
DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI
24 AGOSTO 2014
Marco. 12, 13-17
Riferimenti : 1 Macc 1, 10. 41-42; 2, 29-38 - Salmo 118 - Efesini. 6, 10-18 |
| Celebrate il Signore, perché è buono; perché
eterna è la sua misericordia. Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia. Lo dica la casa di Aronne: eterna
è la sua misericordia. Lo dica chi teme Dio: eterna è la sua
misericordia. Nell'angoscia ho gridato al Signore, mi ha
risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo. Il Signore è con
me, non ho timore; che cosa può farmi l'uomo? |
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1 Macc 1, 10. 41-42; 2, 29-38
In quei giorni. Uscì da loro
una radice perversa, Antioco Epìfane, figlio del re
Antioco, che era stato ostaggio a Roma, e cominciò a regnare
nell’anno centotrentasette del regno dei Greci e i suoi figli
l’abbandonarono. Poi il re prescrisse in tutto il suo regno
che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse
le proprie usanze. Tutti i popoli si adeguarono agli
ordini del re. Allora molti che ricercavano la giustizia e il
diritto scesero nel deserto, per stabilirvisi con i loro
figli, le loro mogli e il bestiame,perché si erano inaspriti
i mali sopradi loro. Fu riferito agli uomini del re e
alle milizie che stavano a Gerusalemme, nella Città di
Davide,che laggiù, in luoghi nascosti del deserto, si
erano raccolti uomini che avevano infranto l’editto del re.
Molti corsero a inseguirli, li raggiunsero, si accamparono di
fronte a loro e si prepararono a dare battaglia in giorno di
sabato. Dicevano loro: «Ora basta! Uscite,obbedite ai
comandi del re e avrete salva la vita». Ma quelli risposero:
«Non usciremo, né seguiremo gli ordini del re, profanando il
giorno del sabato». Quelli si precipitarono all’assalto
contro di loro. Ma essi non risposero loro, né lanciarono
pietre, né ostruirono i nascondigli, dichiarando: «Moriamo tutti
nella nostra innocenza. Ci sono testimoni il cielo e la
terra che ci fate morire ingiustamente». Così quelli si
lanciarono contro di loro in battaglia di sabato, ed essi
morirono con le mogli e i figli e il loro bestiame, in
numero di circa mille persone.
Con la resistenza ebraica, avvenuta nel II secolo a.C., il
popolo ebraico si solleva contro la tirannia straniera che vuole
sradicare la tradizione religiosa del popolo e, rimescolandolo
con popolazioni pagane, lo vuole obbligare a rifiutare la propria
fedeltà al Dio dell’Alleanza. Questa sollevazione di popolo ha
una sua origine squisitamente religiosa e prende un titolo: “la
rivolta dei Maccabei”. Il nome che qualifica i due libri
trae origine dal soprannome di Giuda, detto il Maccabeo (uomo
simile ad un “martello”), figlio di Mattatia che ha avuto con
Giuda altri quattro figli, tutti coinvolti nella sollevazione in
massa del piccolo popolo d’Israele. I fatti si svolgono negli
anni che vanno dal 170 al 130 a. C., mentre la Palestina è
dominata dai Seleucidi che risalgono, con il loro potere, alla
spartizione dell’impero, conquistato da Alessandro Magno e
suddiviso tra i suoi generali alla sua morte, avvenuta nel 323 a.
C. L’ellenizzazione (tentativo di introdurre la cultura greca)
trova il suo riferimento particolare nella costruzione di un
“Ginnasio” che, in ogni città greca, è il centro della vita
sportiva, intellettuale e religiosa della gioventù. Può sembrare
curioso, ma gli esercizi sportivi che si svolgono con atleti
nudi, per via della circoncisione, rendono ridicoli i giudei che
sono sbeffeggiati dai non giudei. Questo fa vergognare i
giovani che tendono a mascherare mentre le nuove famiglie
rinunciano per i propri figli alla circoncisione. Si arriva così
al ripudio della “Alleanza con il Signore”. Nel 174 a.C. il
governo viene assunto da Antioco IV Epifane (“incarnazione di
Giove”) che governa la Siria e che vuole ellenizzare il popolo
d’Israele. Nel 169 a.C Antioco entra con il suo esercito in
Gerusalemme e la saccheggia insieme con il tempio, spogliandolo
delle sue bellezze e depredando tutto quello che potevano rubare.
(1 Mac1,20 ss). Il popolo d’Israele, come in una guerriglia
partigiana, lotta contro quelle truppe chela Siria invia per
sottomettere e vincere i rivoltosi. Il cuore di questa
resistenza attiva è la famiglia di Mattatia e dei suoi cinque
figli. Volendo costituire “un solo popolo”, Antioco vuole
imporre un progetto politico pericoloso mentre obbliga di
abbandonare le proprie tradizioni, soprattutto religiose, e
pretende di sottomettere il popolo d’Israele alla mentalità
straniera. In particolare viene abbandonato il riposo del sabato,
sono accolti culti pagani (il tempio di Gerusalemme è stato
trasformato nel tempio di Giove); sono proibiti e distrutti i
libri sacri, pena la morte per chi li possiede, si incoraggiano
unioni matrimoniali con i pagani. Un gruppo, inizialmente si dà
alla macchia. Attaccato da un esercito siriano in giorno di
sabato,molti non si difendono e vengono trucidati. Mattatia che
è diventato, per acclamazione, capo della rivolta,risolve il
problema in una decisione unanime, proclamando la legittimità
della difesa armata anche di sabato e così viene espressa dalla
scuola farisaica: “Noi combatteremo contro chiunque venga a
darci battaglia anche in giorno di sabato” (2,41). La storia
insegna che non esiste una vera libertà religiosa senza una
libertà civile e questa riflessione è stata sperimentata
nell’ultimo secolo. obbligando il Concilio a ripensare
profondamente ad una verifica e ad un serio esame di coscienza,
proponendo e riflettendo molto mentre si è discusso sullo schema
della libertà religiosa. Ci si ritrova a ripensare che il
rispetto dei diritti universali passa necessariamente per il
diritto alla libertà religiosa e vice versa. E se non lo si
percepisce, la dimensione religiosa viene deformata,
castrata,strumentalizzata e soggetta ai diritti dei potenti |
Efesini. 6, 10-18 Fratelli, rafforzatevi nel Signore e nel
vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per
poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra
battaglia infatti non è contro la carnee il sangue, ma
contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di
questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano
nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio,
perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi
dopo aver superato tutte le prove. State saldi,dunque:
attorno ai fianchi, la verità;indosso, la corazza della
giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il
vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con
il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del
Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada
dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione,
pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello
Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e
supplica per tutti i santi. La lettera
agli Efesini si conclude con il capitolo 6 che stiamo leggendo
in parte. Inizia con alcuni riferimenti morali indirizzati ai
figli, ai genitori, agli schiavi ed ai padroni (6,1-9),
prospettando un rapporto di reciproca attenzione e
comprensione che diventa fraternità nella comunità cristiana che
ha al centro Gesù. Ma Paolo si rende conto che non è
sufficiente il rapporto parentale o istituzionale della società
in cui si vive,dove il richiamo morale ha un significato di
responsabilità e di libertà e che matura nel rispetto reciproco
(e Paolo sintetizza tutto questo come “lotta contro la carne
e il sangue”,v 11). Esiste anche una lotta drammatica per
“poter resistere alle insidie del diavolo” (v 10). La lotta e la
ricerca della fedeltà al Signore portano ad infinite altre
situazioni e occasioni che vanno vissute con responsabilità,
affrontando, nella fede, il bene e il male, le potenze e la
suggestione, la fatica e la solitudine, lo sconforto e la
sconfitta. Paolo sintetizza la vita cristiana come fedeltà e
testimonianza, sapendo che solo il Signore sa offrirne la
forza. La vita quotidiana è un combattimento di fronte a cui
bisogna attrezzarsi e per cui bisogna pregare. E per
armarsi,bisogna indossare l’armatura di Dio ( Nel Primo
Testamento si ricorda che Dio stesso si arma contro i suoi
nemici (cf.Is 11,4-5;59,16-18; “giustizia come corazza ed elmo
come salvezza”;Sap 5,17-23). Paolo attribuisce queste armi
divine anche al cristiano. “Noi invece, che apparteniamo al
giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della
carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza”.
(cf.1Ts 5,8). Ci sono anche “i Principati e le Potenze,
contro cui bisogna combattere. Sono i dominatori di questo mondo
tenebroso, sono gli spiriti del male che abitano nelle regioni
celesti” (v 12). “Si tratta degli spiriti che,nell’opinione
degli antichi, governano gli astri e, per mezzo loro, tutto
l’universo. Risiedono «nei cieli»(1,20s;3,10;Fil 2,10) o
«nell’aria» (2,2), tra la terra e il soggiorno di Dio, e
coincidono in parte con ciò che Paolo chiama altrove gli
«elementi del mondo» (Gal 4,3). Sono stati infedeli a Dio e
hanno voluto assoggettare gli uomini nel peccato (2,2); ma
Cristo è venuto a liberarci dalla loro schiavitù. Armati della
sua forza liberante, i cristiani possono ormai lottare contro
di essi. Affascinati dalla potenza e dalla forza
dell’esercito romano in assetto di guerra, vengono trasposti sul
cristiano le attrezzature e l’equipaggiamento di difesa e di
offesa del soldato romano, come esemplificazione di valori e
forze di Dio che combattono le potenze del male. L’armatura
di Dio, la cintura della verità, la corazza della giustizia, le
calzature, lo scudo,la spada e l’elmo completano la garanzia
di una difesa. Di fatto tutta l’armatura è difesa, salvo la
spada che però è la Parola nuova, offerta dallo Spirito. La
raccomandazione della preghiera, mentre mantiene desta la
coscienza della propria fragilità, continua a reggere la fiducia
di essere aiutati e comunica con il Signore in una preghiera di
intercessione “per tutti i santi” che sono i fratelli della
comunità, resi santi dal battesimo,ma sempre bisognosi di
sostegno e di fiducia. |
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Ecco il "denarius" d'argento (ingrandito 4 volte) recante
l'effige e il nome di Tiberio Cesare Augusto - Imperatore dal 37 al
41 dopo Cristo |
 Marco. 12, 13-17 In quel tempo. I sommi sacerdoti, gli scribi e gli
anziani mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in
fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei
veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a
nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare
il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendola
loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova?
Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora
disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli
risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare
rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di
lui. Nell’ultima settimana della sua vita, Gesù si
ferma per molto tempo nel tempio di Gerusalemme e utilizza tutte le ore
del giorno a disposizione per aiutare i pellegrini a maturare più
profondamente il loro rapporto con Il Signore. Non c’è infatti un luogo
più adatto di questo per imparare e scoprire il volto di Dio. E Gesù si
presta alle diverse e spesso insidiose domande che gli vengono fatte da
persone di alta levatura intellettuale,ma anche diffidenti e
manifestamente nemici del suo messaggio religioso. Esso è troppo
scopertamente nuovo per la misericordia di Dio che viene proclamata e che
mette in crisi tutta l’impostazione di prestigio,di eccellenza e di
dignità ebraica che non può abbassarsi ai livelli di perdono e di accoglienza
che Gesù mostra e predica. Tanto più che, in quel modo, lede profondamente
il significato di giustizia e di privilegio che Dio ha sempre garantito ai
giusti. E tutti coloro che fanno domande sono nella categoria delle persone
fedeli al rispetto della legge, rigide e coerenti anche nel mondo quotidiano.
A Gesù viene proposto un quesito morale da parte di un gruppo di farisei ed
erodiani, pur mortalmente nemici tra loro. I primi ritengono una empietà
appoggiare l’occupazione romana e riscuotono la simpatia di tutto il
popolo. Gli erodiani sono sostenitori di Erode Antipa, un fantoccio mantenuto
nella sua regalità dall’imperatore Tiberio e, perciò, costituisce una
fazione collaborazionista dei romani. Si presentano,comunque a Gesù,
insieme, per l’occasione, sapendo che qualunque risposta sapesse offrire,
avrebbe scontentato o il popolo o l’autorità civile imperante. Questa
prospettiva di vittoria li rende alleati. Gesù scopre subito il tranello,
soprattutto perché ammantato di elogi e di rispetto per la sua persona,
riconosciuto proprio da loro come onesto, veritiero, grande maestro
coraggioso e libero. “È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo
dobbiamo dare, o no?». (v 14), L’accordo tra parti nemiche ha un’unica e
propria motivazione: far scadere la credibilità del profeta, il quale,
chiamato “maestro”, deve rispondere. La tassa fondamentale consiste
nell’obbligo, per ogni persona, di dover pagare, dai 12 anni (se donna) o 14
anni (se uomo), fino ai 65 anni all’erario romano un danaro all’anno
(testatico), equivalente ad una giornata di lavoro. Per esigere questa
tassa si sono fatti i censimenti, considerati, perciò, strumenti di dominio,
potenza e sfruttamento. Luca ricorda due censimenti, in particolare: quello
al tempo della nascita di Gesù(Lc 2,1-5) e la ribellione di Giuda il
Galileo per un censimento attorno agli anni 60 d.C. Gesù chiede a loro una
moneta (che non ha) ma che gli interlocutori trovano facilmente, sotto gli
abiti (non hanno tasche). Ma in tal modo mostrano che disobbediscono alla
legge poiché, nel tempio, una immagine umana scolpita,anche se su una
moneta, lo profana. Il danaro di Tiberio Cesare, imperatore in quel
momento, ha da un lato la rappresentazione dell’imperatore di Roma e sul
retro il titolo di Sommo Pontefice e l’immagine di una donna seduta, simbolo
della pace, forse Livia, madre di Tiberio. Se estraggono la moneta, è
perché la usano. Essi vengono pagati con questa moneta e al mercato comprano
e vendono con questa moneta. Anzi, proprio perché la mostrano, fanno
capire di non avere scrupoli di usarla,salvo il momento di pagare le
tasse. Ma a che cosa servono le tasse? La moneta è essenziale per la
ricchezza,il commercio, la stabilità e la sicurezza delle strade, la pace
che tutti godono. Allora “Voi pagate, per un bene che si può dichiarare
“bene comune”, “restituendo” (questo è il vero significato del testo) a
Cesare quello che è opera dell’impero. Quindi, giustamente pagate le tasse
per un servizio che vi viene dato”. Oggi, ancor più, sviluppandosi un
impegno civico verso le situazioni di bisogno e di indigenza, le tasse
contribuiscono alle spese dell’istruzione, della sanità, delle pensioni,
dei trasporti, del bene sociale, della sicurezza e della giustizia. Non
c’è ragione per un’evasione fiscale, salvo chiedere una onesta esazione e un
serio controllo dell’utilizzo del danaro pubblico. Resta tutto l’altro.
“Restituite a Dio quello che è di Dio”. E di Dio è l’uomo, che porta
l’immagine di Dio come la moneta l’immagine dell’imperatore. E si restituisce
a Dio,facendo la sua volontà, offrendo amore a chi Dio ama, migliorando
il mondo che il Signore ha fatto con sapienza come dono, ricostruendo,
operando, guarendo e perdonando. Se sfrutti, se schiavizzi, se rifiuti, se
strumentalizzi, se domini, non restituisci a Dio la bellezza della sua
creazione. Quando Paolo scrive ai romani la sua lettera teologica, si
sofferma anche con molta attenzione sul comportamento corretto di
cittadini esemplari. “(Rom 13,1-7). Ciascuno sia sottomesso alle autorità
costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono
stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine
stabilito da Dio che prevede ordine, responsabilità reciproca e rispetto.
L’anarchia getta nella disperazione i più deboli e sviluppa violenza e
oppressione. Il compito che viene richiamato con responsabilità è quello
di preoccuparsi del bene comune e il nostro tempo ha, per fortuna,
maturato la consapevolezza che lo Stato debba preoccuparsi delle situazioni
più difficili e più povere, insieme con la società civile, perché sia
riconosciuta per tutti la dignità di una vita decorosa. Anzi,lo sviluppo
dei rapporti e delle reciproche dipendenze tra stati e stati, popolazioni e
popolazioni, per un rapporto di responsabilità e di attenzione alle
povertà, impegna le nazioni più ricche a sostenere quelle più povere per
una fondamentale dignità e risposta alle esigenze fondamentali. Di questo
debbono preoccuparsi tutti, portando un contributo di solidarietà e di
attenzione. Questa è la premessa della pace. Ma la prima solidarietà è
pagare le tasse e fare in modo che tutti le paghino con coerenza, in una
società che non moltiplichi gli sprechi, che smantelli quel diffuso senso
di illegalità e quella prevalenza di interessi privati che rendono, la
nostra società, una realtà di furbi che sfrutta le ingenuità e le povertà dei
deboli. Nella società civile la comunità cristiana dove poter mostrare una
lealtà ed una passione tali da riesprimere, attraverso la propria operosità,
il senso della solidarietà e l’incoraggiamento al superamento della
rassegnazione. |