Domenica di Pentecoste
12 giugno 2011 –
Giovanni. 14, 15-20
Riferimento : Atti degli Apostoli. 2, 1-11 - Salmo 103 -
Corinzi 12, 1-11
Benedici il Signore, anima mia, quanto
è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima
mia, non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le
tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la
tua vita, ti corona di grazia e di misericordia; egli sazia di
beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.
Il Signore agisce con giustizia e con diritto verso tutti gli
oppressi. Ha rivelato a Mosè le sue vie, ai figli d'Israele le
sue opere. Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande
nell'amore. Egli non continua a contestare e non conserva per
sempre il suo sdegno. Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe. |
Atti degli Apostoli. 2, 1-11
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si
trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso
dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e
riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di
fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e
tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare
in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere
di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti,
di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si
radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella
propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia,
dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E
come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua
nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia,
della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della
Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia
vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti,
Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle
grandi opere di Dio».
Negli Atti degli Apostoli il racconto della Pentecoste si
inserisce in una cornice ebraica fissata nel calendario delle
feste, a 50 giorni dalla Pasqua, con due significati: festa
della raccolta del frumento, le cui primizie vengono offerte a
Dio in gratitudine per i doni ricevuti e memoria del regalo
della Legge sul Sinai (Torah) che si è conclusa con l'Alleanza.
Se la Pasqua rappresenta l'ora del fidanzamento di Dio con il
suo popolo, liberato dall’Egitto, la Pentecoste richiama le
nozze, nella scelta reciproca e nel patto. Con la "festa delle
settimane " (così chiamata) si compie il primo grande impegno
solenne del popolo d’Israele. Con la Pentecoste cristiana si
celebra la nuova Alleanza nel dono dello Spirito. - Il dono di
Dio passa da "tutti" a "ciascuno" e va dall'esterno all'interno:
Dio entra in una comunità e arricchisce ogni persona della sua
forza. - Parlare in lingue significa assumere un linguaggio
diverso (la lingua degli altri) e quindi portare nel cuore di
ciascuno il messaggio nuovo di salvezza. Difatti Pentecoste è la
grande apertura che Dio fa ad ogni uomo mediante il suo Spirito
che è lo Spirito di Gesù e della sua Chiesa, portatrice
qualificata perché testimone di Gesù. - Lo Spirito scende sugli
Ebrei credenti: i destinatari primi sono gli Ebrei che vengono
da tutto il mondo conosciuto. Non è ancora la "Pentecoste dei
pagani" (Atti 10, 44-48) ma l’elenco delle nazioni enumera
l'ampiezza geografica dei popoli. Se il racconto
dell'apparizione di Dio al Sinai parlava, attraverso le
tradizioni rabbiniche, di 70 lingue diverse per proclamare la
legge, secondo le 70 nazioni della terra (Gen.10), qui c è un
catalogo di 15 paesi, raggruppati sotto i 12 segni dello
zodiaco, che si collocano, nella maggior parte, da est ad ovest
tra il golfo Persico e la parte orientale del bacino del
Mediterraneo. Ci sono 15 nomi localizzabili, più due che
introducono una distinzione qualitativa: "ebrei e proseliti".
Ricordano gli ebrei e i pagani, attratti dalla forza della più
stretta fede nel Dio unico. I prosèliti:sono coloro che, pur non
essendo Giudei di origine, hanno abbracciato la religione
ebraica ed hanno accettato la circoncisione. Così sono divenuti
membri del popolo eletto (cf.6,5;13,43;Mt 23,15). «Giudei» e
«prosèliti» non sono quindi nuove denominazioni di popoli, ma
solo termini che qualificano quelli già enumerati. - Meraviglia
e sbigottimento (ripetuti 3 volte) richiamano il superamento
dell’incomprensione esistente tra popolo e popolo, tra lingua e
lingua. Iniziata con la torre Babele (Gen 11,1-9) quando Dio
confuse il linguaggio dei popoli, le nazioni si trovarono, per
la loro esibizione e superbia, incapaci di capire e di
comunicare e quindi all’origine della violenza che porterà le
genti della terra alla guerra e alla morte, in tutta la loro
storia. Tradurre il linguaggio di Dio e i fatti della sua
presenza tra noi (v 6) significa tradurre la presenza di Gesù e
del suo Spirito nella vita quotidiana di ciascuno. Infatti, se
il messaggio si comunica come una presenza familiare, immersa
nella propri |
Corinzi 12, 1-11
Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi
nell’ignoranza. Voi sapete infatti che, quando eravate pagani,
vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli
muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione
dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anatema!»; e nessuno può
dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito
Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi
sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono
diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A
ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per
il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene
dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso
Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso
Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle
guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono
della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a
un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione
delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo
Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
Nel mondo greco, mentre c’era rimpianto per i fenomeni
estatici che nascevano dalle pratiche pagane, c’era anche il
tentativo di attribuirsi maggior valore e maggiore capacità e
dignità rispetto agli altri per il possesso di alcune
manifestazioni straordinarie. Così regnava una notevole
confusione a causa dei molti “carismi” che i cristiani
manifestavano nella loro vita privata e nella comunità. Anzi, a
causa di questi doni, spesso, sorgevano invidie, gelosie,
discussioni, confronti. Così, nei tre successivi capitoli, Paolo
sviluppa una sua riflessione sui carismi: - I carismi sono dati
per il bene della comunità: perciò non devono dare occasione a
rivalità (c 12). - La carità li sorpassa tutti (c 13). - La loro
gerarchia si stabilisce in base al contributo che portano
all’edificazione della comunità (c 14). Così S. Paolo, tra gli
argomenti che affronta nella prima lettera ai Corinzi, intende
chiarire, nel capitolo 12, il valore dei doni (“carismi”) di cui
è dotata questa comunità, suggerendo che l’origine è lo Spirito
Santo e la finalità è “l’utilità comune” (v 7). Si vuol leggere
un progetto e ci si rende conto di una coscienza particolarmente
preziosa in tutti nella Chiesa. Tutti hanno qualche cosa di
nuovo e di bello da portare: “A ciascuno è data una
manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune”
(v 7). Fondamentale, per comprendere l’unità della Chiesa e per
compiere una verifica sull’autenticità del proprio linguaggio, è
la professione di fede in Gesù: “Gesù è Signore”. Solo il
riconoscimento di Gesù come Dio manifesta il dono dello Spirito.
S. Paolo mostra la vera sorgente di tali doni. Essi scaturiscono
dalle tre persone divine: lo Spirito, il Signore (per Paolo è
Gesù risorto) e Dio indicato come il Padre (1,3). Il
dispensatore nella comunità resta comunque lo Spirito che la
arricchisce con la sua pienezza, offrendo questi “doni” in vista
di una crescita globale. E viene fatto l’elenco dei “carismi”
costituito da nove elementi: è la lista più lunga che si trovi
nelle lettere (1 Cor 12, 28-30; 14,26; Rm 12,6-8; Ef 4,11). Il
linguaggio della scienza e il linguaggio della sapienza sono
strettamente legati alla comprensione del mistero cristiano. E
però la fede, in questa situazione, è molto meno adesione
personale all’annuncio cristiano e molto più una fondamentale
fiducia nel compimento dei miracoli (Mt 17,20). I miracoli e le
guarigioni distinguono la comunità cristiana per l’attenzione ai
malati e per la confidenza del credente nella bontà di Dio. La
profezia costituisce il contenuto del cap. 14: è la capacità di
convertire, esortare, persuadere con il dono della Parola alla
costruzione della comunità. Si parla poi del discernimento che
aiuta ad operare un giudizio critico per aiutare le persone a
scegliere; e quindi si parla della glossolalia (il parlare in
lingue incomprensibili: S. Paolo non stima molto questo dono:
14,6-11), e della interpretazione delle lingue. Tutto aiuta a
costruire, ma bisogna arrivare al carisma più alto che
arricchisce ogni realtà in armonia: esso è la carità (12,31). |
Giovanni. 14, 15-20
In
quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: “ Se mi amate, osserverete
i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito
perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può
ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli
rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora
un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi
vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io
in voi.”
Nel Vangelo dl Giovanni continua il "discorso di addio" che nelle Scritture
ritroviamo in altre circostanze: Giacobbe (Gen 49), S. Paolo (Atti 20,17-38).
Qui è riproposto il messaggio globale: la ricapitolazione di tutto
l'insegnamento di Gesù in una forma dialogica e familiare, la promessa dello
Spirito e la rivelazione del progetto di Dio Padre sull'esistenza di Gesù
(soprattutto nella preghiera sacerdotale: c.17). • Stretta relazione tra amare
Gesù e osservare i suoi comandamenti: non si dice di quali comandamenti si
tratti, ma si sintetizzano, nel richiamo alla sua predicazione e alla
concretezza, in un rapporto con Lui. Non si tratta di proclamare principi o
pronunciare discorsi, ma di accogliere i comandi di Gesù. • Dono del Paraclito:
“Egli vi darà un altro Paraclito”:primo dei cinque testi che riguardano lo
Spirito (Paraclito, Spirito di verità, Spirito Santo) nel discorso dopo la cena.
Inviato dal Padre (o da Cristo) dopo la partenza di Gesù (16,7;7,39;At 2,33),
dimorerà per sempre presso i discepoli (14,15-17), per “insegnare” e “ricordare”
completando la comprensione dell’insegnamento di Cristo (14,25-26). Lo Spirito
conduce i discepoli in cammini di verità (8,32), spiegando loro il senso degli
avvenimenti futuri (16,12-15; cf.2,22;12,16;13,7;20,9). La tradizione ebraica
conosce un personaggio chiamato "Paraclito", "difensore" che aveva la funzione
di sedersi accanto agli accusati in tribunale e di ridimensionare o cancellare
le accuse di chi era citato in giudizio. Gesù si preoccupa di rassicurare i
discepoli perché finora il "difensoreconsølatore" è stato Lui. Ma dopo la sua
morte ci sarà un "altro Consolatore" che abiterà stabilmente in loro. Come
portatore di verità, insegnando e facendo ricordare ciò che Gesù ha detto (Gv
14,26), condurrà i discepoli verso la verità completa (Gv 16,13). Infatti alla
Comunità cristiana, che Gesù lascia, resta il preziosissimo compito di
sviluppare la missione iniziata da Gesù nel mondo. E’ perciò fondamentale che si
rafforzi con chiarezza la fede della Chiesa e di ciascuno nella Chiesa. Il mondo
non vede e non conosce: non ha capacità di comunione ma Gesù tiene fortemente al
mondo. Nel Vangelo di Giovanni "mondo" ha 3 significati diversi: 1) mondo è
l'ambiente in cui opera l'uomo = la terra. 2) indica l'umanità che Dio ama (Gv
3,16: “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio”). 3) indica una
realtà in mano al maligno: il “principe di questo mondo” (Gv12, 31) che si
oppone a Gesù, ma Gesù lo vince (“Io ho vinto il mondo”: Gv 16,33). Il
cristiano, in tutti i tempi, diventa luogo di incontro, dimora del Dio
trinitario poiché la pienezza di Dio si apre nel cuore del credente che si
trasforma nella tenda stessa di Dio: "Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e
il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv
14,23). La Pentecoste è come una grande garanzia che Gesù ci lascia: nello
Spirito resta con noi. Il Dio trinitario cammina nel tempo, trasforma con noi il
mondo, ci irrobustisce e ci aiuta a scoprire i suoi segni, le sue tracce nella
storia. Gli avvenimenti degli ultimi 50 annui ne sono un esempio bellissimo,
tutto da riscoprire. |