
V Domenica di Pasqua
22 maggio 2011
Giovanni. 14, 21-24
Riferimenti : Atti degli
Apostoli. 10, 1-5. 24.34-36. 44-48a - Salmo 65 -Filippesi.
2,12-16
A te si deve lode, o Dio, in Sion; a te si
sciolga il voto in Gerusalemme. A te, che ascolti la preghiera,
viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu
perdoni i nostri peccati. Beato chi hai scelto e chiamato
vicino, abiterà nei tuoi atrii. Ci sazieremo dei beni della tua
casa, della santità del tuo tempio. Con i prodigi della tua
giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza, speranza dei
confini della terra e dei mari lontani. Tu rendi saldi i monti
con la tua forza, cinto di potenza. Tu fai tacere il fragore del
mare, il fragore dei suoi flutti, tu plachi il tumulto dei
popoli. Gli abitanti degli estremi confini stupiscono davanti ai
tuoi prodigi: di gioia fai gridare la terra, le soglie
dell'oriente e dell'occidente. |
Atti degli
Apostoli. 10, 1-5. 24.34-36. 44-48a In quei giorni.
Vi era a Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della
coorte detta Italica. Era religioso e timorato di Dio con tutta
la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava
sempre Dio. Un giorno, verso le tre del pomeriggio, vide
chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e
chiamarlo: «Cornelio!». Egli lo
guardò e preso da timore disse: «Che c’è, Signore?». Gli
rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite
dinanzi a Dio ed egli si è ricordato di te. Ora manda degli
uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone,
detto Pietro. Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad
aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato.
Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi
conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo
teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga.
Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele,
annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il
Signore di tutti. Pietro stava ancora dicendo queste cose,
quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che
ascoltavano la Parola. E i fedeli
circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche
sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li
sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati
nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito
Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù
Cristo.
Gli Atti degli Apostoli ci ricordano la conversione di
Cornelio, un centurione che coltiva profondo rispetto per la
religione d'Israele, a somiglianza dell'altro centurione di
Cafarnao ricordato da Luca (Lc7,1-10). Pregare, elargire
elemosine e amare il popolo d'Israele non costituiscono,
tuttavia, azioni sufficienti per far parte del popolo di Dio.
D'altra parte Cornelio non ha accettato la circoncisione per cui
rimane un uomo impuro, inavvicinabile dai pii israeliti,
preoccupati di far parte dell’unico popolo
privilegiato di Dio. Pietro è scrupoloso di seguire la legge,
accolta e insegnata dai rabbini e, a buon conto, anche Gesù non
ha accolto, tra i suoi, i pagani, ribadendo così le scelte
ebraiche tradizionali. E tuttavia gli avvenimenti che si
susseguono, i segni e i richiami, le attese e le convergenze
portano Pietro, nonostante le sue indecisioni, a seguire
itinerari nuovi. Il centurione pagano Cornelio e la sua famiglia
si sono convertiti alla fede in Cristo: è un segno imprevedibile
delle scelte e delle prospettive che Dio apre sul mondo. Perciò
Pietro, mentre sintetizza la fede in Gesù come contenuto
essenziale del credere, sente che sta imparando, egli stesso,
dai segni di novità e di conversione quanto il Signore compie:
imprevedibilmente il Signore apre a tutti gli uomini
(universalità) l’ingresso al Regno, in modo totalmente gratuito.
“Chiunque lo teme e pratica la giustizia é accetto a Lui”
(v.35). Così l’elemento primo di rapporto con
Dio non è più l’appartenenza ad un popolo, ma sono le
disposizioni interiori, identificate con il “rispetto
riverenziale”(chi teme) e la condotta rispettosa della volontà
divina (“praticare la giustizia”). “Gesù è il Signore di tutti”:
questa è la fede ed è necessaria la forza dello Spirito per
accoglierla (1Cor. 12,3). Essa proclama che quell’uomo Gesù, che
molti hanno conosciuto in Palestina e che è
passato beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto
il potere del diavolo, é stato elevato, dopo la morte, al di
sopra dei cieli per la risurrezione; perciò ha la Signoria del
mondo ed é Dio. Ma poiché é un Dio imprevedibile, i suoi debbono
continuamente scoprire scelte e atteggiamenti nuovi ogni giorno.
“In verità sto rendendomi conto...” dice Pietro. Pietro scopre
che l'annuncio di salvezza è destinato a tutti, senza
discriminazione, affermando che Dio è imparziale nel giudizio e
non razzista. L'apertura religiosa di chi riconosce Dio e la
rettitudine morale sono una preparazione in cui si realizza una
pre evangelizzazione. Pietro non fa un invito alla conversione,
ma sviluppa un appello alla fede in Gesù,
Signore e Giudice (vv37-43). E prima ancora di ricevere il
battesimo, la discesa dello Spirito Santo su Cornelio e i
familiari indica, in maniera evidente, che il progetto di Dio
per i pagani non passa più solo attraverso l'ebraismo, ma
inserisce anche immediatamente nella Chiesa mediante la fede in
Gesù e il battesimo. Negli Atti il dono dello Spirito però è
strettamente legato alla fede, non
necessariamente al battesimo. Perciò centrale, per la pastorale,
è la fede in Gesù, l’uguaglianza delle persone, la presenza di
Dio e della sua volontà che si manifesta via via nella storia
mentre a noi spetta il compito di cercare, di
approfondire con umiltà proposte e significati, di osare nella
linea dell’amore del Padre. |
Filippesi. 2,12-16
Miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo
quando ero presente ma molto più ora che sono lontano,
dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio
infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo
disegno d’amore. Fate tutto
senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e
puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia
e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel
mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di
Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né
invano aver faticato.
Il capitolo 2° della “Lettera ai Filippesi” sviluppa una
ricca esortazione di Paolo alla comunità che ha dovuto lasciare,
allontanandosi per i suoi compiti missionari.
- Così i primi quattro versetti del capitolo sviluppano alcune
linee fondamentali per favorire l'unità: "Se dunque c’è qualche
consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della
carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono
sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia
con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo
unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma
ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori
a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche
quello degli altri.” Il testo riportato diventa premessa molto
interessante che invita ad avere "gli stessi sentimenti di Gesù.
- E i successivi cinque versetti (vv6-11) esemplificano il
significato dei sentimenti di Gesù che si possono sintetizzare
nell'umiltà: Gesù si è impoverito per amare e salvare il mondo.
È un testo splendido, probabilmente un inno
della Comunità cristiana, in cui viene sintetizzata,
teologicamente, tutta la vicenda di Gesù "prima, durante la sua
vita, dopo la risurrezione". - Il testo di oggi riprende i
suggerimenti iniziali di Paolo mentre garantisce la sua fiducia
per questa comunità: essa deve continuare nella propria
obbedienza anche ora che Paolo è lontano, deve vivere con
sollecitudine e attenzione la propria vita, deve maturare la
propria dipendenza da Dio e il senso della
salvezza. La vita va vissuta con "rispetto e timore": non c’è
nulla di servile, ma sentimenti di consapevolezza di fronte alla
grandezza di Dio, nel cammino verso di Lui. È importante che ci
si renda conto che l'azione di Dio sia un sostegno all'azione
umana e non una contrapposizione: la libertà di Dio e la libertà
dell'uomo si completano a vicenda. Un suggerimento che viene da
antichi ricordi sul comportamento del popolo nel deserto ricorda
che vanno evitate "le mormorazioni e le esitazioni". Bisogna
saper ricondurre ad una comunità che sia
generosa, irreprensibile, pura, costituita da "figli di Dio
innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa".
Ritorna sempre la prospettiva di una evangelizzazione che passa
attraverso la testimonianza, più che attraverso una operosità
sociale all'interno del contesto in cui si vive. Infatti la
prospettiva che Paolo pone nel suo ambiente,
abituato a culture e criteri pagani di vita, è fondamentalmente
il costituire una esemplarità di piccole comunità all'interno di
realtà urbane. E tale esempio procurerà luminosità, stile e
scelte di vita. Paolo, che utilizza solo qui l'espressione:
"Vangelo come parola di vita", è entusiasta della sua missione
anche se sente la fatica del lavoro che compie da una parte e il
timore, dai risultati che sperimenta, di fare un sforzo
sprecato. E tuttavia egli è fedele, ma supplica gli amici, in
questo caso i Filippesi, di far tesoro degli insegnamenti che
egli ha loro offerto, perché davanti al Signore, un giorno, come
evangelizzatore, possa sentirsi fiero di loro.
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Giovanni. 14, 21-24
In
quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: “Chi accoglie i miei
comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal
Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non
l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al
mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre
mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di
lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate
non è mia, ma del Padre che mi ha mandato”.
Stiamo leggendo, nel Vangelo di Giovanni, parte del “discorso di
addio” di Gesù all'interno del racconto dell'ultima cena, pronunciato per
preparare i suoi discepoli prima dei fatti drammatici della passione. Già al
v.18 Gesù assicura che, nonostante i fatti che si svolgeranno prossimamente
nella sua vita e che lo allontaneranno anche da loro, egli verrà ai discepoli:
"Non vi lascerò orfani,
ritornerò
a voi". Il mondo non potrà vederlo, ma essi godranno di una profonda comunione
con Lui e sperimenteranno la salvezza che Egli ha portato dal Padre a loro.
Perciò, con questa consapevolezza che "Io sono nel Padre, voi in me ed io in
voi", Gesù garantisce il suo amore profondo e pieno per la loro fedeltà che si
manifesterà attraverso l'obbedienza ai comandi di Gesù e quindi all'amore che
essi porteranno. A questo punto Giuda, non l’Iscariota, pone il problema a Gesù
della sua visibilità. Gli apostoli, infatti, hanno sperimentato già da tempo
molta discrezione da parte sua e quindi molta ritrosia circa il volersi
manifestare al mondo (v 22).
Eppure in Israele tutti aspettano un Messia con
prodigi spettacolari, capaci di stupire il mondo. E questa è
un'attesa che continuerà ad essere presente anche sotto la croce. E invece Gesù
non vuole che i miracoli siano divulgati (Mt 12,15), rispettando una strana
profezia del profeta Isaia: "Non contesterà né griderà né si udrà nelle
piazze la sua voce." (Mt12,19). Anche i suoi parenti che
vivono a Nazareth, un giorno, gli hanno detto: «Parti di qui e va’ nella Giudea,
perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu compi. Nessuno infatti, se
vuole essere riconosciuto pubblicamente, agisce di nascosto. Se fai queste cose,
manifesta te stesso al mondo!». Neppure i suoi fratelli infatti credevano in
lui. Gesù allora disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo
invece è sempre pronto. Il mondo non può odiare voi, ma odia
me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive. Salite voi alla
festa; io non salgo a questa festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto».
(Gv 7, 2-8). Gesù vuole manifestarsi ai discepoli insieme al Padre, venendo ad
abitare in loro. Gesù vuole fare le opere del Padre e le opere del Padre non
sono fondamentalmente i miracoli, né i gesti stupefacenti. Gesù parla di sé e
alle sue opere in riferimento allo stile, al perdono, alla liberazione, alla
parola nuova, all'accoglienza aperta a tutti ecc. Si tratta certamente di
scoprire quali sono le opere di Dio e di riprenderle nella
nostra vita come veri progetti che il Signore suggerisce. Gesù richiama alla sua
parola perché discepoli possano vedere in Lui colui che rivela il Padre, colui
che lo fa presente nel cuore di ciascuno e colui che invia lo Spirito. Da qui
una grande domanda di verifica pastorale: quali sono le opere di Dio per noi e
tra noi?
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