
DOMENICA DOPO L'ASCENSIONE
5 giugno 2011
LUCA 24, 13-35
Riferiemnti: Atti 1, 9-14 - Salmo 132 - 2 Corinzi 4, 1-6
Ricordati, Signore, di Davide, di tutte le sue prove, quando
giurò al Signore, al Potente di Giacobbe fece voto: "Non entrerò
sotto il tetto della mia casa, non mi stenderò sul mio
giaciglio, non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie
palpebre, finché non trovi una sede per il Signore, una dimora
per il Potente di Giacobbe". Ecco, abbiamo saputo che era in
Efrata, l'abbiamo trovata nei campi di Iàar. Entriamo nella sua
dimora, prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi. Alzati,
Signore, verso il luogo del tuo riposo, tu e l'arca della tua
potenza. I tuoi sacerdoti si vestano di giustizia, i tuoi fedeli
cantino di gioia. |
Atti 1, 9-14
Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una
nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano
fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in
bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uomini di
Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è
stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo
stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". Allora
ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è
vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato.
Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano.
C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso,
Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelòta e Giuda
di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella
preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di
Gesù e con i fratelli di lui.
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2 Corinzi 4, 1-6
Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che
ci è stata usata, non ci perdiamo d'animo; al contrario,
rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con
astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando
apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza,
al cospetto di Dio. E se il nostro vangelo rimane velato, lo è
per coloro che si perdono, ai quali il dio di questo mondo ha
accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del
glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio. Noi infatti
non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a
noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. E Dio che
disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori,
per far risplendere la conoscenza della gloria divina che
rifulge sul volto di Cristo.
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Luca 24, 13-35
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano
in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome
Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e
discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro
occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: "Che sono questi
discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?". Si fermarono, col volto
triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in
Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?". Domandò:
"Che cosa?". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu
profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i
sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte
e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con
tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune
donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non
avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione
di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al
sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto".
Ed egli disse loro: "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei
profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare
nella sua gloria?". E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in
tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio
dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi
insistettero: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al
declino". Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese
il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono
loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si
dissero l'un l'altro: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava
con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?". E partirono
senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e
gli altri che erano con loro, i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed
è apparso a Simone". Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e
come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Quello dei discepoli di Emmaus è certamente uno fra i brani più suggestivi e,
per certi versi, più aderente alla nostra realtà di persone in cammino,
certamente con molte certezze, ma spesso vittime di dubbi, perplessità,
interrogativi e desideri. Proviamo dunque a tentare una rilettura del testo
cercando di attualizzare l’annuncio e al tempo stesso cogliendo gli elementi
principali che favoriscono una comprensione, una interiorizzazione e quindi una
profonda e autentica assimilazione del messaggio teologico che esso contiene.
Nel giro di una settimana a Gerusalemme è capitato di tutto. Gesù è stato
accolto in maniera trionfale, acclamato come un re; ha trasmesso il comandamento
dell’amore; durante la cena per la pasqua ha rivelato il valore del servizio con
la lavanda dei piedi, ha garantito la sua presenza reale spezzando un pane e
versando del vino; è stato arrestato; ha sopportato tradimenti e rinnegamenti; è
stato arrestato, processato, condannato a morte, trafitto su una croce, sepolto…
E basta. Tutto è finito. Nel giro di una settimana sono sfumati progetti,
speranze e illusioni tessuti pazientemente in tre anni di sequela fedele e
attenta. Tutte le cose che abbiamo costruito, per le quali ci siamo spesi, per
le quali abbiamo sudato, lottato e pianto, per le quali abbiamo anche rischiato,
ci siamo esposti, sono definitivamente sigillate e oscurate dietro quella grande
pietra rotolata contro l’entrata di quel sepolcro nuovo, scavato nella roccia.
Sembra di sentirli: “…che delusione… e chi se l’aspettava… lasciamo perdere,
andiamo via… Basta, torniamo ad Emmaus!”. Sono i discorsi di due persone che,
dopo aver vissuto una esperienza affascinante ed esaltante con Gesù, si
ritrovano soli, abbandonati, sconfitti e decidono di abbandonare il “cuore” di
questa vicenda per dirigersi verso il definitivo ritorno alla realtà di prima,
al quotidiano di ogni giorno. A questo punto, se non conoscessimo l’esito della
vicenda e se dovessimo completare la storia con i nostri sistemi, è facile
intuire le reazioni: “…e fate come volete… pazienza… peggio per voi… siete
grandi e vaccinati... arrangiatevi…”. C’è qualcuno che non la pensa così. “…Gesù
in persona si accostò e camminava con loro” (v. 15b) e non perché “è togo” e gli
piace mettersi in mostra e affermare la sua supremazia, tant’è che “…i loro
occhi erano incapaci di riconoscerlo” (v. 16). E’ lui che prende l’iniziativa e
soprattutto cammina al loro fianco, si fa compagno di quella strada, di quella
determinata fase del loro cammino. Certamente – e ce lo rivela l’originale del
testo greco – il loro discutere e discorrere era visibilmente animato, tanto che
è facile per lo sconosciuto permettersi di domandare loro: “Ma di che cosa state
parlando così calorosamente?”. Anche qui, con il nostro stile poco aperto al
dialogo, verrebbe voglia di sostituirci alla risposta dei due discepoli: “Ma
cosa vuoi? Fatti i fatti tuoi!”. E forse, dopo che essi rispondono: “Di quanto è
capitato a Gerusalemme in questi giorni” ed egli incalza: “E che cosa è
successo?”, non verrebbe voglia di rispondere: “Ma scusa, dove vivi? Dove hai la
testa?”. Invece è talmente forte la ferita che sentono dentro, la sensazione di
essere stati ingannati, che essi sentono il bisogno di sfogarsi. D’altronde
chiunque avrebbe convenuto con loro sull’assurdità della vicenda, quindi non
esitano a raccontare e esprimere tutta la loro delusione. E questo si
coglie dai verbi che utilizzano: fu profeta grande… speravamo fosse lui a
liberare Israele… I discepoli avevano i loro progetti e le loro speranze;
certamente, anche sulla scia delle idee promosse dagli zeloti, ai quali era
legato uno di loro, che ritenevano che la liberazione dovesse esprimersi con
atti militari e tendere alla ricerca della prosperità economica e del benessere
materiale. Invece Gesù non solo è condannato a morte, ma alla morte in croce,
infamante, riservata ai malfattori. Questo non rientra nei loro progetti. Anche
noi abbiamo desideri, progetti, speranze cui ci aggrappiamo con tanta passione,
senza considerare che alcuni accadimenti possono rivelarci che esiste un
progetto di Dio, diverso dal nostro, che naturalmente non possiamo prevedere o
preventivare, più grande dei nostri pensieri. Per questo non riusciamo a pensare
che possa essere più bello, più utile, più entusiasmante per noi e più capace di
fare fiato e speranza. Certo, non è facile aprirsi e abbandonarsi al progetto di
Dio e al mistero che lo accompagna. Ma per cosa pensate che Gesù “…si accosta e
cammina con noi”? Non certo per una sterile comprensione affettiva o per
assecondare delusioni o incomprensioni. Egli è la via, la verità e la vita. Per
questo cammina con noi: per condurci sulla via; per questo ci spiega le
scritture: per portarci alla verità; per questo spezza il pane: per donarci la
vita. |