III Domenica di Quaresima
(di Abramo)
27 marzo 2011
Giovanni 8, 31-59
Riferimenti: Esodo 34, 1-10 - Salmo 106 - Galati 3, 6-14
Celebrate il Signore, perché è buono, perché eterna è la sua misericordia. Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode? Beati coloro che agiscono con giustizia e praticano il diritto in ogni tempo. Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci con la tua salvezza, perché vediamo la felicità dei tuoi eletti, godiamo della gioia del tuo popolo, ci gloriamo con la tua eredità. Abbiamo peccato come i nostri padri, abbiamo fatto il male, siamo stati empi. I nostri padri in Egitto non compresero i tuoi prodigi, non ricordarono tanti tuoi benefici e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso. Ma Dio li salvò per il suo nome, per manifestare la sua potenza. Minacciò il mar Rosso e fu disseccato, li condusse tra i flutti come per un deserto; li salvò dalla mano di chi li odiava, li riscattò dalla mano del nemico. L'acqua sommerse i loro avversari; nessuno di essi sopravvisse. |
Esodo 34, 1-10
In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Ioscriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco, io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te.
Abbiamo letto il racconto di un secondo ritorno di Mosè sul Sinai. Disceso dal monte, la prima volta, con le tavole incise che dovevano essere il trionfo della fedeltà e la conferma della preferenza di Dio per questo popolo, nel campo degli Israeliti è avvenuto l’inimmaginabile: orge, costruzioni di idoli con l’oro di famiglia portato dall’Egitto, rifiuto dell’autorità di Mosè, guerra interna che si scatena per avere una vittoria o un predominio. Mosè vince una vera battaglia, compiendo con i suoi un massacro di ribelli. Ma, a questo punto, è convinto che la sconfitta più terribile se l’è procurata davanti a Dio. E’ convinto del rifiuto di Dio, della lacerazione di un’alleanza prefigurata. E’ convinto di non avere futuro e di doversi preparare ad un destino di abbandono e di morte nel deserto. E invece Mosè (Es. 34,4-10) è invitato da Dio a ritornare sul monte. Dio vuole rifare una copia della prima legge che era andata distrutta nella disperazione di un tempo senza futuro. Le prime tavole erano state opera di Dio, scritte da Dio e donate (32,16). Qui Dio non recede e accetta di scrivere ancora una seconda volta la legge ma le nuove tavole di pietra debbono essere preparate da Mosè stesso: la legge nasce è si propone in collaborazione. Il Signore mantiene la misericordia con fedeltà e amore; e questa è la sorpresa per tutti, ma soprattutto per Mosè, che sta imparando a conoscere Dio. E infatti Dio gli si ferma accanto, nascosto e palese ("scese nella nube" v.5) e si proclama per ciò che Mosè deve capire sulla identità di Dio stesso. Il Signore, infatti, è fondamentalmente "misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di fedeltà". Questa proclamazione è rivelazione di Dio, gioiosa intuizione per Mosè che ormai si sente legato al suo popolo e quindi solidale, nel bene e nel male; e tuttavia pienamente unito a Dio e all'esigenza di fedeltà. La misericordia del Signore fa intuire una profondità di legame e di coinvolgimento impensabile. Così Mosè, che teme di restare solo e angosciato in questa scelta di solidarietà, scopre che è possibile riprendere una speranza grande e un progetto interrotto. Questo Dio fa prevalere il perdono anche se continua, nella giustizia, la punizione. Ma il favore e il perdono stanno come 1000 e 4. Mosè accoglie e "si curva in fretta fino a terra" (v.8) e riprende la sua preghiera di intercessione. Chiede che "il Signore cammini in mezzo a noi, che perdoni la nostra colpa e ci faccia sua eredità ". Si ritrovano continuamente uniti il richiamo del cammino vittorioso, la protezione della presenza divina, la gloria di essere custodi ed eredi nella scelta di Dio (Deut. 4,20; 9,26.29). Mosè comunque, fino in fondo, si sente mediatore e fa le scelte preziose di solidarietà con il popolo, a somiglianza di Gesù. Mosè prende su di sé il peccato del popolo (nostra colpa) anche se, nel tempo del peccato della sua gente, è lontano e rimane, per 40 giorni, al cospetto di Dio stesso sul monte.
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Galati 3, 6-14
Fratelli, come Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia, riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: In te saranno benedette tutte le nazioni. Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che il giusto per fede vivrà. Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, 14perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito
S. Paolo, nella lettera ai Galati, parla della fede di Abramo. Fede e giustizia vanno insieme connesse. Un uomo é "giusto" perché crede, non solo perché osserva la legge. E questa osservazione fa dire all'apostolo che solidali con Abramo sono i credenti e quindi anche i pagani che accettano con fede il messaggio cristiano senza passare attraverso le opere della legge. Paolo, in tal modo, si preoccupa di ritornare alla riflessione tra legge e fede e ci richiama al metodo della interpretazione della Scrittura; * Chi fa quanto é comandato vi trova la vita (Levitico 18,5). * Chi non fa tutto quello che é prescritto nel libro della legge incorre nella maledizione (Deut. 27,26). * Evidentemente l'umanità non riesce a rispettare tutte le norme della legge per cui essa é caduta sotto la maledizione. * Chi può salvare é solo Gesù, il redentore dei maledetti: si é fatto egli stesso maledetto poiché é stato confitto in croce (Deut. 21,23: i crocifissi erano maledetti). * Gesù, morto e risorto, recupera ogni benedizione per tutti poiché in lui, maledetto, si é consumata la morte. La risurrezione é il nuovo mondo in cui Dio esprime le promesse, lo Spirito, la fede. |
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Giovanni 8, 31-59 a
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
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Ingresso alla fonte di Gihon,
da l'acqua alla piscina di Siloe |
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Piscina di Siloe |
S. Giovanni pone il tema del confronto tra Gesù ed Abramo (che qui è ricordato 8 volte). Il discorso si divide in tre parti: * 8,31-41a: Gesù imposta il tema della libertà mediante la verità (del Figlio) e la discussione nel confronto della libertà dei giudei che, dicendosi figli di Abramo, si sentono già liberi. * 8,41b-47 legato alla parola-aggancio: Padre, ha per tema la paternità di Dio o di Satana. * 8,48-59 il testo passa dalla paternità dei giudei alla paternità di Gesù. Gesù ripropone le vere scelte di chi crede in Lui. Non basta essere nati da una stirpe eletta. Bisogna mettere in pratica ili messaggio che viene offerto a questo popolo. Di fatto si può dar credito a Gesù e credere in lui senza trarne la conseguenza. Il messaggio di Gesù porta alla libertà che viene da Dio. Ed essere figli di Dio significa dimostrarlo nella condotta. Chi invece è bugiardo e omicida ha come padre il nemico dell'uomo, E infatti vogliono ucciderlo sotto il pretesto religioso perché adempie le autentiche opere di Dio. Egli è verità e dà una vita nuova, molto più grande di quella della razza e della discendenza: é una vita che non conosce fine, è definitiva, rende tutti uguali, nella stessa dignità, indipendentemente dalla nascita. Il testo è fortemente polemico, con una discussione serrata tra Gesù e i giudei. Praticamente ogni rapporto di accoglienza e di comprensione si tronca poiché Gesù sempre più si fa datore della vita: "Non vedrà mai la morte chi compie il mio messaggio" (51). Egli è considerato "pazzo e samaritano" poiché interpretano che Gesù parli della liberazione della morte fisica. Si appellano alla grandezza di Abramo e dei profeti solo per dire che sono morti anche loro (essi non hanno una vitalità ma sono collocati nel passato). Gesù dice invece che Abramo aveva avuta notizia del giorno del Messia: "Vide il mio giorno e ne gioì" (56). La risposta non intravede il profilo Messianico e ritorna alla banalità dell’età biologica di Gesù’, provocando la proclamazione più clamorosa e scandalosa: "Prima che Abramo fosse, lo Sono" (58). Nel mondo rabbinico si affermava che prima della creazione Dio aveva concepito il progetto di varie realtà fra cui la legge, Israele e il Messia. I giudei si sentono autorizzati a giudicarlo immediatamente un bestemmiatore e quindi meritevole di morte (tentativo di lapidazione: 8,59). Si contrappongono così due figliazioni: da una parte la figliazione abramitica che non sorge dalla nascita ma dalla fede, dal "rimanere in Gesù", dalla grazia ed ha qualità gioiose ed esaltanti: la libertà, la verità, la vita. Dall'altra la figliazione satanica ha tragiche qualità: l'orgoglio, la schiavitù, la menzogna e l'omicidio. Tutto il testo, che incomincia con un dialogo con “quei Giudei che gli avevano creduto", si risolve in un disastro. Poiché questa fede non si è maturata nella fiducia, nella pazienza e nella fedeltà a Cristo. A questa mancanza di accoglienza che disorienta corrisponde la volontà di morte. Gesù aveva scacciato dal tempio la gente perché profanava la casa del Padre (2,15). Adesso il Padre non è più nel tempio che è occupato da assassini e bugiardi e perciò Gesù esce dal tempio.
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