III Domenica di Avvento
28 novembre 2010
Matteo 11, 2-15
Riferimenti: Isaia 35, 1-10 - Salmo 84 - Romani 11, 25-36-25
Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L'anima mia languisce e brama gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. Anche il passero trova la casa, la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio. Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente, anche la prima pioggia l'ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion. Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera, porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe. Vedi, Dio, nostro scudo, guarda il volto del tuo consacrato. Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove, stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi. Poiché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine. Signore degli eserciti, beato l'uomo che in te confida. |
Isaia 35, 1-10
Così dice il Signore Dio: Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; nessun impuro la percorrerà. Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere e gli ignoranti non si smarriranno. Non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce la percorrerà o vi sosterà. Vi cammineranno i redenti. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.
II profeta Isaia esprime un drammatico giudizio contro Edom, raffigurato come simbolo del male a causa dell'atteggiamento ostile manifestato verso Gerusalemme in occasione dell'assedio babilonese. Il castigo è descritto come morte dei nemici, devastazione del paese, invasione di animali selvaggi e di demoni. (cap 34). Il capitolo 35 (la lettura di oggi) offre, in contrapposizione, la visione della felicità e della benedizione di Dio su Sion e i suoi abitanti, prospettando il ritorno degli esuli a Gerusalemme in una natura rigogliosa e splendente. Il testo è un canto di gioia per il rimpatrio dall'esilio e il deserto, che è un ostacolo per chi vi si avventura, cambia e diventa un giardino. La terra arida e impraticabile acquisterà lo splendore del Libano, del Carmelo e di Saron per alberi e per acqua: sono i luoghi più fertili e rigogliosi del vicino Oriente in cui si manifesta la maestà di Dio. Il popolo vedrà la magnificenza del Signore e la sua gloria perché Egli compirà il miracolo della gioia in un popolo vacillante e distrutto. E coloro che sono messaggeri di questo futuro nuovo sono invitati a infondere forza (v 3: "mani fiacche e ginocchia vacillanti") Nel cuore di ciascuno finalmente ci saranno la speranza per l'annunzio e il coraggio: "il Signore viene a salvarci". Il Signore ristabilisce la giustizia per il suo popolo ("vostro Dio") che è il Dio dell'alleanza e che perciò non si è mai dimenticato della sofferenza nel tempo dell'esilio. E parlare qui di vendetta divina (v 4) richiama intanto il castigo degli eserciti vincitori; ma insieme evoca la salvezza che il Signore attua nei riguardi del suo popolo, in particolare negli ultimi (questi testi sono citati in senso messianico, da Matteo 11,5 e Luca 7,22). Il linguaggio poetico, infatti, si allarga all'attenzione per i più deboli ed i poveri; non ci sarà solo liberazione, ma ogni cieco vedrà, e ogni muto potrà parlare, e lo zoppo potrà saltare di gioia e il sordo potrà udire (la sanità dei malati è per tutti poiché si ricordano 4 condizioni: e il 4 è il numero della terra). Saranno così cancellati ogni segno di tragedia, ogni disgrazia, sopravvenute per la deportazione, la malattia, la denutrizione e il maltrattamento. Ci sarà una "via Sacra" che percorrerà il territorio da Babilonia a Gerusalemme e su di essa cammineranno i redenti (a Babilonia esisteva una “via Sacra” che gli schiavi costruivano per la
processione delle statue pagane e che collegava i diversi templi). Gli ultimi tre vv. si ricollegano alla visione di Isaia che sogna il raduno del popolo disperso: di questo sogno si trova traccia in tutto il libro. Non ci saranno più pericoli di animali "leoni e bestie feroci", non ci saranno "impuri e stolti", (idolatri o nemici di Dio), ma sarà un percorso di libertà di vita e di gioia. Anche il richiamo della felicità che splende sul capo fa riferimento, probabilmente, ad abitudini culturali: celebrando, si portavano sul capo corone di fiori. Tutto questo popolo, allora come oggi, deve riconoscere di essere "cieco, sordo, zoppo e muto", per vedere il Signore nella storia, per ascoltare la sua parola, per osare un cammino di coerenza ed aprire dialoghi con azioni nuove nel mondo, dove si vive e si lavora. |
Romani 11, 25-36-25
Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati. Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso
tutti! O profondità della ricchezza, della sapienza e
della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
Per Paolo il fatto che il popolo d'Israele, globalmente inteso, non abbia accettato Gesù come Messia resta sempre un grande interrogativo. Se ne fa un cruccio, poiché soffre per i fratelli e le sorelle, che “sono stati visitati dal Signore”, ma non l’hanno accolto. E tuttavia si sforza di approfondire, di capire e di motivare questo distacco. Se il popolo d'Israele, chiudendosi a Gesù, ha disertato le nuove comunità, riflette san Paolo, questa lontananza ha permesso di aprire il nuovo annuncio, senza difficoltà, ai pagani. Se Israele si fosse convertita tutta e subito, probabilmente i nuovi credenti, provenienti dal paganesimo, non avrebbero ricevuto pari riconoscimento e cittadinanza nel popolo di Dio. La conversione, relativamente facile dei pagani (o “gentili” da “genti”), non avviene con tensioni ed esclusioni (un esempio può essere la problematica che è iniziata ad Antiochia ed è stata risolta con saggezza pastorale da Barnaba: Atti 11,19 ss). In tal modo, però, alla fine, il Signore riproporrà anche al popolo d’Israele la pienezza dell’incontro (Israele è, comunque, fondamentale per parlare di salvezza) e sarà pieno il ricongiungimento nella misericordia per tutti i popoli. E se il compito della prima Alleanza, vissuta da Israele, si è sviluppato nella storia, mantenendo attesa e speranza, con Gesù questo compito si allarga su tutto il mondo poiché il Padre vuole salvare tutti gli uomini, travolti dal male. Alla fine, nella misericordia, con la sua ricchezza di doni e di predilezione, anche Israele entrerà, insieme a tutti i popoli della terra, nell'incontro totale con Dio. Il testo si sviluppa con ritmi che richiamano il 3, il numero di Dio: "la profondità di Dio nella ricchezza, sapienza e conoscenza è interpellata da tre domande e tutto si riconduce al significato dell'esistente: "da Lui, per mezzo di Lui e per Lui". Il mistero sulla storia resta, ma una misericordia premurosa e fedele di Dio sa condurre verso la pienezza di vita, nonostante la fatica, la sofferenza e il male del mondo. |
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Matteo 11, 2-15
In quel tempo. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!
Nel Vangelo di Matteo la domanda più grande che turba la ricerca di tante persone viene
espressa a Gesù da Giovanni il Battista che è in carcere e scopre che le sue attese sono
completamente diverse. Eppure ha parlato come profeta e su questa attesa sta giocandosi, fino in fondo, la sua vita: Allora "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". I discepoli, che continuano a tenere i contatti con Giovanni Battista in carcere, debbono svolgere una precisa missione presso Gesù per essere illuminati circa l'identità del Messia. Sanno che "Colui che doveva venire", deve essere il re e il giudice della fine dei tempi, destinato a ristabilire l'ordine e la giustizia turbati dai nemici e dai peccatori in Israele. Eppure sembra che Gesù segua un altro programma. Proprio questo stile, assolutamente impensabile, porta disorientamento e perplessità. Giovanni si chiede il senso della propria vita e vuole verificare la credibilità del suo messaggio. Da giudice, da re vincitore, come lo aveva immaginato e proposto, si ritrova un Messia che opera senza clamori e risonanza, "senza gridare nella piazza, né spezzare la canna incrinata, né spegnere il lucignolo fumigante" (Mt 12,19-20). Gesù risponde suggerendo ai messaggeri di udire e vedere e quindi riferire: "I ciechi, gli storpi, i lebbrosi, i sordi sono guariti, i morti risuscitati, ai poveri è predicata la buona novella". Vengono ripresi Isaia (c.35) e Isaia (c.61) con, in più, il richiamo ai lebbrosi e ai morti. La novità della risposta non sta tanto nei miracoli: in questo tempo molti parlano di ciarlatani con fatti straordinari. Straordinario è l'allineamento di un mondo nuovo secondo la parola dei profeti che restituiscono dignità e gioia ai diseredati (l’elenco è costituito di 6 elementi a cui si aggiunge la beatitudine di chi non si scandalizza: è il vero mondo liberato). A questo punto "beato chi non si scandalizza di me" poiché la strada è così nuova e imprevedibile che diventerà sempre più sconcertante fino ad essere realmente “scandalo” (1 Cor. 1,23); infatti, si arriverà fino al Calvario con la crocifissione del Re dei Giudei. E tutti grideranno: “Se tu sei figlio di Dio, scendi dalla croce”. Il dubbio che Giovanni ha superato, avendo maturato una sua riflessione sui profeti, non sarà superato, invece, dalle persone attorno a Gesù. Anzi tale dubbio prenderà sempre più corpo e diventerà garanzia di imbroglio: “Se non è capace di salvare se stesso, è un ciarlatano”. Giovanni sarà grande, il più grande tra i figli di donna, poiché precederà Colui che viene da parte di Dio e sarà fedele fino alla morte. Ma si fermerà al limitare del Regno. Il Regno è la presenza nuova di Dio in Gesù. I tempi e lo stile del Regno sono enormemente nuovi e diversi; aprono ad un mondo assolutamente inaspettato e disorienteranno tutti, anche noi, come allora. Davanti a Gesù, si tratta di fare un passo nuovo che introduca nel Regno, nella comunità della fede, nel mondo della Parola viva: "Il più piccolo nel regno é più grande di Giovanni." Perciò Gesù sa che é "beato colui che non si scandalizza di lui”. Questa frase ci obbliga a ripensare seriamente alla proposta cristiana. Se è troppo logica, troppo chiara, troppo normale, troppo tranquilla, troppo scontata, probabilmente non é quella vera, quella di Gesù! |