e abbi riverenza per i suoi sacerdoti. Ama con tutta la forza chi ti ha creato e non trascurare i suoi ministri. Anche al povero tendi la tua mano, perché sia perfetta la tua benedizione. La tua generosità si estenda a ogni vivente, ma anche al morto non negare la tua pietà. Non evitare coloro che piangono e con gli afflitti móstrati afflitto. Non esitare a visitare un malato, perché per questo sarai amato. In tutte le tue opere ricòrdati della tua fine e non cadrai mai nel peccato.
Il capitolo settimo è una raccolta di suggerimenti educativi che, per lo più, si sviluppano attraverso la negazione "non" (vv 7,1-36): "Non fare il male... non domandare al Signore il potere... non farti giusto... ecc.". Il testo scelto per la liturgia, oggi, richiama le realtà più sacre della vita quotidiana ebraica: i genitori (vv 27-30), i sacerdoti (ma il v 31 che parla di offerte nei confronti del culto qui è stato omesso), i poveri (vv 32-36). Vengono espressi, insieme, il rispetto verso la legge (o il timore di Dio) e l'attenzione alla misericordia. Con i poveri, poi, vengono ricordati i malati, coloro che sono afflitti e i defunti: realtà queste particolarmente proposte nella predicazione dei profeti. Il v 33 ricorda che le opere di misericordia non debbono escludere nessuno: “La tua generosità si estenda a ogni vivente, ma anche al morto”. Qui, nella sensibilità ebraica, non c'è ancora, chiaramente, la consapevolezza di una vita gioiosa nell'aldilà, o il valore della preghiera per i defunti anche se si sta facendo strada la prospettiva di un premio per i martiri perseguitati nelle grandi e dolorose vicende drammatiche della sopraffazione ellenista. Probabilmente qui significa che bisogna dare sepoltura ai morti anche poveri, e magari, probabilmente, offrire banchetti dopo la sepoltura e portare le vivande ai sepolcri, usanze più o meno tollerate e tuttavia ritenute segno di rispetto e di onore anche verso i poveri. Il testo conclude suggerendo l'atteggiamento coerente e intelligente di consapevolezza sul peccato. Per evitare il male viene dettata la regola d'oro che ha continuato anche nel nostro mondo educativo religioso fino ad oggi, ricordata in latino in una formula simile: "In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato" (v 36).
|
Colossesi 3, 12
Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre. Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.
San Paolo, nella lettera ai Colossesi, dopo aver richiamato, nella prima parte della lettera, la centralità di Cristo rispetto all’umanità e all’universo, affronta il tema morale del vivere secondo Cristo stesso, nella realtà quotidiana, con le caratteristiche proprie del “risorto”. In tal modo, Paolo propone una serie di atteggiamenti interiori che bisogna “mettersi addosso come un vestito (è il richiamo al battesimo) che esprime agli occhi di tutti la dignità e il rango a cui si è stati chiamati”. Questo vestito è confezionato come con stoffe splendide e pregiate che sono, in pratica, sette stili di vita che hanno radici interiori di persone credenti in Gesù. Ci si richiama così non all’emotività, ma ad atteggiamenti di servizio, di amore, di coraggio. In tal modo tali sentimenti si esprimono all'esterno nella propria bellezza e armonia. E se si vuole continuare l'elenco dei capi di vestiario che rendono nobile e grande il comportamento di ogni credente, si arriva al numero 10 perché vengono unite insieme la carità, la pace e la riconoscenza. Perciò questi atteggiamenti sono, nello stesso tempo, dono come la legge data da Dio a Mosé e sono responsabilità, operosità e impegno quotidiano. Paolo suggerisce anche i mezzi per vivere in armonia nella famiglia. - Prima di tutto la Parola del Signore "dimori tra voi abbondantemente" (v 16). Sarebbe interessante che la famiglia, in alcuni momenti della settimana, insieme, potesse riprendere i testi biblici della domenica, celebrati a messa, per ripensarli, confrontarsi e concretizzarli. Ognuno imparerebbe a scoprire e ad offrire la ricchezza del proprio cuore che il Signore suggerisce. - "Ammaestrateli, ammonite, cantate": tre atteggiamenti che esprimono affetto, generosità e serenità di cuore per superare le tensioni e ritrovare un equilibrio, fiduciosi nei rapporti di casa. Infine la legge dell'amore viene applicata ai vari membri della famiglia. Pur ritrovandoci con un linguaggio che riprende i criteri culturali, presenti nella società ebraica, la dipendenza delle mogli e dei figli dal marito o dal padre viene rivista nei suoi significati e ritradotta nella luce di Gesù. - “Voi, mogli, siate sottomesse” (“ipotassomai”, in greco, indica sottomissione di dono e di amore come Gesù che si sottomette al Padre (1 Cor 15,28) e come i cristiani: “Mediante la carità siate sottomessi gli uni degli altri” (Gal 5,13). Nei due casi viene usato lo stesso verbo). Perciò le mogli sono invitate a donarsi ai loro mariti nello stesso stile di Gesù che si è donato (“come si conviene, nel Signore”). - “Voi mariti amate le vostre mogli”. Amare, qui (in greco “agapào”) è la parola che esprime l’amore di Dio. In altri termini i mariti sono chiamati ad amare le mogli come Dio ama l’umanità e come Gesù ama la Chiesa, sua sposa, per cui ha offerto la propria vita (Ef. 5,25). Nel rapporto familiare c’è sempre il riferimento al Signore. - “Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino”: è il richiamo ad una educazione di amore robusto ma comprensivo, per aiutare ad essere coraggiosi e reattivi e non rinunciatari.
|
 |
Luca 2, 22-33 a
In quel tempo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Nel Vangelo di Luca il racconto della presentazione di Gesù al tempio acquista un particolare significato poiché è la risposta alla profezia del profeta Malachia: "Ecco, io manderò il mio messaggero... e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate... egli è come il fuoco del fonditore e la lisciva dei lavandai... egli siederà per fondere e purificare" (3,1-4). Ma, mentre ci si aspetta un ingresso trionfale di Dio nel suo santuario per giudicare e condannare, nel tempio Dio entra come un neonato debole, avvolto in fasce, sorretto da una donna poco più che adolescente e accompagnata dal giovane marito. La legge giudaica obbligava i primogeniti, fossero uomini o animali, ad essere consacrati al Signore (Es 13,1-16). Ma i bambini venivano ovviamente sostituiti con l'offerta di un animale puro che veniva immolato al suo posto: un paio di colombe da parte di una famiglia povera, un agnello da parte di una famiglia ricca. Nel testo Luca ripete più volte che c'è una osservanza scrupolosa alla legge del Signore (vv. 22. 23.24.27.39). Fin dalla nascita Gesù adempie fedelmente la volontà di Dio, espressa nelle Scritture. Il messaggio è rivolto a tutti i genitori che sono chiamati a consacrare i figli a Dio e quindi ad educarli nella fede. E poiché i bambini imparano più nel vedere che nel sentire, lo stile dei genitori cristiani diventa stimolante ed educativo verso le nuove generazioni quando sa impostare, a livello adulto, il proprio rapporto con Dio nella preghiera, nella lettura della Bibbia, nella partecipazione alla comunità cristiana per ciò che è possibile, nella pratica del perdono, dell'amore, della generosità verso le persone che si incontrano. Luca, con una sottolineatura appena sfumata, ricorda che il cammino al tempio non è solo quello che la legge chiede per la donna che ha partorito (come era d’obbligo), ma parla di una purificazione per tutta la famiglia di Gesù (v 22 "quando venne il tempo della loro purificazione"). In tal modo viene anticipata quella solidarietà con l'umanità peccatrice che porterà Gesù a cercarla e ad accoglierla fino alla morte, provocando scandalo, ma garantendo, in tal modo la misericordia agli impuri e ai peccatori del mondo. Il centro di questo brano è costituito dall'incontro commovente di Simeone che riconosce, confusi fra la folla, i portatori della speranza d'Israele: Giuseppe e Maria con il loro bambino in braccio. Simeone è stupito, lui stesso e come uomo "giusto e pio che aspetta la consolazione d'Israele" (v 25), ringrazia il Signore senza pretendere né di capire né di voler vedere il compimento della speranza di Dio. Egli riconosce che il Signore si fa presente, è gioioso di questo incontro, ma sa che i tempi sono scelti da Dio e non da lui. Non aspetta nulla, non richiede nulla. Egli vive la consapevolezza di aver incontrato la salvezza in questo bambino, e quindi sa di aver raggiunto il vertice della sua speranza e della sua vita. Ora, senza paura, può morire in pace. Ma a Giuseppe e a Maria ricorda che quel figlio non è loro, ma è un dono al mondo. Dio lo ha affidato a loro, ma su di lui esiste una vocazione di speranza. E’ stato mandato "per illuminare le genti" (v 32). Questo vale per ogni bambino. Ogni bambino, infatti, viene affidato in custodia alla famiglia perché venga educato e preparato a portare la luce e la speranza nel mondo. |