
III Domenica di Pasqua
8 maggio 2011
Giovanni. 1,29-34
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 19, 1b-7 - Salmo 106 - Atti
degli Apostoli. 19, 1b-7
Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia. Chi può narrare i prodigi
del Signore, far risuonare tutta la sua lode? Beati coloro che
agiscono con giustizia e praticano il diritto in ogni tempo.
Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci
con la tua salvezza, perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo, ci gloriamo con la tua
eredità. Abbiamo peccato come i nostri padri, abbiamo fatto il
male, siamo stati empi. I nostri padri in Egitto non compresero
i tuoi prodigi, non ricordarono tanti tuoi benefici e si
ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso. Ma Dio li salvò
per il suo nome, per manifestare la sua potenza. Minacciò il mar
Rosso e fu disseccato, li condusse tra i flutti come per un
deserto;
|
| Atti degli Apostoli. 19, 1b-7
In quei giorni. Paolo, attraversate le regioni
dell’altopiano, scese a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli e
disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti
alla fede?». Gli risposero: «Non abbiamo nemmeno sentito dire
che esista uno Spirito Santo». Ed egli disse: «Quale battesimo
avete ricevuto?». «Il battesimo di Giovanni», risposero. Disse
allora Paolo: «Giovanni battezzò con un battesimo di
conversione, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe
venuto dopo di lui, cioè in Gesù». Udito questo, si fecero
battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe
imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si
misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa
dodici uomini.
Paolo, ormai, è nel pieno della sua missione, in viaggio
oltre la Palestina. E’ rimasto per molti mesi a Corinto e si
sposta ora ad Efeso, una delle più grandi città dell'impero con
una popolazione stimata di circa 300.000 abitanti. Come al
solito, Paolo prende contatti con ebrei osservanti che però già
conoscono Giovanni Battista. La domanda fondamentale che viene
loro rivolta è sulla consapevolezza dell’esistenza e dei doni
dello Spirito Santo "quando siete venuti alla fede". Essi
riconoscono di non aver mai sentito parlare di Spirito Santo e
quindi la dimensione della loro fede si ferma all'annuncio di
Giovanni Battista. Questi aveva suscitato un infinito interesse
sia tra gli ebrei residenti in Palestina e sia tra gli ebrei
stranieri che spesso frequentavano le feste a Gerusalemme. Così,
avendo fatto tesoro di tutto quello che avevano accolto, avevano
intravisto nel messaggio di Giovanni sia l’incoraggiamento per
un cambiamento e sia la novità del Messia per il tempo prossimo.
Della predicazione di Giovanni Apollo, un giudeo di Alessandria,
arrivato a Corinto, ne faceva motivo di vita e Luca, alcuni
versetti prima, racconta il ministero sapiente che Apollo
svolgeva presso i Giudei, insegnando la venuta di Gesù, il
Messia atteso da Israele (18,28). Ma Luca, riportando questa
testimonianza, precisa che Apollo parlava di Gesù sviluppando
una riflessione sulle profezie dell'Antico Testamento ma della
vita e della esperienza di Gesù Apollo sapeva ben poco,
fermandosi egli al battesimo di Giovanni, poiché, di fatto
Apollo non aveva conosciuto Gesù. Per completare allora una
conoscenza successiva di ciò che era stato Gesù, si incaricarono
Priscilla e Aquila, una coppia di coniugi cristiani e amici di
Paolo, ad ascoltare Apollo,”poi lo presero con sé e gli esposero
con maggiore accuratezza la via di Dio" (18 26). Il battesimo di
Giovanni, dice Luca, è solo un ingresso nella conversione. E’
quindi un cambio di mentalità per l'apertura all'attesa di Dio
che manda il suo Messia. Segna un tempo di preparazione che
attende l'incontro della fede con Gesù; e l'incontro avviene
attraverso il battesimo, nel nome del Signore che invia il suo
Spirito e che produce nella comunità dei credenti un cambiamento
nuovo e fondamentale. Infatti apre: - alla conoscenza di Gesù
come ricchezza di speranza per tutti (la profezia), l - a nuove
espressioni di linguaggi che possono raggiungere più popolazioni
(lingue che non delimitano la fede ma la propongono come una
ricchezza universale per tutti), - a una nuova comunità che si
esprime in una più profonda comunione (espressa, in questo caso,
in un numero simbolico, qui 12 uomini). Si scopre così che la
fede di Gesù non è semplicemente un richiamo alla serietà
personale, ad un comportamento corretto e coerente come spesso
viene tradotto il comportamento cristiano ancora oggi, ma è
molto di più. Si apre ad una nuova speranza perché tutti ipopoli
possano conoscere il Salvatore, l'amore di Dio per noi.
L'esperienza umana di Gesù non è solo onestà di fondo ma
presenza di Dio tra noi, un paradigma per ogni credente nel
tempo e nello spazio. Il richiamo allo Spirito, ripreso
fortemente nel Concilio Vaticano secondo, dovrebbe aiutarci a
ripensare più profondamente al cammino delle nostre comunità,
preoccupati di andare, con l'attenzione, oltre ad una morale
individuale. |
Atti degli Apostoli. 19, 1b-7
Fratelli, Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei
beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non
costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa
creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non
mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del
proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti,
se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una
giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano
purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il
quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia
a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte,
perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di
un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in
riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza,
coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era
stata promessa
L'autore biblico volle impostare, in questo testo, il
significato di Gesù e il suo sacerdozio in rapporto di comunione
tra noi e Dio, affrontando il problema del peccato,
dell'espiazione, della conversione del cuore, dell'accoglienza
di Dio. Nelle religioni pagane l’espiazione doveva avvenire
attraverso offerte e sacrifici per placare la divinità.
Nell’Ebraismo il significato dell'espiazione non era tanto
quello di placare un Dio adirato ma quello di ricostruire la
possibilità di un rapporto. Dio non si scaglia contro il suo
popolo, ma è l'uomo infedele che deve convertirsi per ritornare
alla vita attraverso un cambiamento interiore e di azioni
fedeli. Il mondo ebraico esprimeva questa esigenza attraverso lo
“Yom Kippur:” una giornata interamente dedicata alla preghiera,
al digiuno, alla Parola di Dio e ai riti espiatori. Così nel
tempio il sommo sacerdote, entrando nel “Santo dei santi” (la
parte più interna e inaccessibile del tempio), un’unica volta
all'anno, aspergeva col sangue anche il luogo di Dio come aveva
fatto al Sinai sul coperchio dell'arca, indicando questa
comunione con Dio e il suo popolo: il sangue infatti era
ritenuto la sede della vita e quindi, asperso sul popolo e
sull’arca, crea legame e comunione. In questo testo, facendo
riferimento al giorno dello “Yom Kippur” viene ricordato Cristo
e il parallelismo diventa facile: - Gesù è sommo sacerdote, non
ha bisogno di chiedere perdono per sé perché la sua offerta è
pura, - offre il suo sangue innocente, - entra nel tempio di Dio
che è il cielo. Così la comunità cristiana sa di non aver più
bisogno del sangue degli animali per chiedere perdono, ma
celebra l'Eucarestia, la grande offerta di Gesù, riproposta tra
noi, che ristabilisce questo contatto profondo tra la comunità
credente e il Padre stesso, nel Figlio attraverso lo Spirito. |
Giovanni. 1,29-34
In quel tempo. Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse:
«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del
quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di
me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli
fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo
Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo
conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse:
“Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza
nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di
Dio».Giovanni Battista, finalmente, è la figura che da secoli il
popolo d’Israele sperava d’incontrare e viene immediatamente accettato come
profeta. Tuttavia sorgono attorno a lui molti interrogativi. Ci si augura un
grande cambiamento e addirittura si ipotizza che possa essere il Messia. Ad una
delegazione che pone a lui espressamente la domanda, Giovanni il Battista
risponde: "Io non sono il Cristo, battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno
che voi non conoscete" (1,19-28). L'elemento che Giovanni intravvede in Gesù è
un elemento sconcertante, che nessuno finora aveva applicato al Messia: Giovanni
parla dell'immagine dell'agnello. La preparazione di Giovanni il Battista,
probabilmente sviluppata a Qumran, nel gruppo degli esseni, ha maturato una
spiritualità che lo ha portato a collegare insieme vari richiami: - il sangue
dell'agnello, sugli stipiti delle porte, quando il popolo d’Israele fu liberato
da Mosé, salvò dall’eccidio dell'angelo sterminatore i primogeniti, - l'agnello
che veniva ucciso nel tempio, ogni giorno, mattino e sera, allontanava le forze
del male, esprimendo la propria espiazione di popolo peccatore e fedele, -
l'agnello "condotto al macello prende su di sé i peccati del mondo" come ricorda
Isaia (53,7-12). - Ma Giovanni Evangelista, probabilmente, carica di questa
immagine, alla luce di Gesù sulla croce, anche con il sacrificio di Abramo che
stava per compiere sul figlio Isacco, deciso di voler offrire a Dio, come
testimonianza totale, la propria fedeltà. E all'ultimo momento viene salvato
perché nei dintorni un agnello prende il posto di Isacco. - E Giovanni ancora,
nel suo Vangelo, fa di tutto per ricordarci che Gesù muore sulla croce nello
stesso pomeriggio, la vigilia di Pasqua, in cui gli ebrei sacrificavano
l’agnello nel tempio, lasciandolo alcune ore appeso perché ne scorresse fuori il
sangue. Giovanni il Battista parla di Gesù come colui su cui lo Spirito discende
e che "rimane su di lui". Il personaggio perciò è carico di una profezia, dice
Giovanni “che mi è stata rivelata (non lo sapevo)”: "per questo Spirito che
rimane in lui egli battezza nello Spirito e quindi, finalmente, lo Spirito di
Dio si afferma in lui e in tutti coloro che crederanno in lui. Il mondo ritorna
ad essere carico dei doni che Dio manda a coloro che elegge. Giovanni Battista
arriva al culmine della rivelazione di Gesù e lo proclama con una fede che
corrisponde alla fede della Comunità Cristiana: “Egli è il Figlio di Dio”.. Il
Messia viene con la mansuetudine, l'innocenza e la fragilità di un agnello e non
con la forza di un leone (pur discendendo dalla tribù di Giuda"). E lo Spirito
non scende con la decisione e la potenza di un'aquila ma con la dolcezza di una
colomba. |