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1Re. 8, 15-30
In quei giorni. Salomone disse:
«Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che ha adempiuto con
le sue mani quanto con la bocca ha detto a Davide, mio padre:
“Da quando ho fatto uscire Israele, mio popolo,
dall’Egitto, io non ho scelto una città fra tutte le tribù
d’Israele per costruire una casa, perché vi dimorasse il mio
nome,ma ho scelto Davide perché governi il mio popolo
Israele”. Davide, mio padre, aveva deciso di costruire una
casa al nome del Signore, Dio d’Israele,mail Signore
disse a Davide, mio padre:“Poiché hai deciso di costruire
una casa al mio nome, hai fatto bene a deciderlo;solo che non
costruirai tu la casa, ma tuo figlio, che uscirà dai tuoi
fianchi, lui costruirà una casa al mio nome”. Il Signore ha
attuato la parola che aveva pronunciato: sono succeduto
infatti a Davide, mio padre, e siedo sul trono d’Israele,
come aveva preannunciato il Signore, e ho costruito la casa
al nome del Signore, Dio d’Israele. Vi ho fissato un posto
per l’arca, dove c’è l’alleanza che il Signore aveva concluso
con i nostri padri quando li fece uscire dalla terra
d’Egitto». Poi Salomone si pose davanti all’altare del
Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e, stese le
mani verso il cielo, disse: «Signore,Dio d’Israele, non c’è
un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu
mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che
camminano davanti a te con tutto il loro cuore. Tu hai
mantenuto nei riguardi del tuo servo Davide, mio padre, quanto
gli avevi promesso; quanto avevi detto con la bocca l’hai
adempiuto con la tua mano,come appare oggi. Ora, Signore, Dio
d’Israele, mantieni nei riguardi del tuo servo Davide, mio
padre, quanto gli hai promesso dicendo: “Non ti mancherà mai
un discendente che stia davanti a me e sieda sul trono
d’Israele, purché i tuo i figli veglino sulla loro condotta,
camminando davanti a me come hai camminato tu davanti a me”.
Ora,Signore, Dio d’Israele, si adempia la tua parola, che
hai rivolto al tuo servo Davide, mio padre! Ma è proprio vero
che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli
non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho
costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua
supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il grido e la
preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te! Siano
aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso
il luogo di cui hai detto: “Lì porrò il mio nome!”.
Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo
luogo. Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo
Israele, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel
luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona! Terminato il tempio che si presenta come una
sontuosa costruzione, Salomone pensa di aver concluso
l’avventura sognata dal padre Davide: costruire una casa per il
Signore e farvi il centro della fede e della presenza di Dio
nel suo popolo. Il popolo d’Israele, ormai, ha già avuto
esperienza di questa abitazione di Dio come compagno di viaggio
quando era uscito dall’Egitto e l’arca era il segno visibile
della memoria e lo sgabello della presenza di Dio nel suo
popolo. Il tempio pone il problema teologico da riconciliare:
c’è l’infinita altezza di Dio(trascendenza) che non può
neppure essere imprigionata dai cieli e lo spazio piccolissimo
del tempio. Anche nella preghiera di Salomone si ritrovano i
due termini teologici. E d’altra parte c’è la garanzia di una
presenza effettiva ed efficace del “Nome” del Signore (“Il nome”
è la persona, nel linguaggio biblico). Il tempio è allora
il luogo dove l’uomo si presenta a Dio: e Dio, dall’alto dei
cieli, si china e“si adatta” allo spazio del tempio per
incontrare e ascoltare colui o colei che lo invoca. E’ stata
lunga l’attesa. Se il tempio è stato il sogno di Davide, il
Signore, attraverso il suo profeta, aveva rifiutato questo
progetto dalle mani di Davide poiché esse si erano macchiate
del sangue dei suoi nemici. Davide ha raccolto, comunque,
materiali, danaro e tesori ingenti ed aveva comprato il
terreno su cui sarebbe stato costruito il tempio del Signore
(2Sam24,18-25). La costruzione iniziò nel quarto anno del
regno di Salomone e fu terminata sette anni dopo (1Re
6,37-38). Nella liturgia d’inizio, qui riportata in parte, si
possono verificare due parti distinte, celebrate dal re: un
primo discorso che è anche benedizione (vv15-21), e poi una
lunga preghiera di ringraziamento, memoriale dei benefici
offerti dal Signore stesso (vv 22-53). E’ il re l’unico
officiante che prega, esorta e benedice. Sta svolgendo, come re,
il grande compito del padre nel suo popolo ed è profeta
perché comunica il messaggio di Dio, in prima persona: parla
a nome di Dio comunicando il suo pensiero. La seconda parte
è, in particolare, propriamente, la preghiera “davanti
all’altare, di fronte a tutta l’assemblea, e con le mani
stese verso il cielo”, in piedi come fa sempre l’ebreo,
consapevole della sua dignità di creatura fatta da Dio con il
suo soffio vitale. La richiesta fondamentale a Dio è quella
che il Signore continui ad essere fedele, mantenendo insieme
“alleanza e benevolenza (o fedeltà)” che sono propri del Dio
d’Israele. Seguono i ricordi di ciò che Dio ha offerto,
aggiungendovi quindi la richiesta di nuovi favori. Nel
linguaggio ebraico si ricordano “la bocca e la mano”
(vv15.24): cioè la promessa e la potenza. Si sente il
desiderio inimmaginabile della garanzia della discendenza.
Nessun popolo può permettersi di immaginare nella storia una
discendenza eterna ed il Signore lo ha garantito a Davide. Il
tempio, che pure sarà il luogo fondamentale del culto, si misura
come il luogo della preghiera (vv27-30). E’ prima di tutto il
luogo della preghiera del re, servo di Dio ed è poi il luogo
della preghiera del popolo. E’ il luogo della presenza e quindi
dell’ascolto. Al Signore si chiede: “Siano aperti i tuoi occhi
notte e giorno verso questa casa” (v 29). Si chiede
attenzione, ascolto e perdono. Aprire gli occhi sulla casa
significa custodire il tempio con amore; ascoltare ( il verbo
viene ripetuto 5 volte) domanda che la voce di chi supplica
percorra l’infinita distanza di Dio; perdonare ci dà fiducia
poiché, come tutti, abbiamo bisogno della misericordia di Dio
sulla nostra limitatezza.
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1 Corinzi. 3, 10-17 Fratelli, secondo la
grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto
io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce
sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti
nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già
vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo
fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre
preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben
visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con
il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità
dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul
fondamento,resisterà, costui ne riceverà una ricompensa.
Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà
punito;tuttavia egli si salverà, però quasi passando
attraverso il fuoco. Non sapete che siete tempio di Dio e che
lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio
di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di
Dio, che siete voi. Nella
sua prima lettera ai Corinzi Paolo sta impostando una sua
riflessione teologico pastorale:ha una conoscenza
significativa di questa comunità e sa che c’è stata una
gradualità nella proposta della fede di Gesù, e quindi motiva
le molte lacune lasciate nell’insegnamento. Con questa
lettera sembra che Paolo voglia ricuperare una migliore
profondità e quindi segue il filo dei propri pensieri
ricominciando dall’inizio. “Io, fratelli, sinora non ho potuto
parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a
neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido,
perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete”
(vv1-2). Il motivo ditale impreparazione è dato dalle
divisioni e dai gruppi che non fanno maturare pace e armonia,
ma “Vi sono tra voi invidia e discordia” (v 3). Il fatto che lo
disillude è quel dividersi in gruppi a secondo dei
predicatori: Paolo, Apollo. I cristiani di Corinto si comportano
secondo la mentalità greca di ripensare i missionari ( tale
si sente Paolo e tale è Apollo) come capi scuola filosofici o
politici da contrapporre l’uno all’altro. “Siamo servi”,
strumenti in mano a Dio per condurre uomini e donne alla
fede. Ognuno fa qualcosa per questa Chiesa, ma è un lavoro
esterno di collaborazione, chi opera e feconda è Dio: è Lui
colui che veramente fa crescere. Vengono allora ripresi due
tipi di lavoro dove è ovvio il significato della collaborazione:
il mondo agricolo e il mondo delle costruzioni. Del primo
lavoro agricolo Paolo ne parla in precedenza: (3,6-9). Nel
testo che leggiamo oggi ci troviamo in una riflessione sui
materiali di costruzione. Dio mi ha fatto architetto, dice
Paolo e, come un saggio architetto, ho posto un fondamento ben
saldo. Altri costruiscono sopra ma stiano ben attenti a non
sostituire il fondamento: il vero fondamento è Gesù Cristo (v
11). Si elencano 6 tipi di materiali, molto diversi di valore e
consistenza. L’oro, l’argento e le pietre preziose indicano non
tanto un materiale edilizio ma raffinati elementi che rendono
preziosa la costruzione, e manifestano un buon lavoro,
coscienzioso e responsabile a beneficio dei fedeli. Gli altri
materiali, “legno, fieno e paglia”,richiamano un lavoro
povero, fatto male e, probabilmente, per secondi fini. C’è una
verifica e“il giorno del Signore” verrà a collaudare la
solidità e la consistenza. Chi ha predicato il Vangelo,
usando materiale di scarto, si salverà, ma come attraverso il
fuoco, a fatica, poiché l’opera mal fatta risulterà
inconsistente. La finale di tutta la riflessione è splendida.
“Siete il tempio di Dio”. Nel vostro tempio c’è un ospite
inatteso che è lo Spirito e che i cristiani conoscono poiché è
lo Spirito di Gesù inviato nel mondo.. Perciò si rintraccia
il senso del popolo o della Chiesa come assemblea dei
credenti. Quando Paolo scrive questa lettera, c’è ancora il
tempio di Gerusalemme. E Paolo,che è sempre rimasto un buon
ebreo innamorato del tempio, può dire con sapienza e
consapevolezza: “Voi siete il nuovo tempio”: lo splendore della
presenza e della garanzia di accoglienza di Dio. |