IV Domenica dopo Pentecoste
10 luglio 2011

Luca. 17, 26-30. 33
Riferimenti : Genesi 6, 1-22 - Salmo - Galati5, 16-25

Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?  Fino a quando nell'anima mia proverò affanni, tristezza nel cuore ogni momento? Fino a quando su di me trionferà il nemico?  Guarda, rispondimi, Signore mio Dio, conserva la luce ai miei occhi, perché non mi sorprenda il sonno della morte,  perché il mio nemico non dica: "L'ho vinto!" e non esultino i miei avversari quando vacillo.  Nella tua misericordia ho confidato. Gioisca il mio cuore nella tua salvezza e canti al Signore, che mi ha beneficato.
Genesi 6, 1-22

In quei giorni.Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni». C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo –, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi. Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. Questa è la discendenza di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra ed ecco, essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra. Allora Dio disse a Noè: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e, a un cubito più sopra, la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore. Ecco, io sto per mandare il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. Degli uccelli, secondo la loro specie, del bestiame, secondo la propria specie, e di tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie, due di ognuna verranno con te, per essere conservati in vita. Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e fanne provvista: sarà di nutrimento per te e per loro». Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece.

L’autore biblico vuole continuare l'insegnamento sui grandi fatti dell'umanità, fino ad arrivare alla scelta che Dio farà con il piccolo popolo d’Israele, iniziando con Abramo. Così i primi 11 capitoli del libro della Genesi, che comprende anche il racconto del diluvio, aiutano a ripensare al progetto di Dio, al disfacimento di ciò che si è incancrenito, alla ricomposizione di una realtà nuova e infine alla costituzione di un'Alleanza. Siamo in un racconto detto “Preistoria biblica” dove gli elementi fondamentali sono delle linee teologiche che esprimono i progetti di Dio, utilizzando un materiale culturale corrente nel tempo e che ha, come protagonista, l'uomo in quanto tale, e cioè l'unica umanità di tutti i tempi, creata da Dio, come vertice della creazione, ricaduta nella miseria a causa del peccato liberamente commesso. Nel testo vengono riportati i racconti simili ai miti presenti nelle diverse culture del medio-oriente, in particolare dei cananei e degli assiro-babilonesi. E tuttavia rispetto a questi il racconto rivela una diversa concezione del cosmo e dell'umanità, compresi alla luce della fede dell'unico Dio Creatore e Salvatore. L'adattamento, ovviamente si è formato secondo criteri personali dell'autore o degli autori, formati nella coscienza di fede ebraica. Nella cultura medio-orientale erano conosciuti racconti di inondazioni diverse, ma soprattutto quella raccontata e ritrovata scritta su tavolette circa episodi nella vita di Gilgamesh: potrebbe essere il richiamo di una enorme inondazione, comunque la si voglia identificare. Il racconto vuole avere il significato di un castigo di Dio che vuole cancellare una umanità dissoluta. Molti elementi mitici e mitologici conosciuti vengono recuperati all'interno del disegno di Dio che si presta ad una riflessione sulla storia. Così l'autore biblico utilizza molto materiale antico esistente, lo tratta con molto rispetto e nello stesso tempo lo interpreta. I figli di Dio non sono tanto semidei come poteva far pensare una mitologia orientale, ma i discendenti dei giusti che però sposano le figlie degli uomini (potrebbero essere identificate come le città Cananee, città come spose). Tra gli ebrei era proibito sposarsi con delle straniere che potevano portare costumi ed usi licenziosi, e comunque culture idolatriche. In tal modo l'incontro matrimoniale si sviluppa spesso in poligamia, in dissoluzione sessuale, in turbamenti di rapporti che non mantengono coerenza e correttezza.. In questo caso si decade lentamente nella perversione e, dice l'autore biblico, un Dio che ha fatto tutte le cose belle, si ritrova con una umanità che sta dissolvendo ogni patrimonio di valori e di bellezza. Da qui il linguaggio umano di Dio che si pente; e il pentimento viene manifestato attraverso la distruzione di ciò che vive. E tuttavia il Signore sa guardare l'onestà e la bellezza che ancora esiste in una famiglia e quindi viene consegnato a Noè, ai suoi tre figli e alle quattro donne della famiglia, il compito di salvarsi dalla distruzione, salvando l'umanità e la vita degli animali per poter così ricominciare un progetto nuovo. Per amore di giusto vengono la salvezza e il perdono. Se finora gli anni della vita sono stati enormemente allargati, ora si riducono fino ai 120 anni (drastica riduzione rispetto agli antenati). Nel frattempo Noè riceve il compito di costruire l'arca: è un natante, a forma di cassa, lunga circa 150 m, larga 25 m e alta 15 m (il cubito è 46 cm). L'autore biblico si preoccupa anche di rendere verosimile il manufatto perché Noè non può avere a disposizione colonne ma solo tronchi d’albero. Si limita perciò a tre piani, secondo la divisione del mondo: sotto terra, la terra e il cielo. L’arca non ha né prua, né poppa, né remi, né timone. E’ destinata a galleggiare e non ad arrivare ad una destinazione particolare. A ben vedere, tuttavia, ci si preoccupa di parlare di un tempio più che di una nave e Noé compie tutto quello che il Signore ha detto, senza pensare di programmarsi un futuro. Egli accetta di restare nelle mani di Dio. Il testo merita di essere letto fino alla sua conclusione (capitolo 9) mentre vengono riferiti molti elementi concreti e curiosi, dipendenti dalle fonti da cui è tratto il racconto. Se si vuol fare un esempio, tutto assomiglia ad un avvenimento storico riportato su un dipinto. Mentre si fa conoscere delle linee generali, non si possono dimenticare i particolari concreti che nessuno, però, scambia per realtà oggettiva. Gli elementi fondamentali di questo racconto sono l'arca (ripetuta 7 volte) il diluvio (v 17) e l'alleanza (v 18). L'umanità non è capace di reggere il rapporto con Dio e si lascia travolgere dalla propria potenza, e sottomettere dalla seduzione. Il Signore vuole riportare questo mondo ad una sua bellezza, pur nella fragilità di una umanità mortale. Egli vuole stabilire un rapporto di amicizia reciproca e di rispetto. Noè sarà all'altezza della situazione e Dio stesso garantirà che l’umanità non sarebbe più stata distrutta da un diluvio.

Galati5, 16-25

Fratelli, Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non ,sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. 19Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi,divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. 25Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito

La lettera ai Galati è stata scritta attorno all'anno 55 d.C ed è stata inviata alle chiese che abitano nella Galazia, al centro dell'attuale Turchia, visitate da Paolo nel suo primo viaggio missionario. Paolo affronta una realtà che si sta dimostrando ambigua: nella comunità cristiana si inseriscono alcuni giudeo-cristiani che ribadiscono la necessità della legge mosaica e della circoncisione anche per i cristiani che vengono dal paganesimo. Per molti ebrei erano ancora troppo radicate la legge di Mosé e quindi la cultura che ad essa si rifaceva. Il valore di Gesù, che pure era riconosciuto grande, non arrivava a ridimensionare e quindi a sostituire i criteri legati alla mentalità ebraica della salvezza. Paolo è impaurito e, nello stesso tempo, adirato perché non si accetta, da parte di molti, di arrivare ad una chiarezza fondamentale, riconoscendo Gesù come il Figlio di Dio, unico mediatore, superiore a Mosé e alla legge ebraica, rivelatore di Dio Padre per noi. Neppure la risurrezione di Gesù dai morti riesce a fare breccia nelle perplessità e nelle scelte fra i custodi della legge ebraica, e perciò non sanno rivolgersi totalmente nella fede in Gesù, accettando di essere diventati figli di Dio. Il richiamo fondamentale è quello della libertà: "Cristo ci ha liberati per la libertà" (5,1). Per questo ci deve essere una particolare attenzione a mantenere questa libertà salda e purificata. Si parla della “carne” per indicare che l'uomo, se vive al di fuori dell'influsso dello Spirito, è soggetto all'egoismo. (vv19-21). Lo Spirito, che si contrappone alla “carne”, è lo Spirito di Dio, presente in ogni credente, che lo porterà a produrre frutti di beni. Paolo insiste su scelte positive, suggerendo di assecondare lo Spirito più che sviluppare sforzi particolari di ascetismo. Secondo un uso che spesso Paolo sviluppa nell'elencare i "cataloghi di vizi" (vedi nelle lettere ai Romani, 1Corinti, Efesini, Colossesi), sono ricordati circa 15 azioni perverse che allontanano dal Regno di Dio. In contrapposizione al "desiderio della carne", lo Spirito produce frutti di amore. In questo caso Paolo ne elenca 9: essi rappresentano lo stile nuovo e la libertà del cristiano. «Voi, infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13). Paolo non dimentica che, in conclusione, la radice della novità e la sintesi della legge è l'amore reciproco: «Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Gal 5,14). Fanno sempre molta impressione l’attenzione e la preoccupazione di identificare il credente in Gesù come colui che porta la gioia e la pace. Paolo non si trovava in un mondo migliore del nostro, eppure egli ritiene fondamentale l’espressione che nasce dal cuore e che si dimostra nella operosità e nelle scelte.

 

  Luca. 17, 26-30. 33
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: “ Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano  moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva”.

Il breve testo di questa domenica è inserito in quella che si chiama "Piccola apocalisse (o piccola rivelazione) di Luca” (17,20-18,8). Luca ha presente, probabilmente, la fatica e la sofferenza delle prime comunità cristiane che desiderano poter sapere e vedere visibilmente e gloriosamente, in proprio, “il giorno del Signore che viene”. Esse attendono un intervento risolutivo di Dio come giudizio sul bene e come condanna del male, per concludere la fatica e la sofferenza della persecuzione. Fondamentale parola in questi testi è la “fede”. Infatti, all'inizio e alla fine di questa sezione, Gesù la richiama: "La tua fede ti ha salvato" (17,19) e “Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra ?" (18,8). Così, in sottofondo, da parte degli ascoltatori, emergono due interrogativi sul Regno. ”Quando e dove" il Regno di Dio si farà evidente?” E mentre parlano del Regno, i discepoli si rendono conto di parlare del re di questo Regno. In altri termini si chiede conto a Dio del significato e dello sviluppo della storia umana e, convinti che Dio dirige la storia, vengono poste le domande fondamentali per intravvedere sia il dominio di Dio sia il futuro del mondo e quindi lo svolgersi della gloria di Gesù.  La risposta che Gesù dà loro passa attraverso l'esperienza che pur dovranno fare, a somiglianza dell’inviato del Signore. il re di questo Regno, Egli dovrà supportare l'umiliazione della povertà e della morte fino alla croce. La manifestazione di pienezza sarà solo alla fine della storia, ma questa viene dopo aver trascorso insieme le sofferenze della contraddizione della realtà quotidiana. E’ quello che conta, infatti. Conta ciò che ciascuno vive nel suo presente e a questo siamo chiamati per incarnare giorno per giorno la parola di Gesù, altrimenti il passato e il futuro sono vuoti. Ma attenti! Questo cammino della storia ha come esemplificazione gli avvenimenti che hanno toccato Noè e Lot. I loro contemporanei hanno sperimentato con mano, certamente, il senso della loro quotidianità e hanno creduto così di costruire la propria vita e la propria salvezza. Al tempo di Noè essi hanno esaurito la loro attenzione nel mangiare, nel bere, nello sposarsi e nel tempo di Lot hanno sviluppato una quotidianità, rivolgendo, in più, interesse nello sviluppo del commercio e nel costruire. In pratica non risulta che abbiano fatto qualcosa di male, svolgendo una vita, legata alla dimensione umana. E tuttavia sono stati travolti perché hanno esaurito le loro energie, semplicemente, nell'operare, perdendo di vista il progetto di Dio. Anche per le generazioni future ci sarà una sorpresa. Ognuno è chiamato a vivere nel suo tempo e nel suo spazio. Nel frattempo, però, sarà. Importante che si viva questa quotidianità, ancorandosi al fondamento della nostra vita con la parola di Gesù e accettando di vivere alla sua presenza. Si parla di acqua e di fuoco. Ma Gesù porta un’acqua nuova ed un fuoco nuovo: per chi è credente, Gesù offre l'acqua del battesimo e il fuoco dello Spirito. Così il credente diventa segno di questa attesa per tutti, nella sua quotidianità, mentre esprime la fedeltà a Gesù e il coraggio di progetti e stili nuovi di vita. Le tre letture di questa domenica si aprono ad una riflessione sulla storia: a. Il mondo in cui siamo si deforma e si depaupera sempre di più nella violenza fino al punto da arrivare alla dissoluzione e alla morte (1 lettura). b. Gesù nel Vangelo dice: "Siete posti nel mondo per essere un segno di speranza” e quindi ci chiede di vivere ciò che il Vangelo di Matteo ci fa leggere: "avete udito ma io vi dico" (Mt cc5-6) c. San Paolo ci dà la traccia di pensieri e di sentimenti nuovi da vivere nelle nostre comunità e nel presente: nel tempo e nello spazio, in cui ci troviamo. Rispetto al tempo di Noé e di Lot, Gesù ci dà strumenti