
DOMENICA DOPO L’OTTAVA DEL
NATALE DEL SIGNORE 5 gennaio 2014
Luca. 4, 14-22
Riferimenti :
Siracide. 24, 1-12 - Salmo 147 -
Paolo ai Romani. 8, 3b-9a |
| Alleluia. Lodate il Signore: è bello cantare al
nostro Dio, dolce è lodarlo come a lui conviene. Il Signore
ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d'Israele. Risana i
cuori affranti e fascia le loro ferite; egli conta il numero
delle stelle e chiama ciascuna per nome. Grande è il Signore,
onnipotente, la sua sapienza non ha confini. |
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Siracide. 24, 1-12 La sapienza fa il proprio elogio, in
mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea
dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere
proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca
dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto
la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di
nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato
nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su
tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio.
Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo,qualcuno
nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore
dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato
mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in
Giacobbe e prendi eredità in Israele”. Prima dei secoli,
fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità
non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho
officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli
ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione
del Signore è la mia eredità.
Il
popolo d’Israele ha una profonda coscienza di essere stato
privilegiato da Dio poiché gli è stato consegnata la Sapienza
che è la stessa del suo Signore. Essa è preesistente al mondo,
anzi accompagna il Signore nell’architettare la terra nella
sua bellezza. I vv3-6 richiamano la creazione e ci sono immagini
che nella cultura ebraica erano fondamentali: prendere dimora (v
4) che corrisponde al piantare una tenda: c’è il richiamo al
cammino nel deserto e l’accompagnamento di Dio con l’arca: la
“presenza”(shekinà) che fa riferimento alla tenda in cui Dio
abita (skenè). E subito dopo “la colonna di nubi” che rilegge
la protezione di Dio nel deserto (v4b). La Sapienza percorre il
mare e la terra, scende negli abissi e regola con le sue
leggi l’equilibrio della natura. Ma poi il Signore vuole che la
Sapienza trovi una casa tra i popoli, ma solo Israele l’ha
voluta ospitare. Perciò la Sapienza resterà per sempre: “per
tutta l’eternità non verrò mai meno”.La Sapienza cerca un
luogo di riposo e trova posto nel tempio (v10) dove sviluppa la
sua intelligenza nei complicati e ammirevoli atti di culto e,
ancor prima, nella costruzione del tempio stesso. L'intuizione
fondamentale è la gratuità della Sapienza: "Ogni Sapienza viene
dal Signore e con Lui rimane per sempre " (Sir1,1).La
Sapienza prende la parola nel tempio e parla nell'assemblea
liturgica. La sua funzione è quella di stare presso Dio.
Insieme alla lode la Sapienza dispensa la sua intelligenza per
governare la vita del popolo e la vita personale di ciascuno.
Essa indica una direzione essenziale nei rapporti con il
Signore, attraverso l’ubbidienza della “ legge” (la tôrâ)
che il mondo ebraico legge e rilegge, commenta e mette in
pratica. E tuttavia il popolo d’Israele si rende conto di
aver bisogno di una nuova presenza. E perciò attende colui
che verrà e che saprà vivere in pienezza la Sapienza di Dio. Si
fa strada che il Messia verrà finalmente ed esprimerà in
bellezza e pienezza la bellezza e la pienezza di Dio.
L’evangelista Giovanni, quando scrive il suo Vangelo, ha
senz’altro davanti agli occhi l’immagine della Sapienza e
accetta di fare sintesi e traduce nel suo Prologo (introduzione
del Vangelo Gv1,1-18) il significato di Gesù, riconosciuto
dalla Comunità cristiana, come la Sapienza incarnata, “la Parola
(Verbo) fatta carne”.
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Paolo ai Romani. 8, 3b-9a Fratelli, Dio, mandando il
proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e
a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella
carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi,
che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.
Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò
che è carnale;quelli invece che vivono secondo lo
Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne
tende alla morte,mentre lo Spirito tende alla vita e alla
pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non
si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli
che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a
Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma
dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in
voi. Gesù porta una nuova realtà
poiché sviluppa un nuovo mondo e un nuovo ordinamento. La legge
ebraica non ha risolto il dramma del male: ha orientato verso
Dio e la sua sapienza, ha indicato orizzonti e riferimenti,
ma il male si è radicato nel cuore dei credenti e la legge non
dà forza di rinnovamento. Gesù porta il suo Spirito, la sua
Forza, la sua Sapienza, la sua Parola che rigenera e rinnova.
Egli èl’uomo nuovo, vero e unico, che permette la
liberazione. Egli si è fatto uno di noi, in tutto uomo, tranne
che nel peccato, e alleato prezioso di Dio che ci prende in
carico e ci coinvolge nella sua santità e nella sua pienezza.
Ci offre il suo Spirito che è lo Spirito del Padre e perciò ci
allontana dal male, dal peccato,dall’inganno e dalla
deformazione della vita che ci travolge e ci inganna. Dio ha
avuto compassione di noi ed ha compiuto una scelta
inimmaginabile. Per la pienezza della sua presenza non si è
servito degli angeli, ma ha mandato tutta la sua ricchezza
eterna in Gesù che non è fuggito di fronte al male e di
fronte alla morte, ma si è assoggettato alla deformazione del
male sulla sua carne per vivere con amore quello che il male
stava distruggendo. Il male, che ha preteso di distruggere la
vita di Gesù, si è auto distrutto poiché l’amore di Gesù ha
prodotto la risurrezione e quindi ha ridotto all’impotenza il
male, il peccato e la morte. Tutti noi, che abbiamo accolto
l’amore di Gesù ed abbiamo accettato le sue scelte e il dono
dello Spirito nel battesimo, partecipiamo alla sua esperienza
di morte e risurrezione e diventiamo, noi stessi, come Gesù,
il “luogo” dove Dio vince il male. Perciò il male è vinto per la
forza di Dio e del suo Spirito, e non per le opere che
facciamo, anche se le opere debbono esprimere le scelte di Gesù
nella nostra carne. Certamente la carne è debole. Ma nella
nostra fragilità crediamo che Cristo è capace, ogni giorno, di
riconquistare terreno nella nostra povertà e ci coinvolge nella
vita come coinvolge le persone e le cose attorno a noi.
Dovremmo fare spesso questa esperienza di verifica su ciò che
scopriamo di bello e di grande nel mondo. Credenti e non
credenti compiono grandi gesti di bellezza e di novità, lo
sappiano o no. Ma noi sappiamo che è lo Spirito del Signore
che rinnova e risana: ci sono persone che operano, che
guariscono, che difendono, che si prendono cura, che
accolgono. Pur nella fragilità del mondo, il Signore ci chiede
di aprire gli occhi sulle opere della luce e dello Spirito.
Stiamo vivendo momenti molto difficili, a livello sociale, ma
questo è il tempo delle verifiche e insieme è il tempo
dell’aprire prospettive, del coltivare intuizioni,
nell’ipotizzare scelte coraggiose e nuove,soprattutto in un
tempo in cui capiamo di aver bisogno di solidarietà e nei tempi
della crisi può diventare anche più facile osare. Abbiamo
bisogno dello Spirito e, in questi frangenti, la preghiera ha la
forza di smuovere. Non ci dispensa dal provare e dal
rischiare, ma ci incoraggia nel camminare e provare. Il mondo
politico può essere un ambito importante di partecipazione e di
coinvolgimento, non tanto per trovare risorse finanziarie ma
per scoprire possibilità e progetti, conoscenza di bisogni,
risposte e ricerca di capacità da mettere in campo. La
preghiera aiuta a trovare uno Spirito nuovo. |
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Sinagoga di Nazaret, ove Gesù dichiarò compiuta in sé stesso la
profezia
messianica del Profeta Isaia di predicare la buona Novella |
Luca. 4, 14-22 In quel tempo. Il Signore Gesù
ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si
diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli
rendevano lode. Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo
solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli
fu
dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era
scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me;per questo mi ha consacrato
con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a
proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a
rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del
Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò
a dire loro: «Oggi si è compiuta questa
Scrittura che voi avete
ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano
meravigliati delle
parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Con
questo testo Luca inizia il racconto dell’operosità di Gesù nel suo popolo.
Lo conduce lo Spirito che lo orienta ad incontrare i suoi nei tempi della
preghiera e della Parola del Signore. Così Gesù innesta la sua parola
nella sinagoga, nel sabato, nella lettura della “legge” e dei profeti e
quindi nel commento che da secoli è stato fatto dai rabbini e che ora Gesù
eredita. E mentre questa parola viene proposta come linea morale, Gesù fa
esplodere la Parola annunciando , invece, un avvenimento, l’“oggi”, La
Scrittura si adempie non tanto come legge ma come liberazione, non come
scritto ma come persona viva, non come attesa ma come presenza. Il
testo, che Gesù legge, è la seconda delle due letture che nella Sinagoga si
leggono normalmente di sabato. Dopo l'inizio della preghiera e la
professione di fede del pio israelita che comincia con: "Ascolta, Israele”
(Deuteronomio 4,6), dopo aver pronunciato 18benedizioni, si leggono due
testi della Scrittura. Il primo è tratto da uno dei primi cinque libri
della “ legge" (o Torah), il secondo è tratto dai profeti. In questo momento,
il responsabile della liturgia, potendo invitare qualcuno a leggere e a
commentare, ha pensato di invitare Gesù, di cui già si parla come un
maestro riconosciuto nella vicina città di Cafarnao. E Gesù apre il
rotolo: l'evangelista vuole ricordare che solo Gesù è capace di aprire e
commentare con autorevolezza i testi biblici. Terminata la lettura, Gesù si
siede, come fanno i rabbini quando insegnano, e "tutti gli occhi sono
fissi su di lui". Gesù è il nuovo maestro e il suo primo insegnamento è
quello della liberazione, come il primo messaggio di Mosé al popolo
schiavo in Egitto: così viene presentato, per la prima volta ad Israele, il
volto di Dio. Gesù legge un testo di Isaia (cap. 61) e annuncia che,
avendo ricevuto lo Spirito del Signore,ha il compito “di annunciare ai
poveri il lieto messaggio, proclamare ai prigionieri la liberazione, dare
ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e proclamare un anno di
grazia del Signore”. Sono cinque compiti, 5 come i libri della “legge”. Il
testo e quindi il discorso di Gesù si innestano “nell’anno di grazia del
Signore”. L'anno di grazia del Signore fa riferimento ad un particolare
tempo detto "il giubileo", che ricorre, in Israele, ogni cinquant'anni. In
esso si manifestano la volontà e la misericordia di Dio, ridonando
soprattutto ai poveri la pace e la serenità: si condonano i debiti, si
liberano gli schiavi, viene ristabilita la giustizia e vengono restituiti,
agli antichi proprietari, o alle antiche famiglie, i campi e le case che,
nel frattempo, erano stati venduti, spesso, per bisogno e povertà. Gesù dice:
"Oggi inizia l'anno di grazia senza fine", perché vengono gratuitamente
offerti da Dio la sua liberazione e il suo perdono. Viene usata la parola
liberazione che in ebraico ha il significato di sciogliere da ciò che
impedisce di correre velocemente. Gesù libera dalla malattia ma anche dalle
paure, dai pregiudizi, dai blocchi psicologici che ci frenano e ci
rinchiudono. Abbiamo i ceppi che ci ripiegano su noi stessi, catene che ci
rattrappiscono, visioni del mondo che ci fanno continuamente lamentare
senza saper intervenire in un cambiamento e in una responsabile
creatività. Gesù ci promette questo cammino nello Spirito. Gesù ci offre il
profilo del mondo cristiano che si ricostruisce, passo passo, con fiducia.
Certamente va applicato alla realtà che viviamo. Ma c’è un ambito che
andrebbe particolarmente coltivato: il lavoro. Nella Scrittura il lavoro è
pensato, fondamentalmente, come operazione di ricerca, di trasformazione
per utilizzare ciò che abbiamo, di intelligenza per trovare soluzioni ai
nostri limiti, passando dalla medicina alla chimica, dall’edilizia alla
meccanica, via via. Tutto ciò che c’è dovrebbe diventare utilizzabile per
tutti, se è necessario per la vita. Il lavoro obbliga alla competenza per
essere efficace e quindi chi lavora ci aiuta. Il lavoro contribuisce a far
crescere, a guarire, ad operare, a trovare soddisfazione e utilità. Chi
lavora bene, ci regala la sua abilità e ci aiuta. Il salario è legato al
tempo, all’impegno e quindi ci permette di essere autonomi perché ognuno
viva del lavoro delle proprie mani. Ma il lavoro si allarga, si condivide,
obbliga a operare in gruppo, in équipe. Il lavoro sviluppa altro lavoro per
aiutare sempre più altri. La prossima “EXPO15” a Milano esprimerà la
straordinaria ricchezze e operosità dell’umanità di oggi, come contributo
per tutti i popoli della terra, soprattutto per i più poveri. Tutto ciò
che l’uomo e la donna fanno può essere liberante, a patto che ci si ricordi
della responsabilità e della solidarietà, sapendo ed esigendo che ogni uomo
ed ogni donna hanno uguale dignità e grandezza. Un lavoro responsabile e
riconosciuto contribuisce grandemente a questa dignità. |