
PASQUA NELLA RESURREZIONE
DI GESU'
20 aprile
2014
Giovanni 20,11-18
Riferimenti : Atti 1,1-8 - salmo 117 - 1
Corinzi 15,3-10 |
Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte,
nazioni, dategli gloria;
perché forte è il suo amore per noi e
la fedeltà del Signore dura in eterno. |
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Atti 1,1-8
Nel mio primo libro ho già trattato, o Teòfilo, di
tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al
giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si
era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo. Egli
si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove,
apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio.
Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non
allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la
promessa del Padre "quella, disse, che voi avete udito da me:
Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati
in Spirito Santo, fra non molti giorni". Così venutisi a trovare
insieme gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui
ricostituirai il regno di Israele?". Ma egli rispose: "Non
spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha
riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo
che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in
tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della
terra".
Luca è l’evangelista della generazione successiva rispetto a
Gesù e ha scritto un Vangelo per parlare di Lui alla Comunità
cristiana che lui conosce. Ormai la Parola di Gesù si è
allargata oltre i confini della Palestina e molti chiedono con insistenza di essere aiutati a conoscere Gesù, la sua parola e i
suoi gesti di liberazione. I nuovi credenti pensano che, dopo
la sua liberazione dalla morte e quindi dopo la sua
risurrezione, nulla può fermare Gesù. E quindi è ovviamente
pronto a ritornare per purificare il mondo e rinnovarlo come era stato predetto nel Primo Testamento. Luca ci prepara a scoprire
il senso di questo tempo dell’attesa. I primi cristiani
aspettano presto la conclusione, lo si sente persino nelle
prime lettere di S. Paolo alle comunità cristiane. Alcuni, basandosi su presunte rivelazioni, arrivano ad indicarne la data
e, in molte comunità, si ripete l’invocazione: “Maranatha.
Signore nostro, vieni”. Questa formula, non tradotta, si
trova in 1Cor16,22 e tradotta, probabilmente, in Ap.22,20. Luca dà la risposta attraverso il dialogo di Gesù con i suoi
discepoli e perciò il suo racconto non è tanto una cronaca
quanto una riflessione teologica. Gli Atti cominciano da un
banchetto in una casa: un incontro di famiglia, una liturgia quotidiana per richiamare la pienezza della vita che non si
esaurisce nel tempio, ma si sviluppa nella normale giornata
di lavoro, di incontro, di operosità. Gesù, dice Luca, si
mostra per 40 giorni e questi sono i giorni della preparazione del discepolo, come gli anni prima della terra
promessa, per il popolo di Mosè e come Gesù nel deserto.
Quindi Gesù dice: “Tra non molti giorni, sarete battezzati in
Spirito Santo».“ (1,5). E alla domanda: «Signore, è questo il
tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?», Gesù
risponde:“«Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il
Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza
dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete
testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino
ai confini della terra» (At1,7-8). Luca vuole aiutare a
capire che la novità del mondo, apertasi con la risurrezione,
è appena cominciata. “Io sono con voi tutti i giorni fino
alla fine del mondo” (Mt 28,20). Ma la presenza visibile della speranza siete voi e il vostro compito è questo: aiutare il
mondo e tutti gli uomini a ricevere e a credere a questa
novità che apre il cuore e supera il male.“Insegnate loro a
osservare tutto quello che vi ho ordinato” (id). E così si concludono le guerre, e si affratellano uomini e donne. Questo è il compito della Chiesa, dice papa Francesco. Il
Signore ritorna attraverso la Chiesa. La Chiesa è per
l’evangelizzazione, non per sé. La Chiesa è in uscita (EG
20). “Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa
protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici
implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli,
mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: « Voi stessi date loro da mangiare » (Mc 6,37)” (EG 49).
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1 Corinzi 15,3-10
Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho
ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le
Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo
le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In
seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta:
la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti.
Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo
fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono
l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere
chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per
grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me
non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io
però, ma la grazia di Dio che è con me.
Paolo si trova a contatto con la cultura greca, molto diversa
dal mondo ebraico e quindi deve fare i conti con una
mentalità nuova. Anche se molti pagani accettano il messaggio
di Gesù, tuttavia mantengono una propria mentalità che li
porta a negare la sua risurrezione. In fondo il cristianesimo è
una interessante dottrina morale che permette di vivere in
modo saggio. Così pensano i greci e ancora così pensiamo
spesso noi, rifiutando, più o meno inconsciamente, che sia il
Signore venuto tra noi e che la fede sia un rapporto con una
persona, prima e più che con un pensiero. In fondo ci interessa
che sia un filosofo o un saggio. E invece è da ciò che è,
dalla sua persona scaturisce il senso delle sue parole, dal
suo amore sorge lo spessore del suo rapporto con ciascuno,
dalla sua presenza il senso della fedeltà reciproco. Il
pensiero di molti pagani greci convertiti continua a ritenere
che dopo la morte le persone umane svaniscono o, al massimo,
sono come ombre. Paolo insiste sulla risurrezione di Gesù,
giocandosi tutto il significato della fede e quindi della sua
stessa vita, e consegnando loro un elenco di sei manifestazioni di Gesù risorto: a Pietro, ai discepoli, a più di cinquecento
fratelli, a Giacomo,a tutti gli apostoli e, per ultimo, a
lui stesso. Queste testimonianze non si sviluppano come in
tribunale dove bisogna raccontare i fatti e portare prove. È un’esperienza che ciascuno ha fatto, che ha maturato, che ci
viene tramandata,costituendo una “catena di trasmissione”.
La risurrezione si dimostra quindi nella vita di ciascuno di
questi attraverso i cambiamenti avvenuti nella loro vita,
spesso drammatici, che svelano stili nuovi, sicurezza di
comportamento,superamento della paura fino al punto da
arrivare ad accettare la morte piuttosto che rinunciare a
questa consapevolezza. “Dei 500 fratelli alcuni sono morti”
dice Paolo e però la fede in Gesù risorto non impedisce la morte
fisica,eppure la fiducia nei fratelli e sorelle nella
risurrezione continua intatta,consapevoli di un destino
diverso, nel mondo di Dio. Paolo stesso, per quanto indegno,
deve, grazie alla visione di Gesù che ha superato la morte,
svolgere un progetto di testimonianza nel mondo, felice di
poter testimoniare con la vita la sua certezza in Gesù
vincitore della morte. Tutto ciò che sta facendo non è che
testimonianza, superando interessi, diffidenze, pericoli,
comunità ostili,una vita precedente non avventurosa ma
stabile e garantita. A noi pone la stessa domanda. Come fai a
manifestare agli altri la tua fede in Gesù risorto?- Quanto
accetto di perdonare?- Quanto credo nella non violenza?-
Quanto credo nella solidarietà gratuita?- Quanta speranza
sollecito in quelli che si ritengono degli sconfitti?-
Quanto so scacciare la tentazione di voler prevaricare, di voler
superare gli altri? |
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Plastici
di tomba ebraica. Nella figura di sinistra si noti la pietra circolare
che veniva rotolata per chiudere la bassa entrata |
Giovanni 20,11-18
Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre
piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti,
seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto
il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro:
"Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto". Detto
questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva
che era Gesù. Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa,
pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai
portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo". Gesù le
disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico:
"Rabbunì!", che significa: Maestro! Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché
non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo
al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro". Maria di Màgdala andò
subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le
aveva detto.
Maria non si dà pace della morte di Gesù.
Già di buon mattino, quando era ancora buio, corre al sepolcro e trova la
pietra rimossa. Allora corre da Pietro e dal discepolo “che Gesù amava”,
perché non sa capacitarsene. E’ tutto un correre, un cercare, un vedere. Ma tutti corrono, cercano e vedono in modo diverso (come è attestato anche dai verbi greci usati).Nonostante tutto, alla fine, “i discepoli ritornarono
a casa”. Come se tutto fosse naturale. Solo chi ama non si dà pace e
rimane; ed è un piangere infinito. Ed è sul piangere che interviene Gesù,
domandandole la ragione. Come se ci fosse una ragione plausibile di un
pianto di fronte alla morte (anche Gesù ha pianto su Lazzaro morto). Eppure Gesù chiede; anzi specifica la domanda, chiedendole chi cerca. Come a dare importanza a quanto la donna esprime coinvolgendo pienamente la sua sensibilità e le sue emozioni. Le è stata tolta la ragione della sua stessa
vita, il senso del suo amore profondo e totale. Gesù capisce e la chiama
per nome:“Maria!”Ecco: la Pasqua è come un ritrovarsi, è un sentirsi
nuovamente chiamati per nome, indipendentemente dai distacchi, dal vuoto,
dall’abisso dell’ inconoscibile, dalla paura. Gesù è come se dicesse: “sono
qui”. Quando c’è amore vero, amicizia profonda, relazione totale è come se
la morte non esistesse. Distacco sì, ma non annientamento, vuoto sì, ma
non assenza, pianto sì, ma non melodramma. Purché non si ritorni a casa.
Purché si continui a correre, cercare, coinvolgere, rimanere, senza
lasciarsi fuorviare da nessun angelo biancovestito.“Maria!” “Rabbunì!”
E’ una relazione che continua e non tramonterà mai. Perché c’è stato un
ritrovarsi, c’è stata una fedeltà, c’è stato un fidarsi al di là
di ogni
logica. Forse Pasqua è proprio questo ritrovarsi, pieno, profondo, con
il
Signore vivente, che ti chiama per nome. Ed anche con tutti coloro con cui condividiamo l’aver visto o l’aver creduto in qualcosa di grande e di insospettato. |