
III domenica di Avvento
(Gesù in Galilea - Le profezie adempiute)
1 dicembre 2013
Matteo11, 2-15
Riferimenti :
Isaia 35,1-10 - Salmo 84 -
Romani 11, 25-36 |
| Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti! L'anima mia languisce e brama gli atri
del Signore. Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio
vivente. Anche il passero trova la casa, la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli
eserciti, mio re e mio Dio. Beato chi abita la tua casa: sempre
canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza e decide
nel suo cuore il santo viaggio |
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Isaia 35,1-10
Così dice
il Signore Dio:Si
rallegrino il
deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la
steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì,
canti con gioia e con giubilo. Le è data la
gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e
di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore,
la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le
mani fiacche, rendete salde le ginocchia
vacillanti. Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli
viene a salvarvi».Allora si apriranno gli
occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi
dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un
cervo, griderà di gioia la lingua del muto,
perché scaturiranno acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella steppa.La terra
bruciata diventerà una palude, il suolo riarso
sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano
gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie.
Ci sarà un sentiero e una strada e la
chiameranno via santa; nessun impuro la
percorrerà. Sarà una via che il suo popolo
potrà percorrere e gli ignoranti non si
smarriranno.>Non ci sarà più il leone,
nessuna bestia feroce la percorrerà o vi
sosterà. Vi cammineranno i redenti. Su di
essa ritorneranno i riscattati dal Signore e
verranno in Sion con giubilo; felicità perenne
splenderà sul loro capo; gioia e felicità li
seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.
Il profeta ha davanti agli occhi la desolazione dell’esilio e
ancor più la desolazione di
Gerusalemme e del monte Sion che è stato diroccato e
distrutto. Ma agli occhi del profeta
sorge un nuovo mondo, pieno di luce e di speranza. Finalmente
si capovolgono le realtà di
ingiustizia e di violenza. Finalmente Dio mette mano alla
storia e riprende a dare speranza al
suo popolo deportato. Il capitolo precedente (34) racconta
l’intervento di Dio come un
combattente vincitore contro Edom, il paese che nella
distruzione di Gerusalemme si è
affiancato come alleato ai Babilonesi. Il linguaggio
drammatico della distruzione e la
desolazione li si possono paragonare alle sofferenze della
sconfitta di Israele. In questo
capitolo si intravede la salvezza che Dio porta: le immagini
sono splendide, cariche di poesia e
di sogno, ma anche di progetti, di sviluppo, di fecondità, di
gioia e di benessere.
Nella prima parte il mondo viene rigenerato come un giardino,
quasi un paradiso terrestre e i
luoghi nominati: Libano, Carmelo e Saron sono luoghi
splendidi e i più rigogliosi nel Medio
Oriente. Dio mostra la sua potenza sul mondo che viene
rigenerato. Ma la preoccupazione
prima è per chi abiterà questa magnifica casa rinnovata.
Scompaiono le infermità fisiche e spirituali: “Guariranno i
ciechi e i sordi, lo zoppo e il muto
festeggeranno nuovamente in pienezza il tempo” (il numero 4
ricorda l’universalità della
terra).
Nella bellezza della rinascita è fondamentale l’acqua, come
nel paradiso terrestre. E l’acqua
trasformerà il deserto, ridarà fecondità al mondo e gioia di
vivere su queste terre, un tempo,
desolate. Sarà un mondo abitato, e non deserto, percorso da
strade senza pericoli. Neanche gli
inesperti si potranno perdere. La via santa, piana e diritta,
è simile a quelle che anticamente
sono state tracciate davanti ai templi antichi per le
processioni che collegano tra loro: su
queste strade, in processione, i devoti portano le statue dei
loro dei.
Ci sarà gioia piena e ci si richiama all’uso di particolari
culti di portare corone di fiori sul
capo: “felicità perenne splenderà sul loro capo”
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Romani 11, 25-36
Non
voglio infatti che ignoriate, fratelli,
questo mistero, perché non siate presuntuosi:
l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto
fino a quando non saranno entrate tutte
quante le genti.
Allora tutto Israele sarà
salvato, come sta scritto: Da Sion uscirà il
liberatore, egli toglierà l’empietà da
Giacobbe. Sarà
questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati.
Quanto al Vangelo, essi sono nemici,
per
vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di
Dio, essi sono amati, a causa dei padri,
infatti i doni e la chiamata di Dio
sono
irrevocabili!
Come voi un tempo siete stati disobbedienti
a Dio e ora avete ottenuto misericordia a
motivo della loro disobbedienza,
così
anch’essi ora sono diventati disobbedienti a
motivo della misericordia da voi ricevuta,
perché anch’essi ottengano misericordia.
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella
disobbedienza, per essere misericordioso
verso tutti!
O profondità della ricchezza, della sapienza e della
conoscenza di Dio! Quanto
insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili
le sue vie!
Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo
consigliere? O chi
gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio?
Poiché da lui, per mezzo di lui e per
lui
sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli.
Amen.
Paolo sente fortemente il dramma del suo popolo, smarrito di
fronte alla presenza e alla Parola
di Gesù. Non riesce a trovare un senso, soprattutto dopo le
innumerevoli garanzie che il
Signore ha dato al suo popolo, e ricorda i due testi di
Isaia: “Da Sion uscirà il liberatore, egli
toglierà l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza
con loro, quando distruggerò i
loro peccati.” (59,20-21; 27,9). Da buon ebreo sa che
tutti attendono e sperano di poter essere
liberati e si sentono addirittura già nell’orizzonte di
questa alba nuova. Eppure l’esperienza di
Paolo nella sua missione gli fa trovare molta più attenzione
ed entusiasmo tra i pagani. Si
stupisce di tutto questo, ma una intuizione sul comportamento
degli ebrei fa capire che una
conversione in massa dei suoi connazionali avrebbe bloccato
qualunque apertura sul mondo
dei lontani e dei pagani. Paolo è veramente convinto di
questa speranza universale, ma ha
fatto esperienza dei contrasti sorti anche tra ebrei
cristiani. In particolare, ricorda le tensioni
che ha dovuto affrontare, compreso il dibattito e il
confronto nel Concilio di Gerusalemme
degli anni 50, quando ha discusso con tutta la Comunità
cristiana di Gerusalemme, riunita con
gli apostoli, sull’apertura della fede di Gesù al mondo dei
pagani. Si è aperta, certamente, la
grande prospettiva di un messaggio a tutti gli uomini e le
donne. Ma il popolo d’Israele si è
irrigidito sempre di più.
Il progetto di Dio è sviluppare una coscienza responsabile, è
far scoprire un itinerario di
ricerca, di umiltà e di misericordia con cui Dio stesso,
rispettando le persone, sa accogliere.
L’invito ai cristiani, che provengono dal paganesimo,
incoraggia a mantenere grande
comprensione e rispetto per un popolo fedele, nonostante le
fatiche e le sofferenze, la
soggezione e la ricerca di una libertà conculcata. Il Signore
sa aiutare e sa ospitare.
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Matteo11, 2-15
In quel tempo. Giovanni,
che era in carcere,
avendo sentito parlare delle opere del Cristo,
per mezzo dei suoi discepoli mandò
a dirgli:
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo
aspettare un altro?».
Gesù rispose loro:
«Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e
vedete: i ciechi
riacquistano la vista, gli
zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i
sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è
annunciato il Vangelo. E
beato è colui che
non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a
parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete
andati a vedere nel deserto? Una canna
sbattuta dal vento?
Allora, che cosa siete
andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di
lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso
stanno nei palazzi dei re!
Ebbene, che cosa
siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi
dico, anzi, più che un profeta.
Egli è colui
del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io
mando il mio messaggero, davanti a te egli
preparerà la tua via. In
verità io vi dico: fra i nati da donna non è
sorto alcuno più grande di Giovanni il
Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è
più grande di lui. Dai
giorni di Giovanni il
Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce
violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno
profetato fino a Giovanni.
E, se volete
comprendere, è lui quell’Elia che deve venire.
Chi ha orecchi, ascolti!
Matteo sta verificando l’adesione a Gesù, dopo aver inviato gli apostoli per
la loro prima
missione (cap 10). Così i due successivi capitoli svelano le reazioni del
mondo attorno a Gesù.
L’evangelista inizia raccontando
- il nuovo rapporto con Giovanni Battista in carcere e la sua crisi di fronte
all’operato di Gesù (11,1-19),
- il rifiuto delle città delle sponde del lago (11,20-24) e l’accoglienza dei
piccoli (11,25-30),
- le controversie con i farisei (12,1-45).
In conclusione esiste una nuova famiglia e i veri parenti di Gesù sono i
discepoli (12,46-50).
Giovanni Battista è in carcere a Macheronte, una fortezza di Erode; trattato
però con rispetto.
Riceve i suoi discepoli e parla con loro. Perciò può essere informato di
quello che si sta
sviluppando attorno a Gesù. Egli è particolarmente attento a tutto ciò che il
Messia fa e dice.
Tuttavia la prigione, la solitudine, il silenzio sul tempo nuovo pesano su
Giovanni, il veggente
e grande profeta, che ha preannunciato eventi drammatici e ha garantito
giudizi e chiarezze
che restano lettera morta. Non sa nulla e non avviene nulla della giustizia
che deve esplodere,
del giudizio che finalmente chiarisca il bene e il male nei fatti e nei
meriti, della liberazione
che lui stesso attende poiché è stato fedele alla sua vocazione. Il Dio, di
cui ora sente parlare,
accoglie tutti, anzi, in particolare, i peccatori. Perciò tramonta il
rendiconto, anzi addirittura
non esiste. Nasce il dubbio sull’aver sbagliato persona più che sull’aver
sbagliato il
messaggio. Giovanni è sicuro della propria analisi e sicuro della giustizia
di Dio. Non si sente
più sicuro su questo Messia, in cui pure ha creduto. Perché questo Messia non
opera per un
mondo giusto?
Giovanni è però coraggioso ed onesto anche di fronte ai suoi dubbi, mentre
anche di fronte
alle critiche dei suoi stessi discepoli contro Gesù che criticano
ferocemente. Gesù che ha un
successo sempre crescente tra la gente, non si muove verso Giovanni. I suoi
discepoli
torturano Giovanni con le loro gelosie e le loro recriminazioni. “Non lo
difende, non lo libera”
pensano. Giovanni invia i discepoli ed essi volentieri vanno ad interrogare
Gesù poiché tutti
sono turbati, con infinite pretese. Gesù risponde con alcune profezie di
Isaia. Elenca sei novità
per il cuore di Giovanni e per il cuore del suo popolo. Ma le 6 opere sono
sufficienti per
sconvolgere il ritmo dei viventi, ma ancora insufficienti per i mali del
mondo che sono molti
di più e che hanno bisogno di essere sanati, ogni giorno, all’infinito, fino
alla fine. Per questo
Gesù stesso sa di dover egli stesso cominciare e poi lasciare, riconoscendo
intelligenza e
spazio a chi, dopo di lui, avrebbe seguito il suo progetto come Figlio del
Regno.
Quando i discepoli di Giovanni se ne vanno, Gesù, con nostalgia e commozione,
li guarda
mentre si allontanano e pensa intensamente a Giovanni. Sa quanto sia
drammatico vivere
nell’attesa di una liberazione, fortemente sognata e garantita. Gesù sa:
Giovanni non si è
risparmiato per nulla fino a rischiare il suo bene prezioso che è la sua
libertà e lo sviluppo
della sua vocazione. E prega per lui il Padre e lo ringrazia profondamente
nel suo cuore,
manifestando ciò che ha sempre saputo: Giovanni è il vero profeta che
anticipa la venuta del
Messia. Non è stato un opportunista, non un corrotto, non ha pensato ai
propri interessi, ma si
è votato completamente al Dio d’Israele che, in quel momento, è misterioso,
come spesso
nella storia d’Israele. Gesù conosce questa sofferenza, perché la sente anche
Lui sulla sua
pelle, ma apre ai suoi dicendo:”Rileggete l’intervento di Dio, filtrando la
sua attività nella
linea della misericordia, dell’accoglienza, del dono, del ricupero e non in
quello del giudizio,
o della paura o del rifiuto: “Giovanni è il più grande tra i nati di donna,
ma resta sulla soglia
del mistero: a voi è dato di entrare nel Regno che è quello della presenza
della misericordia
profonda”. «E beato colui che non trova in me motivo di scandalo!» (6). La
beatitudine gioca
anche oggi con noi e con la nostra sensibilità di credenti.
Ci arrischiamo spesso di dire di aver capito e crediamo di poter decidere, al
posto di Dio, il ciò
che Dio dovrebbe o non dovrebbe fare. Ci sembra di avere tutte le carte in
regola per poterci
pronunciare, ma poi le cose vanno in modo diverso. E noi ci troviamo
spiazzati, delusi, perché
abbiamo creduto di aver ben capito, ben soppesato. Siamo stati sulla strada
giusta. Ma
l’itinerario ci porta lontano. In fondo, spesso, pretendiamo di avere la vera
intelligenza di Dio
per sapere tutto il giusto. Ma poi ci scontriamo con le nostre ideologie e le
nostre impazienze.
E ci riesce sempre molto difficile dover fare i conti con la pazienza e la
misericordia di Dio. |