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 FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA
26.01.2014 Luca 2,41-52
Riferimenti :
Siracide 7, 27-30. 32-36.
Salmo 127-
Colossesi. 3, 12-21
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Se il Signore non costruisce la casa, invano vi
faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne
darà ai suoi amici nel sonno. Ecco, dono del Signore sono i
figli, è sua grazia il frutto del grembo. Come frecce in mano a
un eroe sono i figli della giovinezza. Beato l'uomo che ne ha
piena la farètra: non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.
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Siracide 7, 27-30. 32-36.
Onora tuo padre con tutto il cuore e non
dimenticare le doglie di tua madre. Ricorda che essi ti hanno
generato: che cosa darai loro in cambio di quanto ti hanno dato? Con tutta
l’anima temi il Signore e abbi riverenza per i
suoi sacerdoti. Ama con tutta la forza chi ti ha creato e non
trascurare i suoi ministri. Anche al povero tendi la tua mano, perché sia perfetta la tua
benedizione. La tua generosità si estenda a ogni vivente, ma
anche al morto non negare la tua pietà. Non evitare coloro che
piangono e con gli afflitti mostrati afflitto. Non esitare a
visitare un malato, perché per questo sarai amato. In tutte le
tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato.
Dopo aver richiamato al giovane figlio, a cui è rivolto
l’insegnamento, l’impegno di
ricerca della istruzione: “ Figlio, fin da giovane ricerca
l’istruzione e fino a vecchio
troverai sapienza” (6,18), i brani che leggiamo oggi, nel
cap.7, fanno arte di
raccomandazioni di diverso argomento di natura morale,
sociale e religiosa. Per lo più
sono precetti in forma negativa in tutto il capitolo, ma qui
vengono ripensate anche
proposte aperte alla maturazione ed al progresso della
sapienza.
Il libro del Siracide, detto anche "Sapienza di Sirach”,
detto anche Ecclesiastico, fu
inizialmente scritto in ebraico da Ben Sira, (il nome greco è
Siracide) verso il 180 a. C. e
fu tradotto dal nipote in greco attorno al 130 a.C.,
lasciandone testimonianza nel prologo
nel libro stesso. Composto da 51 capitoli con vari detti di
genere sapienziale, sintesi della
religione ebraica tradizionale e della sapienza comune, vuole
contrastare la penetrazione
culturale greca nella cultura ebraica, ponendo una diga
morale per i suoi, e incoraggiando
a riprendere la Sapienza delle proprie tradizioni. Coraggioso
e infervorato dalla Sapienza
e del culto ebraico, insiste che non ci si debba vergognare
della propria ricchezza morale
e della legge. Il mondo ebraico, quando stabilì il Canone
(elenco ufficiale dei libri della
Scrittura attorno il 90 d.C,) non considerò ispirato questo
testo, probabilmente perché la
sua diffusione era avvenuta, prevalentemente, con il testo
greco. E’ rimasto invece come
testo sacro ispirato nei testi ufficiali del Canone
cattolico. Perciò non è elencato nella
Bibbia ebraica (22 libri), né nel Canone del mondo
protestante ( che segue, per l’A.T., il
criterio ebraico). Nelle bibbie è ricordato come
Deuterocanonico. Sono nominate le realtà
più sacre della vita quotidiana ebraica: i familiari,
compresi i genitori (vv18-28), il
rispetto del Signore e dei suoi sacerdoti (29-31), i poveri
(v 32), le offerte per i morti
secondo criteri propri degli ebrei che pure non avevano
ancora con chiarezza il richiamo
della vita oltre la morte e la risurrezione dei morti, come
la consapevolezza sviluppò più
tardi (v 33). Si richiamano, con accenti di tenerezza,
l’attenzione alla misericordia verso
chi piange e verso i malati (vv 34-35). Il v 33 ricorda che
le opere di misericordia non
debbono escludere nessuno: “La tua generosità si estenda a
ogni vivente, ma anche al
morto”. E’ commovente questa attenzione alla vita e persino
al ricordo della vita.
Si può sentire l’eco del comando di Dio nel racconto della
creazione: “Coltivare e
custodire la creazione” (Gen2,15) è il compito di chi ha
ricevuto in dono il mondo e lo
mantiene bello e grande. Si suppone il lavoro ma non è il
lavoro dello schiavo che opera
in conto terzi e a cui non interessa per nulla il risultato.
Sono le raccomandazioni a
persone libere che mantengono bene la casa, ricevuta in dono
da Dio, e la abbelliscono e
la arricchiscono per ogni essere vivente. L’ultima
raccomandazione ha il significato
globale della sapienza di vita: “In tutte le tue opere
ricordati della tua fine e non cadrai
mai nel peccato” (v 36 ) .
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Colossesi. 3, 12-21
Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi
dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di
umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi
a vicenda e perdonandovi gli uni
gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei
riguardi di un altro. Come il Signore vi ha
perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte
queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in
modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri
cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo
corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra
voi nella sua
ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e
ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti
ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri
cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in
opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù,
rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre. Voi,
mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore.
Voi, mariti, amate le vostre
mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli,
obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al
Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli,
perché non si scoraggino.
Il testo che leggiamo è particolarmente ricco per una scelta
cristiana di valori e di
sentimenti che debbono maturare in una famiglia cristiana
(vv12-13).
C’è una prima immagine: il vestito, il vestito nuovo, bianco,
ricevuto e indossato il
giorno del battesimo, il segno di quel “rivestitevi dunque di
sentimenti di tenerezza, di
bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità,
sopportandovi a vicenda e
perdonandovi gli uni gli altri”. Spogliato dell’uomo vecchio
e risorto a vita nuova, la
dignità espressa nel vestito è quella di essere cristiani,
con una legge nuova costituita,
meno di precetti e più di sentimenti degni di Gesù: l’elenco
è di 7 e costituisce la
pienezza dello stile credente. Nella famiglia deve essere
fondamentale il perdono, a
somiglianza del perdono che riceviamo dal Signore. Infatti il
perdono ricostruisce il
tessuto della speranza e della fiducia, rammenda gli strappi,
ristruttura i rapporti, rinsalda
i cammini comuni. Nella riflessione delle relazione ritorna
la dignità dell’accogliersi
(“rivestitevi di carità”) e costituisce la pienezza
dell’armonia (“la pace portata da
Cristo”). Vengono quindi indicati i mezzi per vivere e
sorreggere l’armonia familiare:
prima di tutto la Parola di Dio che alimenta la sapienza
della vita e aiuta nel dialogo
reciproco per capire e per correggere; poi la preghiera che
crea affiatamento e fa
intravedere prospettive e valori. E se nella famiglia ci si
preoccupa a produrre segni di
affetto e di attenzione (si fanno feste, ci si offre regali,
si organizzano le vacanze, si
richiamano ricorrenze), ancor più si cresce in maturità e
letizia con il canto e la lode a
Dio: “Cantate a Dio e ringraziatelo mediante Gesù” (v 16).
Infine, nella vita familiare risuonano parole che, alla
nostra sensibilità, urtano poiché
sono segnate da sospetto come: “Voi mogli siate soggette
ai mariti”. Questo è nella
cultura del tempo, sia ebraico che pagano. Paolo però
aggiunge: “come conviene nel
Signore”, ricostituisce un diverso modo di relazione ed
esprime l’atteggiamento di
servizio e di accoglienza di Gesù. “Chi vuole diventare
grande tra voi, si farà vostro
servo, e chi vuole essere primo tra voi sarà vostro schiavo.
Come il Figlio dell’uomo che
non è venuto per farsi servire, ma per servire” (Mt
20,27-28). “Voi mariti amate le vostre
mogli”. E in altri testi si approfondisce
l’incoraggiamento. I mariti sono chiamati ad
amare le mogli come Dio ama l’umanità e come Gesù ama la
Chiesa, sua sposa, per cui
ha offerto la propria vita (Ef. 5,25). Nel rapporto familiare
c’è sempre il riferimento al
Signore. Infine il rapporto con i figli è di autorevolezza e
di testimonianza, ma anche di
accoglienza. I genitori debbono essere capaci di non
esasperarli ma i figli crescano,
consapevoli di vita e di fiducia nelle proprie risorse,
mentre questi debbono sforzarsi di
ubbidire; dalla sapienza dei genitori sorge la capacità di
comprendere il valore della vita.
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Luca 2,41-52
I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa
di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine
della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il
fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si
misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono
in cerca di lui
Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in
mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che
l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al
vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto
questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro:
«Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre
mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e
venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose
nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli
uomini.
Luca racconta in un episodio originalissimo l'inizio dell'età adulta di Gesù
di fronte alla
legge quando, con la cerimonia del "bar mitsvah" (figlio della legge), a 12
anni, iniziano
gli obblighi del tempio, della obbedienza alla Torah e la possibilità di
leggere la Scrittura
pubblicamente.
Gesù sale a Gerusalemme (la città è ricordata 3 volte) e ritorna a Nazareth:
due tracce di
itinerari incominciano e finiscono il racconto. I genitori “non
sapevano (v 43) e non
compresero (v 50)”. Sono le persone più vicine eppure si sentono lontane.
I fatti non
chiariscono e le stesse parole, più che avvicinare, formano abissi di
incomprensione. Ci
si sarebbe aspettato un ragazzo attento, rispettoso, educato, comprensivo e
invece ci si
ritrova con un ragazzo ribelle e perfino insensibile che contrappone la
famiglia umana
alla paternità di un altro Padre, a cui deve tutta l'obbedienza.
Bisogna pur ammettere che il testo rappresenta un anticipo del racconto della
Pasqua:
Gesù smarrito tre giorni corrisponde ai tre giorni nella tomba prima di
essere ritrovato
dai suoi; i genitori lo cercano senza trovarlo, come le donne al sepolcro
(24,2). E' posta
una domanda analoga a quella di Gesù: "Perchè cercate..
". (24,5). Lo stesso verbo
"dovere", ripetuto 3 volte nell'ultimo capitolo del vangelo (c 24) si trova
già qui (v 49).
Nella famiglia di Nazareth la prova è dura. Tuttavia Maria custodisce nel suo
cuore tutto
quello che è avvenuto per poterlo un giorno capire. Siamo agli anticipi della
prova finale,
quando perderà completamente Cristo e lo ritroverà dopo 3 giorni nella fede.
Solo alla
luce della risurrezione potrà capire la Sapienza oscura del Figlio suo.
Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il
Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di
buon mattino,
tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi
amici nel sonno. Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del
grembo. Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. Beato
l'uomo che ne ha piena la farètra: non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.
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