Domenica dopo l’Epifania
9 gennaio 2011

Matteo 3, 13-17
Riferimenti: Isaia 55, 4-7 - Salmo 71 - Efesini 2, 13-22

In te mi rifugio, Signore, ch'io non resti confuso in eterno. Liberami, difendimi per la tua giustizia, porgimi ascolto e salvami. Sii per me rupe di difesa, baluardo inaccessibile, poiché tu sei mio rifugio e mia fortezza. Mio Dio, salvami dalle mani dell'empio, dalle mani dell'iniquo e dell'oppressore. Sei tu, Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno; a te la mia lode senza fine. Sono parso a molti quasi un prodigio: eri tu il mio rifugio sicuro. Della tua lode è piena la mia bocca, della tua gloria, tutto il giorno. Non mi respingere nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le mie forze.

Isaia 55, 4-7

Così dice il Signore Dio: Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del Santo d’Israele, che ti onora. Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona.

Il capitolo 55 conclude la seconda parte del libro del profeta Isaia (capp. 40-55) che ha, come tema, la salvezza dall'esilio, descritta come un nuovo esodo. Viene inoltre presentata la figura del servo del Signore - figura personale e collettiva allo stesso tempo - come colui che porta la salvezza in un modo tale da meravigliare le genti (Is 52,14-15). Il popolo vive ancora a Babilonia, scoraggiato dal lungo esilio e deluso che il Signore non sappia o non voglia provvedere. Ma un profeta, finalmente, inizia a riprendere riflessioni e annunci di speranza. I primi tre versetti del capitolo 55 impostano tutta la nuova situazione come un grande banchetto in cui il Signore stesso diventa colui che ospita: “A voi tutti assetati: venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente. Comprate e mangiate senza danaro e, senza spesa, vino e latte”. Via via gl’inviti sono per mangiare, “per non sprecare ciò che non è pane…, per ciò che non sazia” e infine per “ascoltare”. Quindi (e siamo garantiti): “Vivrete” (55,1-3). La prospettiva di speranza si apre su un personaggio sconosciuto, ma già promesso a Davide, “testimone tra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni”. Egli diventerà richiamo e speranza per i popoli che accorreranno, sorpresi d’una aspettativa che non conoscevano, ma opera di Dio che vuole onorarlo. Vengono, in tal modo, aperti gli orizzonti della pace, la novità inimmaginabile. Ma tutto questo chiede una seria collaborazione e si gioca sulla libertà, che deve avviare ciascuno verso la conversione. C’è da aprire un cammino nell’intrico dei nostri sentieri, all’interno di una interiorità  che riveda, con coraggio, l’immagine di Dio. Nei nostri schemi mentali, Dio è il giustiziere che premia e castiga. E invece, qui si parla del Dio della misericordia. Se libera, non è per il riconoscimento di una nostra giustizia, ma regalo che permette di incontrarlo davvero come misericordioso. “Convértiti”, significa, prima di tutto: “Cercami e guardami in un modo nuovo”. Così puoi ritrovarti davanti al vero volto del Signore. La grandezza di Dio squarcia gli orizzonti. I nostri pensieri sono piccoli e scontati. Quelli di Dio sono grandi, impensabili, carichi di stupore e di speranza. Nel Vangelo, dopo i miracoli di Gesù, la gente si stupisce, loda il Signore e dice: “Mai nessuno è come Lui”. Questa meraviglia esprime la novità dei pensieri di Dio.

Efesini 2, 13-22

Fratelli, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

La lettera agli Efesini, insieme a quella dei Colossesi e il breve scritto a Filemone, costituisce un gruppo di testi scritti in carcere, a Roma, probabilmente, attorno agli anni 61-63. Paolo termina con la sua esposizione dei frutti più importanti dell'opera che Gesù ha sviluppato: la riunione dei Giudei e dei pagani nell'unica Chiesa di Dio (vv 11-18), concludendo, pare, con un inno battesimale. In quattro riprese (2,14-18), si ricorda la condizione precedente a Gesù in cui si trovano ebrei e pagani, si schiude la riflessione sul significato di Gesù, e quindi si ripensa all’azione che Gesù opera e che si conclude, visibilmente, nella Chiesa, “al Padre in un solo Spirito”. Il Signore Gesù è la nostra pace perché ha costituito un popolo solo, superando le differenze tra Giudei e pagani (vv 14-16) e perché, soprattutto, ha fatto pace tra Dio e l'umanità, attraverso la sua morte in croce e il dono dello Spirito. E’ questa la pace che dà forza e sa coinvolgere lontani e vicini. La pace (l’armonia) non è mancanza di lotta (secondo il pensiero greco e romano) ma equilibrio, avere a sufficienza, vivere nel benessere, ringraziando Dio. Paolo ricorda spesso il tempio di Gerusalemme e qui si affaccia la memoria di quel muro, nel tempio, che separava il cortile dei giudei da quello dei pagani e c’era il pericolo di una condanna a morte per il pagano che avesse oltrepassato quel muro. Un incidente al muro avvenne anche a Paolo stesso (At21,28ss). Dal ricordo del muro si passa all’immagine della costruzione della casa in cui proprio coloro che si sentono stranieri e ospiti diventano concittadini dei santi e familiari di Dio. Tale costruzione ha come fondamento gli apostoli e, prima di loro, i profeti. Ma pietra angolare è lo stesso Gesù per cui tutti riceviamo il dono di una crescita ordinata per raggiungere il vertice: essere tempio Santo del Signore e, quindi, abitazione di Dio per mezzo dello Spirito. In queste parole si svela il progetto di Dio che vuole una costruzione via via solida, santa, capace di accettare la volontà del Padre. Ma pastori ed educatori ("costruttori") non si sono mostrati all'altezza, tanto da scartare la pietra più importante che è Gesù stesso. Tuttavia il Padre non si è scoraggiato, ma ha allargato, anzi, il suo popolo ad altri popoli, perché crescesse la nuova abitazione in un’umanità rinnovata dallo Spirito. Anche in loro fiorisce la grande vocazione di costruire con responsabilità e di “venire edificati insieme”. Saldamente fondata e tuttavia sempre in crescita, tutti i popoli maturano una fraternità. Ci stiamo accorgendo, in questi tempi di globalizzazione, di crisi, di timori e di speranze, che sta crescendo l’anelito alla pace ed alla fraternità, soprattutto tra i poveri di tutti i popoli della terra?

Matteo 3, 13-17 a

In quel tempo. Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

 




Nel Vangelo di Matteo, rispetto agli altri Vangeli, il battesimo di Gesù presenta alcune diversità: in particolate l'obiezione di Giovanni e la proclamazione del Padre in terza persona: “Questi è” invece della seconda: “Tu sei”. Gesù si accosta umile, condivide le miserie umane poiché si mescola con le persone che si purificano dal male. Il battesimo, già anticamente, con l'immersione nell'acqua, indicava l'abbandono della vita precedente e quindi la morte per emergere, come in una nascita, in una realtà nuova. Giovanni stava predicando per rinnovare il cuore del suo popolo e fare discepoli in attesa del Messia. Ma per inserirsi nelle fila di chi aspettava il battesimo, bisognava riconoscersi i peccatori. Per questo farisei e i sadducei non seguono Giovanni perché si ritengono giusti (Lc 7,30). Matteo vuole spiegare il battesimo di Gesù attraverso il dialogo con Giovanni. Giovanni, infatti, si rifiuta di battezzare Gesù poiché attende un Messia che concluda la storia con un giudizio definitivo già nel momento del battesimo. Mentre vuole trovare un tempo e un ruolo corretti, si ritrova ad assolvere una funzione di potere. Gesù lo invita "ad adempiere ogni giustizia": non è venuto a mettere fine alla storia ma a compierla secondo il disegno di Dio. La giustizia sarà sviluppata nei discorsi delle beatitudini: la si cerca con il Regno ogni giorno, si adempie seguendo la legge e i profeti, si accetta lo stile nuovo di Gesù. Egli opererà un perdono totale sulla croce. Così la giustizia somma diventerà somma misericordia, mentre Gesù si confonde con i peccatori, accettando umiliazioni e sofferenze fino alla croce per ottenere misericordia. Tutta la comunità cristiana dovrà rendersi conto che la giustizia di Dio è mettersi in fila con gli ultimi per garantire che ciascuno è amato. Matteo offre allora tre immagini per aiutare a capire ciò che è avvenuto. * L'apertura dei cieli indica l'investitura ufficiale per il ministero di Gesù (come per Ezechiele: Ez.1,1) e, nello stesso tempo, è l'inizio della comunione tra Dio e il mondo: dono e servizio del suo popolo. Squarciare cieli ricorda l'incomunicabilità con Dio e la preghiera che Isaia ci ricorda: "Se tu squarciasse il cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti” (63,19). Gesù apre finalmente il mondo di Dio per lasciarlo spalancato. Dio si manifesta in pienezza: il Padre, il Figlio, lo Spirito: (la voce, Gesù, il segno della colomba). Tutto si svolge sotto gli occhi del popolo che Dio ama tanto da offrire suo Figlio. * La colomba è riferita allo Spirito, alla presenza di Dio e spesso si è manifestata come fuoco che scende dal cielo, come acqua del diluvio che ha distrutto il mondo vivente. La venuta dello Spirito è aspettata come purificazione dalla presenza dei malvagi. E invece la colomba è amore, tenerezza, affetto, attenzione al proprio nido. Gesù è la nuova casa dello Spirito * La voce. Viene qui posta la sintesi della fede che si è fatta strada nella comunità cristiana dopo la Pasqua. Angosciati dallo scandalo della morte di Gesù, Matteo garantisce: "Gesù è il Figlio (Salmo 2,7). Dio si riconosce in Lui e accetta di essere riconoscibile nel Figlio. · Egli è il prediletto: è l'unico, l'amato come il figlio di Abramo: Isacco. (Gen. 22), che Dio sacrifica per la salvezza. · Dio "si compiace" nel servo di Dio (Is. 42,1): profeta sofferente e glorioso. Gesù esce dall'acqua e inizia il suo cammino per un popolo libero.