
V Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni il Precursore
2 OTTOBRE 2011
MATTEO 22,34-40
RIFERIMENTI : GALATI 5,1-14 - SALMO 17 -
DEUTERONIMIO 6,4-12
Accogli, Signore, la causa del giusto, sii
attento al mio grido. Porgi l'orecchio alla mia preghiera: sulle
mie labbra non c'è inganno. Venga da te la mia sentenza, i tuoi
occhi vedano la giustizia. Saggia il mio cuore, scrutalo di
notte, provami al fuoco, non troverai malizia. La mia bocca non
si è resa colpevole, secondo l'agire degli uomini;
seguendo la parola delle tue labbra, ho evitato i sentieri del
violento. Sulle tue vie tieni saldi i miei passi e i miei piedi
non vacilleranno. |
GALATI 5,1-14 Cristo
ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e
non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco,
io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà
nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere
che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge. Non
avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la
giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. Noi
infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la
giustificazione che speriamo. Poiché in Cristo Gesù non è la
circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che
opera per mezzo della carità. Correvate così bene; chi vi ha
tagliato la strada che non obbedite più alla verità? Questa
persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un pò
di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per
voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba,
subirà la sua condanna, chiunque egli sia. Quanto a me,
fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono
tuttora perseguitato? È dunque annullato lo scandalo della
croce? Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano. Voi
infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa
libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma
mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta
la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto:
amerai il prossimo tuo come te stesso
Paolo scrive ai Galati con grande determinazione, ma avendo
davanti agli occhi la loro generosità e la loro disponibilità
passate ad accogliere il Signore attraverso la predicazione
dell’apostolo stesso. Egli ha memoria dei rapporti intensi di
solidarietà e di solidità della loro fede. Perciò, scrive questa
lettera e richiama alcune loro deformazioni con grande
sofferenza perché ha l’impressione che si siano affrettati ad
alterare la loro fede, equivocandola, ingannati da falsi
annunciatori. Questi, infatti, stanno pensando che sia
necessario riprendere la legge e le usanze ebraiche, in
particolare la circoncisione, perché la salvezza non può
avvenire se non per la legge di Mosé. Per questo Paolo scrive
con chiarezza: solo Gesù ci ha liberati per costituirci liberi.
Importante allora non dimenticare questa diversità, e non
immaginare che la circoncisione possa mantenere un grande
valore. “Se accettate la legge ebraica, convinti
dell’obbligatorietà dell’osservarla tutta, rischiate di non
esserne mai sufficientemente all’altezza e di immaginare, nel
contempo, che la vostra salvezza si ottenga solo attraverso le
opere”. A questo punto i Galati non solo non sono più liberi, ma
Cristo non può fare più niente per loro. “Così voi vi angosciate
nel seguire la legge e cadete nella disperazione di non sapere
più osservarla”. La salvezza non viene dalle opere, viene dalla
fede che vi rende operosi per mezzo della carità (v 6). Questo
versetto è una sintesi splendida di tutta la riflessione morale
che Paolo compie. Bisogna tuttavia ricordare che la libertà non
è né capriccio, né la voglia di fare quel che ci piace. Dalla
libertà si accoglie la pienezza per unirsi profondamente a
Cristo e si imposta una comunione con Lui che ha amato ogni
persona e quindi chiede di vivere come Lui, secondo l’amore per
il prossimo. Vengono ricordati qui due modelli di vita che Paolo
riconduce alla “carne” e allo “Spirito”. La “carne” è principio
di peccato. Il comportamento carnale è esemplificato da un
“catalogo di vizi” (19-21) mentre lo “Spirito” è azione della
grazia che conduce all’amore. In tal modo non si è estranei, né
tanto meno sfruttatori del prossimo, ma amici e addirittura
“disponibili al servizio”. Così Paolo consegna una grande
verifica sulla bontà religiosa di ciò che si sceglie.” Tutta la
Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto:
Amerai il tuo prossimo come te stesso” (14).
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DEUTERONIMIO 6,4-12
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno
solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta
l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti
stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai
quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via,
quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla
mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e
li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.
Quando il Signore tuo Dio ti avrà fatto entrare nel paese che ai
tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti;
quando ti avrà condotto alle città grandi e belle che tu non hai
edificate, alle case piene di ogni bene che tu non hai riempite,
alle cisterne scavate ma non da te, alle vigne e agli oliveti
che tu non hai piantati, quando avrai mangiato e ti sarai
saziato, guardati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto
uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile.
Nel libro del Deuteronomio si racconta,fondamentalmente, il
dialogo fra Dio e il suo popolo. Ma la voce di Dio è intesa come
terribile, “una voce in mezzo alle tenebre, mentre il monte era
tutto in fiamme” e perciò i responsabili, i capi tribù e gli
anziani, chiedono a Mosé: “Avvicinati tu e ascolta quanto il
Signore nostro Dio dirà e poi ci riferirai quanto ti avrà detto
e noi lo ascolteremo e lo faremo” (5, 23-27). Così il resoconto
del dialogo si trasforma in lunghi discorsi che Mosé pronuncia
al popolo, confermando le clausole dell’Alleanza e garantendo
impegni di fedeltà che il popolo stesso pronuncia, incoraggiato
dalle promesse e dalla verità del Signore. Così, alle soglie
della terra promessa, Mosè annuncia le norme di comportamento di
Israele di fronte a Dio e alla collettività (4,44-26,68),
concludendo quindi con le benedizioni e le maledizioni (cc.
27-28). Oggi leggiamo un testo preziosissimo. Preceduto da una
prima parte (vv. 6,2-3), qui non riportata, in cui si formula
una esortazione per osservare i comandamenti dati da Dio, quali
garanzia delle benedizioni dell'Alleanza ( vita, felicità, molti
discendenti), nei vv. 4-12 (lettura odierna) viene ricordato
l'atto di fede che l'ebreo pronunciava allora ed ancora oggi
pronuncia, almeno 2 volte al giorno. Questo brano, Insieme con
Dt 11,13-21 e Nm 15,37-41, costituisce la preghiera sinagogale
degli Ebrei fino ai nostri giorni. Dopo la confessione di fede
dell'unicità di Dio (“II Signore è uno”), viene svelato che Dio
non ha rivali, perciò è vittorioso. Non può essere raffigurato
perché non si abbassa ad essere visibile. E’ al di là delle cose
limitate e punirà chi oserà dare agli idoli l'amore dovuto a
Lui. Il solo suo amore costituisce il popolo solido, vivo e
felice. "Sicché dovrai amare"(questo il senso del verbo ebraico)
con tutto te stesso: con tutto il cuore (sede delle decisioni
radicali), con tutta l'anima (sede del sentimenti e della vita),
con tutte le forze (espressione di tutte le capacitä dell'uomo).
E per ogni componente della realtà umana si ricorda che l’amore
deve essere vissuto in pienezza: il “tutto” è ripetuto tre
volte. Ma anche per Dio c’è un “tutto”. Lo stesso verbo ebraico,
quando viene usato come espressione della disponibilità di Dio,
indica tutto l'amore gratuito, sponsale, materno e paterno di
Javhè verso la sua nazione prediletta (Dt 10,15; Os 1,1-3,11; Is
49,15). L’impegno di fedeltà non è semplicemente un rapporto
singolo, ma è un impegno di popolo che via via si costituirà nel
tempo: elemento di continuità che si svilupperà nelle diverse
generazioni attraverso l’educazione e l’insegnamento degli
anziani verso i giovani. Perciò occorre che anche le nuove
generazioni maturino questa fedeltà alla Parola di Dio, alla sua
conoscenza, e alla sua trasmissione. Il ripetere per memorizzare
e far presente non deve essere un suggerimento casuale, ma deve
accompagnare la vita quotidiana nei momenti fondamentali della
convivenza. Si dovranno anzi inventare segni particolari di
memoria. Perciò l’ebreo, quando prega, deve legarsi al braccio
un piccolo contenitore che conserva tre minuscoli rotoli della
legge, ma la stessa Scrittura, come è legata al braccio, deve
pendere sulla fronte, in mezzo agli occhi, e un altro piccolo
contenitore deve essere inchiodato sullo stipite della porta per
cui, entrando e uscendo di casa, viene ripetuto il gesto della
sottomissione. Il brano conclude ricordando che il frutto di
questa fedeltà è la possibilità, per un popolo, di vivere in un
paese ricco, nobile, strutturato, lavorato. Si risente qui la
mentalità antica per cui chi conquista una terra diventa padrone
e scaccia gli altri o li asserve al proprio servizio.Questa è
l’esperienza che il popolo d’Israele ha maturato nel suo passato
e che dovrà continuamente ricordare come un cammino attraverso
cui ha raggiunto, in alcuni periodi, stabilità e benessere,
grazie alla forza di Dio che premia. L’invito a non dimenticare
e a ricordare (v 12) è formulato secondo il carattere liturgico
di queste pagine scritte per la fede del popolo.Siamo di fronte
ad un riassunto teologale, una professione di fede breve, da
memorizzare, destinata ad essere "incisa (fissata) nel cuore" e
non solo sulle pietre |
MATTEO 22,34-40
Allora
i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono
insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla
prova: "Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?". Gli rispose:
"Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con
tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il
secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due
comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".
Il Vangelo di Matteo, dopo l'ingresso trionfale in Gerusalemme, presenta
alcune situazioni polemiche di persone altolocate che contestano le proposte di
Gesù con questioni pericolose e cavillose: attaccano la sua autorità (21,23-27),
reagiscono ai suoi insegnamenti (21,28-22,14), tentano (in particolare i farisei
22,15-22) di screditarlo con la gente, proponendo il problema del pagamento
delle tasse ai romani mentre, infine, i Sadducei (22, 23-33) lo deridono sulla
futura risurrezione dei morti. A conclusione delle polemiche riportate, Gesù
viene interrogato dai dottori della legge (22,34-40) sulla gradualità dei
numerosi precetti giudaici. Gesù risponde con lucidità e sapienza, tanto da
stupire i circostanti che gli chiedono qual é il più importante comandamento tra
tutti quelli della legge. Al tempo di Gesù esistevano diverse posizioni
teologiche: - la mentalità più rigida dei rabbini rifiuta ogni differenza tra i
613 precetti della Legge. Li ritiene, infatti, tutti ugualmente importanti
perché contenuti nei primi 5 libri di Dio, scritti, secondo la tradizione, da
Mosè (613 corrisponde a 365 + 248; 365 sono i giorni dell’anno e richiamano
azioni proibitive; 248 è il numero delle membra del corpo umano, ricordano le
opere positive da compiere. Le donne sono tenute ad osservare solo i precetti
negativi). - Altri invece distinguono tra precetti grandi, piccoli e minimi. -
Altri ancora sostengono che tutti i precetti sono contenuti nel comandamento di
amare Dio (Deut. 6,4s.) e in quello di amare il prossimo (Lv.19,18). E quindi
non vale la pena distinguere. Gesù, qualunque posizione vorrà prendere, pensano,
può essere accusato di poco rispetto alla legge. Chi lo interroga é "un esperto
della legge": egli deve saggiare la sua preparazione e competenza. Gesù conosce
discussioni e polemiche e Matteo usa una parola greca: "Krematai" che significa
"appendere", richiamando così il gancio principale: "a questi due si agganciano
(pendono) tutta la legge e i profeti". Sembra che Gesù non porti novità. E,
infatti, sceglie proprio dalla Legge di Mosè una frase dal Deuteronomio e una
dal Levitico. Ma l'elemento nuovo é nel passaggio dal primo al secondo comando,
ove si fanno luce reciprocamente e dove l'amore di Dio e l'amore degli uomini
mostrano una straordinaria somiglianza. Esiste così un principio unificatore
della legge, mai molto esplicitato prima insieme. Ma ogni persona é coinvolta
nell'amore totale con Dio e, per questo, diventa portatrice del messaggio
concreto della presenza del Signore. I due amori, posti sullo stesso piano, si
rispecchiano l’un l’altro. Si può dire che è l’amore del prossimo la verifica
dell’amore di Dio e non viceversa. La sottolineatura, attraverso la fede e
l’esperienza, si ritrova continuamente nella Prima Lettera di San Giovanni.Se
nel vangelo di Matteo la domanda “è un voler mettere alla prova Gesù, nel
vangelo di Marco (12,28-34) la stessa domanda, posta a Gesù, non è tanto un
tentativo per screditarlo con la gente, ma l’espressione della volontà di
ricerca. Tanto è vero che alla stessa risposta data da Gesù, l’interlocutore
approva con entusiasmo e aggiunge: “Amare il prossimo vale più di tutti gli
olocausti e i sacrifici". A lui Gesù risponde, compiaciuto: “Tu non sei lontano
dal regno di Dio (Marco 12,34). Ma Gesù ripete anche la dualità che non si può
cancellare: - il servizio di Dio non può diventare pretesto per dispensarci da
quello dell'uomo (5,23 s), ma neppure il servizio dell'uomo può dispensare da
quello di Dio: "non di solo pane vive l'uomo" {4,4). Gesù va a pregare
nel deserto, insegna a pregare (6,5-15), esalta la sacralità del nome di Dio,
del tempio (5,33-37; 23,16- 22). - Dio non si identifica col prossimo né il
prossimo con Dio ma si richiamano, si rinviano l'un l'altro, si rafforzano senza
ridursi all'altro e quindi senza dissolversi. Nel Giudizio finale Gesù ringrazia
chi ha aiutato un piccolo nel bisogno, poiché ha aiutato uno della famiglia di
Gesù, pur senza valore o grandezza: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di
questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). - Al giovane
ricco Gesù prima elenca i comandi della legge verso il prossimo (19,18-19) poi
dice: "Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri
(attenzione al prossimo); poi vieni e seguimi (scegli il volto concreto di
Dio in Gesù)" (19,21). Il mondo ha bisogno più di "testimoni" che
sappiano amare, che non di accusatori che denuncino. Ha bisogno di persone
coraggiose che facciano entrare Dio nella loro vita e il prossimo nella loro
fede. |