I Domenica di Avvento
14 novembre 2010

Matteo 24, 1-31
Riferimenti: Isaia 51, 4-8 - Salmo - Seconda Tessalonicesi 2, 1-14

Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio abitanti del mondo, voi nobili e gente del popolo, ricchi e poveri insieme. La mia bocca esprime sapienza, il mio cuore medita saggezza; porgerò l'orecchio a un proverbio, spiegherò il mio enigma sulla cetra. Perché temere nei giorni tristi, quando mi circonda la malizia dei perversi? Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba. Vedrà morire i sapienti; lo stolto e l'insensato periranno insieme e lasceranno ad altri le loro ricchezze.

Isaia 51, 4-8

Così dice il Signore Dio: Ascoltatemi attenti, o popoli; nazioni, porgetemi l'orecchio. Poiché da me uscirà la legge, il mio diritto sarà luce dei popoli. La mia vittoria è vicina, si manifesterà come luce la mia salvezza; le mie braccia governeranno i popoli. In me spereranno le isole, avranno fiducia nel mio braccio. Alzate al cielo i vostri occhi e guardate la terra di sotto, poiché i cieli si dissolveranno come fumo, la terra si logorerà come una veste e i suoi abitanti moriranno come larve. Ma la mia salvezza durerà sempre, la mia giustizia non sarà annientata. Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete l'insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni poiché le tarme li roderanno come una veste e la tignola li roderà come lana, ma la mia giustizia durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione.

Stiamo leggendo un testo (a partire dal cap. 49) che sviluppa diversi aspetti della consolazione che il Signore sa dare. Nella sua visione sul futuro di Israele, Isaia incoraggia il popolo ad ascoltare il Signore, almeno tre volte nell'arco dei primi 8 versetti del capitolo 51: "Ascoltatemi (v. 1), porgete orecchio (v. 4). ascoltatemi (v. 7)". C'è un invito al popolo di Israele a cercare il Signore, facendo memoria della propria radice: si parla di roccia e si parla di cava da cui viene presa la pietra per costruire (v. 1). Dio è più grande di qualunque Potenza e di qualunque essere umano. Il Signore perciò manderà la sua salvezza e il popolo si renderà conto di una nuova legge che uscirà, garantita dal Signore stesso. A questo punto tutte le nazioni scopriranno che da Dio e dal suo popolo esce il diritto come luce per tutti. La giustizia di Dio sarà forte, sarà vicina e sarà vera. Il braccio di Dio governerà i popoli, offrendo finalmente a tutte le nazioni speranza e fiducia in colui che comanda. E se il tempo logorerà il cielo e la terra e la morte sembrerà che faccia da padrona, la giustizia e la salvezza di Dio dureranno per sempre. Solo la giustizia di Dio dura sempre, e ciò avviene per ogni generazione. Tuttavia, con i propri occhi, il popolo d'Israele sta contemplando una realtà di disorientamento e di esclusione. E quindi grida al Signore di aver bisogno di Lui, della stessa potenza con cui ha creato il mondo, della stessa forza con cui ha liberato, in passato, i loro padri nell'esodo, strappandoli all'Egitto. Il popolo viene incoraggiato a continuare a credere alla fede ed alla legge “che porta nel cuore”, anche se é schernito dagli uomini. Nel nostro tempo si rifà pesante il clima di individualismo che distorce la solidarietà, deforma la legge che diventa, spesso, pretesto per ingiustizie, separandola dalla giustizia, o si elude la legge stessa riportando interessi e danaro, potenza e potere come criteri di vita. La mentalità corrente tende a diventare sempre più mafiosa, quando il riferimento non è più ciò che è giusto, ma ciò che mi interessa. In tal caso, tuttavia, si generano criteri di guerra e di oppressione che distruggono il cuore più che non le mura o il tempio di Gerusalemme.

Seconda Tessalonicesi 2, 1-14

Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, vi preghiamo fratelli, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, l'iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d'inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità. Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l'opera santificatrice dello Spirito e lafede nella verità, chiamandovi a questo con il nostro vangelo, per il possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.

Nella seconda lettera ai Tessalonicési Paolo inizia con il saluto e il ringraziamento a Dio per la fermezza di fede dei destinatari e assicura che l'aver perseverato nella fedeltà, nonostante le fatiche, li porterà alla gioia eterna mentre chi avrà rifiutato il Regno sarà punito dalla giustizia di Dio. A questo punto pronuncia una duplice preghiera: il Signore vi renda degni della sua chiamata e compia nei Tessalonicési l'opera iniziata nella carità e nella fede. La preoccupazione di Paolo resta sempre quella di un comportamento coerente da parte dei ”fratelli che lui ama”. Quello che restituisce consapevolezza e coraggio è la coscienza che il Signore è presente e che il Signore viene. Paolo allora si sforza di offrire alcuni segni, utilizzando espressioni già note nell’AT che riguardano avvenimenti drammatici e catastrofici (Is 11,4; Ez 28,2; Dn11,36). Di questo futuro prossimo o lontano, non si sa, se ne parla in giro utilizzando linguaggi strani e fantasiosi. Qualcuno ha addirittura immaginato di poter garantire le proprie affermazioni con una lettera scritta da Paolo stesso, pretendendo di affermare che il tempo della fine è ormai alle porte. Per questo, dice Paolo, rifiutando con chiarezza ogni comunicazione a lui attribuibile su questi problemi, si preoccupa di firmare di suo pugno la lettera che sta inviando (3,17). Prima della fine, dice Paolo, si verificherà il rinnegamento della fede da parte di molti (apostasia); e comparirà “l’uomo dell’iniquità”, che si contrappone a Dio, ma che qualcuno “lo trattiene”. Tolto quest’ostacolo, esploderà l’odio contro Cristo e i credenti in Gesù. Certamente sarà annientato da Cristo stesso, ma l’empio raggiungerà un altissimo livello di grandezza, di potenza e di prodigi. Nella riflessione Paolo non ci dà elementi di identificazione per capire i riferimenti che porta e tuttavia chiarisce che esistono, dentro di noi, nonostante inganni e illusioni, capacità di libertà e responsabilità senza acquiescenze e senza fatalismi. La prospettiva è un orizzonte di difficoltà e di lotta e tuttavia l’essere credenti ci apre alla fiducia, al ringraziamento per l’amore del Signore, per la vocazione ricevuta, per lo Spirito Santo che ci santifica nella verità. La lettura della storia ci obbliga a ripensare a questi testi che, se non si decifrano nel contesto di Paolo, poiché non abbiamo sufficienti elementi, ci danno però dei parametri per l’oggi: la persecuzione dei credenti innocenti nel Medio Oriente e non solo, l’orgoglio e la potenza dell’uomo d’iniquità, lo stravolgimento della legge, l’illusione del benessere a scapito di interi popoli dimenticati. I credenti in Gesù sono invitati a ripensare sul significato dell’esistenza e della propria fede, a vivere in modi diversi, a chiarirsi e chiarire, a ripresentare il significato della coerenza alla ricerca della verità di cui Gesù è portatore.

Matteo 24, 1-31

In quel tempo. Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Gesù disse loro: «Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata». Sedutosi poi sul monte degli Ulivi, i suoi discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Dicci quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose: «Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine.  Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; 8 ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori. Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato. Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine. Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda , allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati. Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: E' là, non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l'ho predetto. Se dunque vi diranno: Ecco, è nel deserto, non ci andate; o: E' in casa, non ci credete. Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Dovunque sarà il cadavere, ivi si raduneranno gli avvoltoi. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli.

Il muro del pianto

II Vangelo di Matteo di questa liturgia inizia il quinto discorso di Gesù (capp 24-25) secondo i criteri di Matteo (le parole di Gesù sono, infatti, raggruppate in questo Vangelo in cinque lunghi insegnamenti, per un richiamo alla “Legge” ebraica che veniva custodita nei primi cinque libri della Bibbia). L’argomento fondamentale, in tale discorso, è la fine del mondo che viene identificata con la venuta (parusia) del Figlio dell'uomo (Gesù risorto). Viene utilizzato un particolare linguaggio detto "apocalittico", usato in quel tempo per indicare fatti nuovi e sconvolgenti. Gesù abbandona definitivamente il Tempio e la città santa per salire al monte degli Ulivi proprio di fronte alla città ed al tempio che risplende sotto il sole come il gioiello più prezioso e più sacro (v. l). E per il tempio i discepoli mostrano l’orgoglio di essere parte di un popolo che ospita Dio ed è capace di offrire una casa bella, degna di Dio. Ma il destino di questi luoghi sacri è segnato: "Non resterà pietra su pietra". Gesù annuncia una conclusione impressionante che sconvolge e crea, insieme, molta curiosità: "Quando la distruzione? Quando la tua venuta? Quando la fine del mondo?" Nel v. 3 si vede bene l’intreccio dei piani: si parla, da una parte, del crollo del tempio, abbattuto dai romani nel 70 d.C. e consacrato con la “dedicazione ebraica” al tempo di Erode il grande nel 18 a.C. Insieme, si riflette sulla soluzione globale di tutta la storia del mondo. A Gesù chiedono il “quando?”, ma il maestro vuol fare superare la curiosità sul tempo. Non offre date o appigli, ma vuol riportare la riflessione sul “come” si cammina nella storia. Come affrontare l’attesa, il tempo presente che è l’unica realtà concreta su cui si giocano la libertà di ciascuno e la presenza di Dio? Egli sviluppa i segni della venuta, preannunciando ai discepoli l'inganno di falsi profeti, le guerre, le tragedie della lotta fratricida, le carestie e i terremoti. Tutta questa è la vita quotidiana e, nello stesso tempo, la fatica prevista per la nascita di un mondo nuovo. L'inizio dei dolori è come la sofferenza del parto (Gv 16,21). Alla sofferenza della persecuzione si aggiungerà anche la fatica del conflitto nella Chiesa stessa, a causa del raffreddamento dell'amore. Ma ogni credente è invitato ad essere fedele a Gesù fino alla vittoria conclusiva poiché tale fedeltà permetterà, cosi, di partecipare al trionfo con lui. In tutto questo cataclisma si profilano però la grande gioia e la ricca vitalità del "Vangelo del Regno". Esso sarà annunciato in tutto il mondo da una comunità che non si lascerà sopraffare dalla paura e dal male. Quando il Signore verrà, ci saranno cataclismi nel cielo (ma è un linguaggio da non prendere alla lettera; lo si usa anche per parlare della caduta di Babilonia (Is 13,10) e del popolo di Edom (Is 34,4). Verrà il Figlio dell'uomo con il suo segno. Potrà essere la croce che è stata lo strumento di morte e di rifiuto, orgoglio di potere e segno di amore. E si scoprirà che nel progetto di Dio la croce ha materializzato la fedeltà di Gesù al Padre mostrandola e garantendola anche a noi. Egli ha vinto i criteri di potenza che si sono sviluppati nella storia e ha trionfato sul mondo. Le immagini utilizzate, oltre la croce, sono: il raduno e il suono della tromba (per gli ebrei serviva come richiamo di chi comanda perché ha il potere di raccogliere). Il Signore è potente e grande. Ha lasciato nel cuore dei discepoli il segreto della sua potenza e della salvezza. Perciò bisogna valutare il mondo, vivere attentamente nella linea di Gesù e "vegliando".