
V domenica di quaresima (di Lazzaro) 6
aprile 2014
Giovanni 11,1-53
Riferimenti : Esodo 14,15-31 - Salmo 105 -
Efesini 2,4-10 |
| Lodate il Signore e invocate il suo nome,
proclamate tra i popoli le sue opere. Cantate a lui canti di
gioia, meditate tutti i suoi prodigi. Gloriatevi del suo santo
nome: gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il
Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto. Ricordate
le meraviglie che ha compiute, i suoi prodigi e i giudizi della
sua bocca. |
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Esodo 14,15-31
Il Signore disse a Mosè: "Perché gridi verso di me?
Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza
il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli
Israeliti entrino nel mare all'asciutto. Ecco io rendo ostinato
il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io
dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui
suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io
sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il
faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri". L'angelo di Dio, che
precedeva l'accampamento d'Israele, cambiò posto e passò
indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò
indietro. Venne così a trovarsi tra l'accampamento degli
Egiziani e quello d'Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli
uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non
poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora
Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la
notte, risospinse il mare con un forte vento d'oriente,
rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti
entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una
muraglia a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono con
tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri,
entrando dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del
mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno
sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le
ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle.
Allora gli Egiziani dissero: "Fuggiamo di fronte a Israele,
perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!". Il
Signore disse a Mosè: "Stendi la mano sul mare: le acque si
riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri".
Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino,
tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo,
gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo
al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri
di tutto l'esercito del faraone, che erano entrati nel mare
dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli
Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare,
mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a
sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano
degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del
mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva
agito contro l'Egitto e il popolo temette il Signore e credette
in lui e nel suo servo Mosè.
Questo racconto è fondamentale nell'esperienza di Israele.
E' il punto di riferimento più alto nella memoria, per sentirsi
garantiti da Dio che ama il suo popolo, lo vuole libero,
fiducioso nel suo rapporto dell'Alleanza, coerente, nonostante
le paure e le difficoltà che crede di trovare. Dio celebra la
vittoria sul male e dà la vita al popolo. Mosè è l'interprete
della volontà di Dio ed è il mediatore ubbidiente, che opera con
responsabilità, poiché Dio è fedele e di Lui ci si deve fidare.
La notte incomincia, per gli ebrei in fuga, con il terrore della
sconfitta: "Gl'israeliti alzarono gli occhi: ecco gli egiziani
muovono nel campo dietro di loro. Allora gli israeliti ebbero
grande paura e gridavano al Signore" (14,10). Dalla paura sorge
il grido di dolore e quindi la diffidenza verso Dio: "Perché ci
hai portati a morire nel deserto?" (v 11). Il racconto vuole
garantire il popolo anche sul futuro. Vi potrà ritornarvi nella
memoria per trovare fiducia. Ci sono due tipi di racconti. Uno
ricorda l'intervento di Mosè che, con il bastone sul mare, lo
apre, formando due muraglie di acqua. Gli Egiziani, che si
avventano contro, sul sentiero aperto nel mare, vengono travolti
dalle onde che si richiudono su di loro. L'altro racconto parla
di YHWH che fa soffiare un vento che prosciuga il «mare». Gli
Egiziani vi penetrano e sono inghiottiti dal suo riflusso. Sono
due tradizioni diverse e, nella seconda, si insiste sulla
distruzione del pericolo di essere raggiunti e travolti dalla
violenza dell'esercito. Non è possibile determinare il luogo
e il modo di questo avvenimento; ma è l'intervento meraviglioso
di «YHWH guerriero» (15,3), fondamento della fede ebraica (Dt
11,4;Gs 24,7; cf.Dt 1,30; 6,21-22; 26,7-8). Il miracolo del mare
è stato messo in parallelo con un altro miracolo dell'acqua: il
passaggio del Giordano (Giosuè 3-4); si uniscono insieme
l'uscita dall'Egitto e l'uscita dal deserto per la conquista
della terra promessa. Per noi cristiani è figura della salvezza
e, più specialmente, del battesimo (1Cor 10,1). |
Efesini 2,4-10
Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore
con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci
ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati
salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere
nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la
straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà
verso di noi in Cristo Gesù. Per questa grazia infatti siete
salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di
Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere
buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo.
Paolo vuole sostenere i fratelli e le sorelle mentre lui
stesso è in carcere. Egli paragona il tempo in cui non si
conosceva il Signore e il tempo in cui il Signore li ha
visitati. "Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i
vostri peccati... alla maniera di questo mondo, seguendo il
principe di delle Potenze dell'aria, quello spirito che ora
opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi come loro, un tempo
siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie
della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura
meritevoli d'ira come gli altri" (vv 2,1-3). Paolo parla alla
comunità di Efeso e ricorda la loro condizione di ribellione e
di morte, quando seguivano il principe delle potenze dell'aria":
l'aria, per gli antichi, è l'abitazione degli spiriti demoniaci.
Il principe di questo impero è Satana. Ma poi, Paolo stesso,
insieme con i giudei, si riconosce nella stessa situazione dei
pagani. Nel ricordo della comune infedeltà denuncia
l'impossibilità ad essere fedeli, pagani e giudei,
nell'esistenza perché totalmente vinti dal male. Ma qui,
nella lettera, Paolo apre come un inno di gioia quando dice:
"Dio, ricco di misericordia, ci ha amati e ci ha fatti rivivere
in Cristo". In questo testo come nella lettera ai Colossesi (Col
2,12;3,1-4), Paolo sta vivendo un particolare momento di
approfondimento e di consapevolezza della propria fede: parla
della risurrezione e della glorificazione dei cristiani al tempo
passato, come se stesse già vivendoli. Mentre in Rom 6,3-11 e
Rom 8,11.17s prefigura queste realtà ultime solo nell'avvenire.
Questa riflessione sugli ultimi tempi, come una conquista già
presente per la misericordia forte di Gesù, nella propria vita,
si sviluppa solo nelle lettere della prigionia. Paolo insiste
perché la sua comunità, mentre gioisce della ricchezza che il
Signore ha offerto, sappia che sia chiaro, nel loro cuore, che
ciò è avvenuto per grazia ed è dono di Dio e non è avvenuto per
frutto delle loro opere. E tuttavia chiede che ci si ricordi che
è il Signore che ci ha costituiti modello ed esempio della sua
bontà, segno della gratuità di cui Dio è generoso donatore. Se
non possiamo pretendere di dire che noi siamo venuti nella
pienezza della forza di Dio per i nostri meriti, tuttavia
abbiamo ricevuto, nel creato, una vocazione particolare: siamo
stati "creati per le opere buone" (v 10) che Dio ha preparato e
preordinato perché noi le praticassimo. Proprio Paolo, che vive
nella fatica della prigione, sente di poter proporre alla sua
comunità di essere modello di speranza attraverso il
comportamento che viene dalla forza del Signore. Ognuno deve
poter sentire la responsabilità perché non possiamo vivere da
soli nella libertà di questa grandezza che il Signore ci offre:
tutto il mondo ha bisogno del Signore e Paolo è particolarmente
consapevole che tutto il mondo ha bisogno di credenti, salvati e
fiduciosi in Dio. Giovanni 11,1-53 |
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La tomba di Lazzaro era stata probabilmente scavata nella roccia di
questa grotta. Per questo il Cristo gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni
fuori!" Oggi si accede alla tomba per una scala di ventidue grandini. La
porta di origine si trovava a livello del suolo, ma fu chiusa dai
Mussulmani che costruirono una moschea fra la chiesa e la tomba. Nel
XVII sec. i Francescani ottennero il diritto di aprire questa nuova
porta che permette di discendere fino alla tomba, in un'atmosfera di
oscurità. La tomba è custodita da Mussulmani. |
Giovanni
11,1-53 Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di
Marta sua sorella, era malato.Maria era quella che cosparse di profumo il
Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era
malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu
ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà
alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio
di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando
sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi
disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero:
«Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù
rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno,
non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte,
inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse
loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo».
Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà».
Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del
riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io
sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma
andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri
discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò
Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da
Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e
Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù,
gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù:
«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora
so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le
disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella
risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e
la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me,
non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo
che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette
queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse:
«Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da
lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta
gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a
consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando
che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù,
appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato
qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere,
e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente
e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore,
vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda
come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al
cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora
una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e
contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli
rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì
da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai
la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e
disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai
sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano
che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni
fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto
da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei
Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto,
credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro
quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei
riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti
segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i
Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di
loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite
nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia
per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo
disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che
Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche
per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque
decisero di ucciderlo. La risurrezione di Lazzaro è l'ultimo
dei sette "segni" che Giovanni racconta nel suo Vangelo e rappresenta il
vertice dei doni che Gesù porta all'umanità. Egli è la vita e offre la vita
di Dio, lottando e sconfiggendo la morte. Il testo è fondamentalmente
teologico e propone riferimenti e indizi per lo meno curiosi. Siamo in una
famiglia strana, dove non si nominano né padre né madre, né mariti o mogli o
figli: solo fratelli e sorelle, come in una comunità cristiana. Gesù viene
avvisato che l'amico Lazzaro è ammalato e non si muove. Si ferma due giorni,
poi dice: "Lazzaro è morto e sono contento di non essere stato là". Strano
amico. Poi Gesù, finalmente, si incontra con le sorelle ma non entra in
casa. Gli incontri con le due sorelle sono sulla strada: protagonista è prima
Marta e poi Maria, che però ripete le parole di Marta. La strada è la vita
che scorre, l'occasionale, il non previsto, il gratuito. Gesù è sulla strada.
Marta ha fede in Gesù; ma si arresta, come sulla soglia di una preghiera
impossibile e si trova di fronte alla promessa della risurrezione. Ella,
secondo la teologia giudaica, pensa al defunto come ombra che scende nel
regno dei morti e che risusciterà nell'ultimo giorno: «So che risorgerà nella
risurrezione dell'ultimo giorno» (v 24). Gesù invece annuncia che la
risurrezione (v 25) si realizza in Lui stesso, ora. Chi crede in lui non
morirà in eterno ma è già passato dalla morte alla vita (5,24;1Gv 3,14). C'è
una visione nuova: "Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà
in eterno. Credi questo?» (vv 25- 26; cf.8,51). Marta non può capire, ma fa
riferimento alla sua fiducia. "Gli risponde: «Sì, o Signore, io credo che tu
sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo»" (v 27). E qui
Giovanni riprende ancora una volta l' «Io sono» (il nome di Dio) per parlare
di Gesù. "«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se
muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi
questo?». (vv26-27). Gesù si appropria del nome altissimo di Dio mentre
Marta, per quanto parli del "Figlio di Dio", dice solo di Gesù uno o due dei
tanti titoli messianici. Ci riporta "all'inviato, al giusto del Signore".
Quando anche Maria lo raggiunge, tra i pianti e le grida urlate dei funerali
del mondo medio orientale, anche Gesù versa lacrime ( si usano due verbi
diversi del piangere). Le sue sono lacrime silenziose per un amico che è
passato attraverso la morte. E ci sono tre imperativi che circondano il grido
esplosivo di Gesù che chiama il morto che, perciò, non è più morto poiché
all'urlo e alla preghiera di Gesù si alza: "Togliete la pietra", "liberatelo"
(Lazzaro è liberato dai legami della morte. Sal 116,3; cf.Sal 18,6; At 2,24),
"lasciatelo andare". Questo ordine contro la morte può avere almeno due
livelli di lettura. Il primo impegna a liberare Lazzaro dalle bende mortuarie
perché possa riprendere la vita di prima. Il secondo livello chiede di
passare nella dimensione della fede. Perciò lasciate che viva felice nella
sua nuova condizione, per cui la vita eterna è già cominciata e non ha più
senso piangere senza speranza, perché, in realtà, la morte non è più la fine
e nemmeno un limite invalicabile.
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